A trent’anni dalla morte di Luciano Bolis (1993-2023). Dalla Resistenza all’Europa
Salvatore Vento
Nato a Milano il 17 aprile 1918 Luciano Bolis, nonostante la formazione giovanile in pieno regime fascista, durante la frequenza dell’Università di Lettere e Filosofia a Pavia, seguendo gli insegnamenti di Giuseppe Mazzini, matura la conversione ai valori della libertà e della democrazia e comincia a frequentare gli ambienti antifascisti. Nel 1942 viene perciò arrestato e condannato dal Tribunale Speciale a due anni di reclusione per attività clandestina. Nell’agosto dell’anno dopo in seguito ad un’amnistia viene liberato. Fugge in Svizzera nell’aprile 1944 dove entra in contatto con Ernesto Rossi, che con Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni, aveva pubblicato il “Manifesto di Ventotene”. Rientra in Italia nel settembre 1944 con l’ardente desiderio di partecipare attivamente e in prima persona alla Resistenza col nome di battaglia di Fabio. Bolis, che fin da ragazzo aveva manifestato inclinazioni artistiche e musicali, sceglie l’impegno politico come missione, in questo caso dell’ideale federalista europeo che diffonderà coerentemente per tutta la vita, tramite il Mfe e in stretta collaborazione con Altiero Spinelli. A Genova assume la carica di Segretario dell’Unione Ligure del Partito d’Azione e di Ispettore regionale delle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà. Nel febbraio 1945 viene arrestato dai fascisti in piazza De Ferrari (dove sorge la lapide a lui intestata e alla quale si rende omaggio ogni anno durante la manifestazione del 25 Aprile). Tradotto alla “Casa dello Studente” e alla “Caserma delle Brigate Nere” di via Monticelli (luoghi di prigionia e di tortura degli antifascisti) subisce anche lui terribili torture che lo inducono al suicido tagliandosi polsi e gola per non rivelare i nomi dei compagni partigiani. Trovato in fin di vita, i suoi torturatori lo fanno ricoverare, strettamente sorvegliato, all’Ospedale San Martino perché volevano che sopravvivesse per rivelare altri nomi. All’Ospedale viene assistito dalla Dottoressa Ida De Guidi e dall’infermiera Inez Minuz, che collaboreranno nella pericolosa ma ben riuscita operazione di liberazione attuata l’8 aprile 1945 da un gruppo di partigiani diretti da Giovanni Sissa e Stefano Zaino. Nel maggio 1949 Inez Minuz diventerà sua moglie. Nel secondo dopoguerra Bolis è attivamente impegnato nel Partito d’Azione; è tra i fondatori dell’Istituto storico della Resistenza in Liguria e suo direttore fino al 1953. Per quindici anni è stato anche alto funzionario del “Consiglio d’Europa” di Strasburgo, dove tuttora risiede la figlia Lucia. Muore a Roma il 20 febbraio 1993. Seguendo il suo desiderio la tomba è stata collocata nel cimitero di Ventotene, acconto a quella di Altiero Spinelli. Luciano Bolis, sollecitato da Ferruccio Parri, ha raccontato la sua esperienza nel libro “Il mio granello di sabbia”, ristampato in diverse edizioni, tradotto in diverse lingue e distribuito nelle scuole.
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