Di concerto con la Tavola della Pace Regione Liguria
annuncio presentazione Libro
Il 21 febbraio 2014 ore 17,30
sede Salone di rappresentanza del Comune di Genova – Palazzo Tursi
via Garibaldi 9
Presente l'Autore Pietro Polito – Centro Studi Piero Gobetti Torino
Elogio dell'obiezione di coscienza. Scritti e conversazioni.
Autore: Polito, Pietro.
Editore: Biblion Edizioni
Scheda: Milano, 2013; br., pp. 182, cm 13,5x21.
Collana: Quaderni di politica 0004. -- Tutti i libri della collana
Tema sicuramente di competenza della Tavola della Pace, una occasione per riunire tutti a discutere e riflettere assieme.
Proponente
www.circolocalogerocapitini.it
La seguente recensione sembra il viatico felice per il dibattito.
Elogio dell’obiezione di coscienza. Scritti e conversazioni – Recensione di Enrico Peyretti
dicembre 20, 2013
Versione stampabile
Pietro Polito, Elogio dell’obiezione di coscienza. Scritti e conversazioni, Biblion edizioni, Milano 2013, pp. 178, € 12,00
Ho potuto ascoltare solo una parte (a causa di un serio inconveniente poi superato) della presentazione di questo libro, il 16 novembre, nella nuova sala Gabriella Poli nel Centro Studi Sereno Regis, da parte di Marco Revelli e Paolo Mirabella. Tema: l’obiezione al militare, le altre obiezioni, la coscienza.
Nel bel libro di Polito amo evidenziare il tema della coscienza su quello dell’obiezione. Il primato della coscienza sulla legge, antico come l’evoluzione più alta dell’umanità, va dalla «legge non scritta» (Antigone), oppure scritta nei cuori (profezia biblica ed evangelica), alle affermazioni dell’Umanesimo, della Riforma, del liberalismo sociale, di ogni pensiero critico, del Concilio Vaticano II, di papa Francesco, e di un cammino aperto.
Che cosa è la coscienza? Teorie antiche, decostruzioni contemporanee: la voce di Dio, il dovere categorico della ragione, il super-io sociale, un dato rilevato dalle neuroscienze, l’angelo custode che imparammo da bambini?
Mi è sovvenuto il socratico «Conosci te stesso»: sii soggetto e anche oggetto del tuo conoscere; co-scienza, un sapere che è anche sapere di sé, una luce gettata non soltanto sulla realtà esterna, ma su di me che vedo e agisco. Come vedo? Come e a qual fine agisco? La domanda implica una stimolante alterità, che scopro in me, un necessario sapere di me, prima di (e anche per) sapere del mondo. Chi sono io che cerco di sapere, di giudicare e di toccare la realtà? Sono soltanto il soggetto o anche l’oggetto della mia necessità di sapere?
E questa alterità in me che cosa è? È un dio? Un daimon, lo spirito mio proprio, che in ogni individuo è unico e irripetibile, e ineludibile, a pena di tradirsi? È comunque un appello che impegna me, senza che io debba giudicare la risposta degli altri? È forse l’altro umano che ho di fronte e che trovo anche in me, il quale – dal mio interno e non solo dall’esterno – mi chiama e mi attira a ciò che è giusto e mi distoglie dal fare ingiustizia?
«Non sopportare la sofferenza altrui» è un principio dell’etica confuciana che rolex replica esprime il sentimento dell’umanità in ciascuno: la sofferenza altrui è anche mia inseparabile sofferenza (cfr. Pier Cesare Bori e Saverio Marchignoli, Per un percorso etico tra culture, Carocci 2003, pp. 58-60 con l’apologo di Mencio sulla prova dell’essere umano). Infatti, non sono solo. Altri sono in me, breitling replica come richiamo al mio essere umano.
Un richiamo molto forte: «Tutte le volte che sorge dal profondo di un cuore umano il lamento del fanciullo che Cristo stesso non ha saputo trattenere: “Perché mi viene fatto del male?”, lì vi è certamente ingiustizia». Quel grido è infallibile. Lì c’è certamente la verità. E questo perché «c’è nell’intimo di ogni essere umano, dalla prima infanzia sino alla tomba e nonostante tutta l’esperienza dei crimini commessi, sofferti e osservati, qualcosa che si aspetta invincibilmente che gli si faccia del bene e non del male, È questo, prima di tutto, che è sacro in ogni essere umano» (Simone Weil, La Persona e il sacro, 1942-1943). Se ascolto nell’altro questo appello veramente sacro, difendo e faccio vivere il sacro in me. Il contrario avviene, se non ascolto. Nessun appello mi è così intimo, costitutivo, condizione di vita.
Quel precetto centrale – che non è unicamente evangelico, perché l’universale “regola d’oro” implica la parità di valore tra me e l’altro – «Ama il prossimo tuo come te stesso» viene anche letto, nell’originale ebraico, «…perché è te stesso». Le religioni, le sapienze spirituali, sono introspezione, ma sono altrettanto relazione con l’essere altrui, universale: «religentes esse oportet» (Aulo Gellio).
Anche nella società politica pluralistica vale il principio «Ci sono anche gli altri», che Aldo Moro ricordava a certuni dei suoi che avevano programmi della sola sua parte.
Polito, nello spiegare il suo libro, ha sottolineato l’individuo. Intendo chiaramente che non si tratta del singolo separato, atomizzato in una società disgregata: questo significato è ben criticabile. La sottolineatura dell’individuo fatta da Polito reagisce al rischio di identificazione e riduzione della persona a parte eteronoma di un organismo, senza una propria autonomia. Significa l’unicità irripetibile di ognuno (ogni-uno), che è principio della libertà, uguale in tutti: perciò non è libertà contro giustizia, ma libertà per essere giusti. Unicità e comunione sono la nostra umanità.
Possiamo intendere: sii te stesso, non sei riducibile a «uniforme», a numero in un corpo compatto, dunque non essere conforme (che è pure il principale appello morale di san Paolo: «non conformatevi al mondo presente», Romani 12,2), ma rispondi a te stesso, in profondità, e così risponderai anche all’altro che è in te, e all’altro vero tu che è in lui, nell’uomo davanti a te.
Quindi: né riduzione organicistica; né scissione atomistica di monadi chiuse. Mi pare feconda la concezione della persona unica e comunitaria (Emmanuel Mounier), costituita in relazioni, una via verso un’etica universale (Küng, Bori), sebbene plurale (Panikkar). Così pure la visione dell’«uomo inedito» (Bloch, Balducci, e anche Capitini in altri termini): al di là dell’uomo finora edito, si tratta di diventare un tale uomo libero e solidale, aperto ad ogni altra forma civile di umanità, nella cooperazione e non nella competizione e rivalità escludenti.
L’obiettore di coscienza testimonia che si deve «obbedire a Dio più che agli uomini», alla legge interiore più che alle autorità esterne, come affermano Pietro e gli apostoli davanti al Sinedrio (Atti5,29, e anche 4,19), proprio come Socrate davanti al tribunale (Apologia 29-d). L’obiettore testimonia, col prezzo che paga, questa insorgenza del più profondo umano. Può pure produrre argomentazioni per la sua scelta, ma non può attendere il consenso generale: l’appello di coscienza è una direzione, non una conclusione né un contratto. Non è dissociazione, ma libera proposizione di fedeltà all’umano di tutti. Non obbliga e non giudica, ma non tace e non elude.
Nell’obiezione (un «gettarsi contro») la coscienza non nasce (era già viva, pur se assopita nella situazione tranquilla) ma si risveglia e si solleva di fronte all’inaccettabile. Il negativo è un appello al positivo che giace in noi. È una presenza del bene quella che giudica che il male è male: altrimenti sarebbe «normale». È una luce, per tenue che sia, nella coscienza: una luce che «illumina ogni uomo» (vangelo di Giovanni 1,9, versetto-guida per i quaccheri). La coscienza distoglie dal male, senza dare direttive precise (così già in Socrate) perché conosce l’orizzonte del bene, anche se non detta le singole vie. «È lo scandalo della violenza esercitata da uomini su altri uomini che mette in movimento il pensiero filosofico; è la certezza che questo male non deve essere che provoca la riflessione. Noi vogliamo sostenere che la rivolta del pensiero davanti alla violenza che fa soffrire gli uomini è l’atto fondatore della filosofia. Noi vogliamo affermare che il rifiuto di ogni legittimazione di questa violenza fonda il principio di nonviolenza» (Jean-Marie Müller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Pisa University Press, 2004, p. 22). Così il pensiero-coscienza di giustizia e pace si mette in movimento, e ha davanti a sé un gran lavoro di ricerca e di azione.
Nel suo libro, Pietro Polito, dopo la testimonianza personale, offre un chiaro saggio-elogio sulla obiezione delle coscienze, nella storia repubblicana italiana, alle armi e alle responsabilità connesse, come ad altre forme dell’uccidere o del mettere in pericolo le vite.
A questa parte segue una raccolta di saggi su singole rilevanti figure, da Capitini ad Ada Gobetti, a Bobbio, Sereno Regis, Danilo Dolci, Lorenzo Milani, e poi ancora una serie di interviste di Bobbio, Rodolfo Venditti, Goffredo Fofi, Pietro Pinna. Oggi che il professionismo militare vorrebbe frustrare l’obiezione delle coscienze alle armi, questo materiale di informazione e riflessione è prezioso per tenere desti gli animi contro le gravi folli spese in armamenti, contro l’idea della guerra umanitaria e protettiva, contro la frustrazione del «ripudio della guerra», contro un’economia distruttiva dell’ambiente.
La cultura dell’obiezione, sempre necessaria, non è negativa: è un primo passo indispensabile verso la pace da stabilire nelle morali e nelle istituzioni, anche se poi si deve andare oltre: il pacifismo (per non morire, per non uccidere), il ripudio dei mezzi mortali, ha la sua maturazione nella nonviolenza attiva, cioè la
gestione dei conflitti con la forza dei mezzi vitali e dei fini costruttivi.
FIAP/Giustizia e Libertà
CIRCOLO GUIDO CALOGERO E ALDO CAPITINI
Cultura politica e Diritti dei Cittadini
Vico Sant’Antonio 5/3a
16126 GENOVA
www.circolocalogerocapitini.it
e mail: luigi@fasce.it
tel. 0108312946/cell.3391904417
Elogio dell'obiezione di coscienza. Scritti e conversazioni.
Sala di Rappresentanza Palazzo Tursi
Via Garibaldi 9
venerdì 21 febbraio 2014 – ore 17,30 – 19,30
Saluti: Gian Piero Pastorino – consigliere Comunale Capogruppo SEL
L’ autore Pietro Polito, direttore Centro Studi Piero Gobetti di Torino
discute con
Norma Bertullacelli, Un’ora in silenzio
Luigi Previati, Comitato Rachel Corrie, Tavola della pace Liguria
Giorgio Boratto, Circolo Guido Calogero e Aldo Capitini
Introduce e coordina il dibattito Luigi Fasce – presidente del Circolo
Segue pubblico dibattito
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Breve succinto report di Luigi Fasce (si invitano tutti gli intervenuti a inviare eventuale esaustiva nota integrativa)
Saluti: Angelo Cifatte - Comune di Genova -responsabile istituzionale Tavola della Pace Liguria (sostituisce Gian Piero Pastorino causa improvvisa malattia influenzale)
Fasce Luigi: introduce evidenziando che il libro di Polito è sostanzialmente un "elogio a Aldo Capitini", uno dei due personaggi a cui è dedicato il Circolo - cultura politica e diritti del cittadini - e porta a conoscenza una breve scheda.
• Un nonviolento aperto, libero, religioso
• Fondatore del Movimento Nonviolento in Italia...
ALDO CAPITINI, Perugia 1899-Perugia 1968
• BIOGRAFIA
Aldo Capitini nasce a Perugia, proviene da famiglia povera, figlio del campanaro della Torre di Perugia.Terminato l'istituto tecnico, si mise a studiare da autodidatta il latino ed il greco, i grandi autori classici ed i testi sacri del cristianesimo.
L'intenso sforzo intellettivo gli causò un esaurimento psico-fisico.Per ritrovare la salute accettò un posto da precettore nella campagna umbra.
La sua grande trasformazione ideologica avvenne fra il
1918 ed il 1919 quando abbandonò le idee nazionaliste e considerò la guerra
"in rapporto, meno con la nazione, replica uhren kaufen e più con l'umanità sofferente"; iniziò allora ad apprezzare i fondamenti del socialismo, mentre già da qualche anno aveva abbandonato la pratica della religione cattolica.
Partecipò poco agli avvenimenti politici, la sua fu una formazione principalmente interiore, ma il dramma che visse l'Italia in quegli anni (la marcia su Roma, l'uccisione di Matteotti, l'avvento della dittatura) rafforzò la sua totale avversione al fascismo. Nel 1924 ottenne come esterno la licenza liceale e grazie ad una borsa di studio si iscrisse alla Facolta' di Lettere e Filosofia all'universita'di Pisa. Alla Normale si legò d'amicizia con studenti e professori avversi al fascismo. Si laureò nel 1928 con pieni voti e lode. La firma dei Patti Lateranensi avvenuta l'anno seguente approfondì il suo distacco sia verso l'istituzione romana, colpevole di essersi rivelata ancora una volta "alleata dei tiranni",sia verso il fascismo, l'avversione al quale divenne non più solo politica, ma anche religiosa. Contemporaneamente Capitini ricercò la forza interiore negli spiriti religiosi puri, quali Cristo, Buddha, San Francesco, Gandhi.
In particolare fu ammiratore di San Francesco d'Assisi, rimanendo colpito dal fatto che egli reintrodusse nella spiritualita' cristiana il tema della nonviolenza: il metodo di San Francesco fu "quello di andare a parlare con i saraceni piuttosto che sterminarli nelle Crociate, nelle quali il sangue talvolta arrivava ai ginocchi".
Ma soprattutto fu ammiratore di Gandhi. In lui trovò lo spirito di tolleranza verso le altre religioni ed il senso che ogni lotta per la libertà è anche una lotta religiosa. .
Capitini iniziò a lavorare come segretario alla Normale di Pisa, chiamato da Gentile, ma, invitato dal vicedirettore della scuola ad inviare un telegramma di congratulazioni a Mussolini, rifiutò decisamente. In questo periodo approfondì la conoscenza del metodo nonviolento di Gandhi e contemporaneamente divenne vegetariano; tale scelta accentuò la tensione esistente fra lui e Gentile. Nel 1933 rifiutò di prendere la tessera del Partito Fascista e per questo motivo venne allontanato dal suo posto alla Normale.
Ritornò a Perugia dove visse poveramente impartendo lezioni private; nello stesso tempo creò una fitta rete di amicizie, costituendo gruppi antifascisti a Firenze ed a Roma, e collaborò con intellettuali come Leone Ginzburg ed Elio Vittorini. Fu presentato anche a Benedetto Croce, il quale benché su posizioni diverse dalle sue lo aiutò a pubblicare i suoi scritti presso l'editore Laterza. Cosi' nel 1937 usci' il libro Elementi di un'esperienza religiosa, che ebbe successo tra gli antifascisti, sebbene ben poco convinti ad accogliere le tesi dell'autore sulla nonviolenza e sulla libera religiosità.
Un solo esempio della resistenza fatta a modo suo, nel 1940 a Bologna Capitini organizzò gli anti-littoriali, riunioni serali affollatissime di antifascisti che si svolgevano nei giorni stessi dei littoriali fascisti.
Egli fu dunque uno dei protagonisti della Resistenza e ne pagò stoicamente le conseguenze, licenziamento dal lavoro, galera.
Ma quando i suoi compagni confluirono in un partito, il Partito d'Azione, Capitini non vi aderì e preferì restare da solo. Considerava infatti il suo "liberalsocialismo" non un partito ma un movimento etico-religioso e che mirava ad un rinnovamento più profondo, non soltanto sociale ma morale.
Il percorso culturale e politico di Aldo Capitini, lo abbiamo scoperto leggendo la storia del pensiero liberalsocialista, dunque percorso intrecciato inizialmente con quello di Guido Calogero, tanto che è arduo dire chi dei due abbia coniato il termine "liberalsocialismo", senza trattino. Certo è che il manifesto liberalsocialista del 1941 è opera fatta assolutamente da entrambi, ma con diverse motivazioni, per Capitini movimento etico-religioso, per Calogero ideologia da attuare con riforme politiche da applicare con istituti giuridici.
Il loro sodalizio "liberalsocialista" fu agevolato dalla frequentazione di entrambi della scuola "Normale" di Pisa negli anni 30.
Ma Capitini, profondamente spirituale nell'animo, studioso di Gandi, pur attivo nell'organizzazione clandestina della Resistenza, era convintamente pacifista e coerenemente sviluppò questa sua vocazione fino alla fine della sua vita. Vocazione pacifista che lo portò ben oltre le pur ragionevoli posizioni di Calogero, filosofo del dialogo, profondo studioso di diritto.
Scopriamo che già negli anni '40, dopo l'esperienza comune del carcere come perseguitati politici, si incrina il rapporto tra Capitini e la sinistra, tutt'altro che pacifista. Gli altri organizzano la pur necessaria rivolta armata, lui fa esplicita scelta nonviolenta e fonda il "movimento nonviolento". Verso la sinistra, il liberalsocialismo, Capitini manterrà sempre un atteggiamento di dialogo.
Dal dopoguerra in poi non aderirà mai ad alcun partito
Da ricordare sopratutto come è il propugnatore della "Religione Universale".
La marcia della Pace Perugia-Assisi iniziata nellanno 50, che ancora ogni anno viene fatta, ben pochi lo sanno, è opera di Aldo Capitini. Da solo inizia un lungo lavoro per l'affermazione del metodo della nonviolenza. Fino alla morte è attivissimo: il Movimento di Religione, il Centro di coordinamento internazionale per la Nonviolenza, la Consulta Italiana per la Pace, il Movimento Nonviolento, la Società Vegetariana Italiana. Organizza convegni e seminari sui temi della pace, delle tematiche religiose.
Alla vocazione religiosa, dagli anni 60 in poi aggiunge una pratica quotidiana laica di impegno pedagogico e di formazione al senso civico per la partecipazione attiva dei cittadini alla cosa pubblica e a tale scopo fonda i "Centri di Orientamento Sociale". Fonda l'Associazione per la difesa e lo sviluppo della Scuola pubblica. Scrive della scuola, della pedagogia. Scrive e pubblica moltissimo: La realtà di tutti, Nuova socialità e riforma religiosa. L'atto di educare, Il fanciullo nella liberazione dell'uomo, Religione aperta, Colloquio corale, Rivoluzione aperta, L'obiezione di coscienza in Italia, Battezzati non credenti, L'educazione civica nella scuola e nella vita sociale, La compresenza dei morti e dei viventi, Educazione aperta, Le tecniche della nonviolenza.
Fonda e dirige anche due riviste: e .
Dobbiamo constatare che dopo tanti anni scritti e opere, tanto impegno politico e sociale di Capitini tutto quanto sembra destinato all'oblio, mentre seme gettato della nonviolenza e dunque la Fraternità tra i popoli (l'obliato terzo principio valoriale della rivoluzione francese), resta una impellente necessità attualissima dopo che altre epocali teorie e pratiche politiche hanno drammaticamente fallito, prima quelle totalitarie di destra, fascista e nazista, poi quella comunista sepolta nel 1989 sotto il Muro di Berlino, e da ultima quella neoliberista che dalla crisi di Wall Street del 2008 e fino ai giorni nostri sta ancora lasciando i perniciosi effetti nell’ambito economico-sociale mettendo in pericolo forse anche la democrazia..
Capitini muore a Perugia il 19 ottobre 1968, compianto da quanti hanno conosciuto e apprezzato il suo insegnamento e la grande spiritualità.
Luigi Fasce
Bibliografia essenziale
Atzemi F., Aldo Capitini, un laico religioso non violento, Siepel. Milano 1989
Borghi L., Aldo Capitini, in “Scuola e città”, 10 (1968)
Capitini A., Azione non violenta, anno VI, n.11 -12 (1968) numero monografico.
Calogero G., Aldo Capitini e la religione , in ottobre (1969)
Furiozzi G.B., (a cura di) Aldo Capitini, tra socialismo e liberalismo, Milano, ed Franco Angeli, 2001.
Martelli M., Aldo Capitini educatore di nonviolenza, Manduria, ed Piero Lacaita , 1988.
Martini M., (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario non violento. Atti del convegno Comune di Perugia, Fondazione A.Capitini, Perugia 1999.
Polito P., L’eresia di Aldo Capitini, Aosta, ed Stylos, 2001.
Polito P., Il liberalsocialismo di Aldo Capitini, in M.Bovero et al., I dilemmi del liberalsocialismo, La nuova Italia Scientifica, Roma 1994.
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Giorgio Boratto:
Intervento di Giorgio Boratto:
Mi fa piacere in questo contesto, dove si affronta il tema dell'obiezione di coscienza con il libro di Pietro Polito, che raccoglie scritti e conversazioni di illustri pensatori italiani, ricordare la figura del filosofo Guido Calogero.
Non solo è un richiamo ad uno dei nomi a cui è intitolato il Circolo di Cultura Politica 'Guido Calogero e Aldo Capitini' -fondato da Luigi Fasce - organizzatore questo incontro, serve a ricordare che Guido Calogero è accomunato a Aldo Capitini, il personaggio su cui ruota tutto il libro Elogio all'obiezione di coscienza, nella stesura del Manifesto del Liberalsocialismo del 1941.
Inoltre è anche riconoscere l'attualità della filosofia etica e insieme politica di Guido Calogero, che entra in modo pregnante nell'argomento dell'obiezione di coscienza; infatti tutto il suo pensiero si basa sul fatto che nessuno può evadere dalla propria responsabilità personale: non c'è ordine gerarchico, autorità esterna o potere costituito che possa privarci dal nostro essere.
Pietro Polito nel libro fa una rilevazione importante: quella di riconoscere il primato della coscienza ed in questo il pensiero filosofico di Guido Calogero è davvero calzante.
Nel secondo volume -edito da Einaudi- delle Lezioni di Filosofia Guido Calogero scrive: Ognuno è calato nel proprio Io da cui è impossibile evadere: 'La necessità radicale del mio essere è quella che io non posso mai non essere io'. Ancora: 'Ogni valutazione è autonoma, compiendosi nella sfera di quella presenza soggettiva, che non può mai risolversi in nulla d'altro. Sono io che valuto, io che approvo e disapprovo, e che di conseguenza decido'.
Guido Calogero ha sempre chiaro il concetto della scelta etica come fatto dell'esistenza poiché 'non esiste una Logica al di fuori degli uomini che la realizzano e la utilizzano'. Sotto questo punto io trovo una particolare assonanza con la filosofia di Hannah Arendt.
Quando il Nazismo, con la sua Logica ed Etica, ha compiuto ciò che ha compiuto c'erano uomini che l'hanno realizzata e utilizzata. In quel caso c'era tutto il popolo tedesco; c'era una collettività di uomini che hanno agito con le loro responsabilità individuali. C'erano tantissimi Erich Eichmann. C'era quella banalità del male che ha caratterizzato l'opera di Hannah Arendt.
Nella prefazione del libro di Pietro Polito si cita la Coscienza quale concezione del Bene e del Male...appunto: allora quale coscienza è responsabile della banalità del male? E' una coscienza senza la consapevolezza di un pensiero proprio; di un pensiero che travalica la condizione collettiva. Quel pensiero che è Libertà esso stesso -come diceva Hegel. Qui la pregnanza di Guido Calogero.
A proposito nel libro viene citato il filosofo Gunther Anders, che della Arendt fu il marito. Questo filosofo forse meritava uno spazio più ampio nella trattazione dell'obiezione di coscienza: egli fu tra i primi antinuclearisti e pose, con il trattato che porta il titolo: 'L'uomo antiquato', il tema dell'avanzamento tecnologico come elemento disperante nel divenire dell'umanità. A questo punto una domanda: Con la nuova tecnologia, che ha oscurato il sentimento di odio e spersonalizzato il nemico, cambia l'obiezione di coscienza sulla guerra? Cosa vale? Ora che si uccide schiacciando un bottone?
Il libro di Pietro Polito è ricco di riferimenti politici e filosofici e traccia la storia dell'obiezione di coscienza in Italia. Il libro parte proprio dalla testimonianza di Aldo Capitini sulla nonviolenza e obiezione di coscienza, con la sua estensione storica, per raccontare attraverso scritti, dialoghi, interviste e riflessioni dei vari protagonisti il filone dell'obiezione di coscienza. Ognuno degli intervenuti traccia un punto di vista diverso. Diversità che poi compongono l'Elogio dell'obiezione di coscienza.
Autore di molti saggi storici Pietro Polito in questo prezioso libro sviluppa un percorso storico facendo parlare i protagonisti della battaglia nonviolenta, pacifista e portatrice di valori arricchenti la democrazia quali l'obiezione di coscienza.
Protagonisti con Aldo Capitini ci sono: Ada Prospero Marchesini Gobetti, Norberto Bobbio, Domenico Sereno Regis, Danilo Dolci, Lorenzo Milani, Rodolfo Venditti, Pietro Pinna, Goffredo Fofi.
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Pietro Polito:
l'elemento fondamentale è che viene acquisito che l'obiezione di coscienza viene acquisita come "il diritto fondamentale della persona" assumendolo come diritto soggettivo inalienabile.
Sul piano personale riporta la questione di fondo della responsabilità individuale.
L'Autore conferma che il libro è dedicato a Aldo Capitini ma che è vero che manca un più approfondito riferimento a Guido Calogero.
Norma Bertullacelli:
Ho ascoltato storie grandi e qui porto il contributo di storie piccole narrate da André e esperienze vissute da Don Gallo ... c'è da ricordare anche eventi importanti come il G8 di Genova. Le violenze dei poliziotti celati dall'anonimato, l'assoluto contrario dell'obiezione di, della responsabilità personale sancita dallo Stato italiano che ha nella Costituzione l'art.11.
Come non ricordare D'Alema che si è presentato in piena guerra alla marcia della Pace di Perugia - Assisi.
Ma anche il capo dello Stato, capo delle forze armate che in
dispregio dell'art. 11 della Costituzione non ritiene di fermare le missioni di guerra e l'acquisto di strumenti di offesa come i bombardieri F35.
Luigi Previati:
Difficile la sintesi del libro nella situazione in cui siamo.
Ho rilevato nel libro tre importanti distinzioni:
1 non rassegnazione alla guerra;
2 difesa della democrazia;
3 nuovo illuminismo - coscienza individuale.
Il punto fondamentale che individuo è l'art. 1 della dichiarazione universale dell'Uomo e poi l'art.11 della Costituzione italiana.
per questa coerenza di nonviolenza ricordo che hanno pagato con la vita Rachel Corrie e Annigoni.
Pietro Polito:
il libro è stato scritto sulla base della mia esperienza di obiettore di coscienza nel confronti di molti autori citati.
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Ha fatto seguito un ampio e approfondito dibattito.
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Intervento scritto post convegno
Coscienza personale e Coscienza Collettiva,
Responsabilità e Libertà (personali e collettive), Coartazione
L’incontro di ieri ha proposto vari stimoli.
La coscienza personale è al centro delle scelte di ogni essere umano: ovviamente, le scelte fondamentali. Ma cosa è la coscienza? E’ consapevolezza? E’ qualcosa di innato, di statico, di immutabile…o di dinamico che nasce, si sviluppa, muta… influenzata dalle circostanze esterne, ambientali, relazionali, socio-culturali… E veramente libera? Sempre? Quanto libera? Quanto noi siamo responsabili delle nostre scelte? Potrà mai essere condizionata, manipolata, bloccata…quanto e in quali circostanze?
Ma coscienza di che? Su cosa si fonda? Qual è la sua funzione? In che campi interviene?
S’era detto: o pacifismo o imperialismo. Qui tocchiamo due campi che riguardano l’ambito del “sociale”, ossia le scelte che la persona fa in relazione alla società. Ma le scelte sono mosse dalla propria coscienza. Allora mi chiedo: che coscienza ha una determinata persona in relazione agli “altri”? In altri termini: come egli considera gli altri (che visione antropologica ha dei propri simili?) Ma prima ancora: che concezione antropologica ha di sé?
Sono due livelli di coscienza personale: rivolta a se stesso e agli altri. Penso sia questo il punto di partenza: il tipo di coscienza di se stesso orienterà le proprie scelte sociali.
(Ovviamente gli “altri” in generale: nella realtà esistono quel determinato uomo, donna, di tale età, origine, cultura, storia, religione , ecc…anche se, per necessità logico-intellettuale, ragioniamo pensando a “gruppi” : gli uomini, le donne, gli stranieri…)
Infine : dalla “Coscienza personale” alla “Coscienza collettiva” che sorgerà dall’insieme e dal confronto delle varie coscienze personali. Penso che senza questa seconda non ci sarebbero Regole, Leggi, Costituzioni, Riconoscimento di Diritti Universali….
Penso siano da attribuire alla Coscienza Collettiva il tipo di società, col proprio ordinamento, che gli umani perseguono e per cui si oppongono ad alti tipi, spesso fino alla lotta violenta e alla guerra.
Concludendo, mi pare importante capire: che è la Coscienza? Su cosa si fonda perché sia veramente umana per tutti, ossia , universalmente riconosciuta? In altri termini: esiste un criterio per cui si possa affermare che la coscienza ha un qualcosa di “oggettivo” valido per Tutti/e e non sia esclusivamente soggettiva…pur nel rispetto delle varie “soggettività”? (es: s’è parlato di aborto. Di fronte alla stessa situazione una donna in coscienza fa una scelta differente da un’altra: vanno rispettate entrambe!)
Non posso non concludere con una domanda che rivela la mia visione critica:
in una società spinta all’individualismo, manipolata dai media, drogata dal consumismo, rimodellata dal liberalismo che ci trasforma in consumatori, imprenditori della nostra vita in continua competizione e lotta tra simili…quali pericoli si corre? Indifferenza, corruzione, menefreghismo, arrangiarsi, carrierismo, sopraffazione, violenza, guerra… non ne sono forse i frutti più evidenti? CHE FARE?
Caro compagno Gianni,
ah il dialogo ... come si farebbe mai a intendersi tra religioni diverse, culture diverse, ceti sociali diversi.
Pensare che ho scelto Guido Calogero e Aldo Capitini a cui dedicare il circolo perchè uniti nella stesura del manifesto
liberalsocialista (1940-1941). Poi approfondendo la conoscenza dei due personaggi sono venute al livello di coscienza anche altre profonde riflessioni
per disegnare un mondo migliore che non sia imposto del neoliberismo.
Dunque mi provo a dialogare ... a cominciare dall'ultima nota conclusiva.
in una società spinta all’individualismo, manipolata dai media, drogata dal consumismo, rimodellata dal liberalismo che
ci trasforma in consumatori, imprenditori della nostra vita in continua competizione e lotta tra simili…quali pericoli si
corre? Indifferenza, corruzione, menefreghismo, arrangiarsi, carrierismo, sopraffazione, violenza, guerra… non ne sono
forse i frutti più evidenti? CHE FARE?>
Luigi Fasce: contributo dialogante ... non è il liberalismo, ma bensì il liberismo che ha rimodellato la
società post moderna.
Se non si conosce la differenza di significato tra liberalismo e liberismo ... succede il primo qui pro quo impossibile
capirsi. Vedasi per questo rolex replica lo stesso Croce.
Ma è sul liberalismo che si fonda il socialismo di Calogero e così pure, percorrendo altra via di pensiero di Rosselli.
Certo la logica e filosofia di Calogero a mio avviso è stringente nel radicare il socialismo al liberalismo.
Caro Gianni, la libertà individuale, la dobbiamo al liberalismo, perché non assolutizza più alcun valore, dunque, consente
la convivenza tra diverse credenze e diverse culture, scelte sessuali.
Ma lo sappiamo senza Giustizia sociale ... resta tutto virtuale ... vedi la storia degli USA e ora la superpotenza sovranazionale plutocratica delle multinazionali che ha imposto il neoliberismo ... mica il neoliberalismo, libertà per tutti ovunque siate.
Potrei finire così vista l'urgenza di organizzarci pro Tsipras con la dittatura neoliberista.
Ma sollecitandomi come psicologo analista non posso esimermi da accennare sul tema della presentazione del libro di Polito "Elogio dell'obiezione di coscienza"
Sperando che si riprenda là dove è stata lasciata la lezione psicoanalitica di Freud.
La seduta psicoanalitica di Freud è sostanzialmente rivolta a sciogliere individualmente il conflitto tra moralerepressiva e libertà sessuale ... Reich e poi Fromm hanno esteso il concetto alle masse ... facendo scoperchiare la pentola della repressione sociale, purtroppo in questi ultimi 20 anni il coperchio è stato richiuso come in ogni periodo di restaurazione sono andati incontro a una solenne replica iwc rimozione (oblio per intenderci). Il binomio neocon /conservatorismo religioso e neoliberismo-imperialismo capitalista
ci hanno mondialmente travolti.
Riepiloghino finale sulla coscienza.
Dunque Freud si è cimentato sul tema coscienza non poco. Lui, il grande pensatore, ha suddiviso la mente in
Es io Super-Io., Ma la coscienza o consapevolezza è strumento concesso al nostro Io ragionante. Sempre lì a mediare il conflitto tra ES - istinto-pulsioni sessuali e aggressività e il Super-Io. Dunque la “coscienza” viene intesa anche come Super-Io (coscienza morale, giudice più o meno rigido), dalla stragrande maggioranza degli individui che compongono le società. Pensiero comune, cultura di un popolo, tradizioni.
Questioni appena accennate che non si possono approfondire qui e che rimando ad altra occasione sperando venga il tempo di avere voglia ancora di parlarne.
Scalfire la coscienza di un popolo è impresa ardua.
Tanto che Gramsci ha parlato di "egemonia culturale" degli italiani da cambiare e poi Togliatti il migliore ragionando che la cultura egemone in Italia era la replica orologi cattolica ha pensato che era più conveniente adattarcisi.
Il bel risultato è di assoluta pregnante attualità, il governo Renzi che associa cultura egemone cattolica e cultura egemone neoliberista.
Riprendiamoci la psicoanalisi contro la repressione ottusa e il modello di economia socialdemocratica alla Olof Palme contro il totalitarismo neoliberista.
Un fraterno dialogante saluto socialista di sinistra.
Luigi Fasce
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