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EVENTI

TITOLO

BERTINORO (Forlì)Sabato e Domenica 3-4 Marzo 2007 Convegno - VERSO LA COSTITUZIONE DI UNA FORZA LAICA LIBERALSOCIALISTA

 

Relazione introduttiva di Lanfranco Turci contributo al dibattito Luigi Fasce

DATA

04/03/2007

LUOGO

Bertinoro (Forlì)

Programma
_ Sabato 3 Marzo

ore 10:30 _ Apertura dei lavori – Presiede Nicola Cariglia
_ Saluti di Gilberto Gallone responsabile dell’organizzazione, del sindaco di Bertinoro Nevio Zaccarelli e del sindaco di Cesena Giordano Conti
_ Introduzione di Lanfranco Turci
_ Apertura dibattito generale

ore 14:00 _ Buffet offerto dallo sponsor, cooperativa A. Balducci di Forlì

ore 14:30 _ Ripresa dei lavori e del dibattito generale
_ Nel corso della giornata sono previste 4 relazioni su altrettanti temi di grande rilievo e attualità politica:
Laicità e Diritti Civili – Carlo Flamigni
Politica Internazionale – Alberto Benzoni
Politiche Economiche – Franco D’Alfonso/Club Porto-Franco di Milano
Riforma Pensionistica – Angelo Giubileo.

ore 20:00 _ Cena - Su prenotazione è possibile usufruire dei servizi della mensa universitaria nelle sale adiacenti a quelle in cui si svolgerà il convegno

ore 21:00 _ Ripresa dei lavori
_ Nel corso della sessione serale sarà sottoposto all’assemblea, per l’approvazione, un documento in cui mettere per iscritto la volontà d’impegnarsi per un percorso costituente.
Una bozza del documento - aperto all’apporto di integrazioni ed osservazioni da parte dei circoli e delle associazioni - sarà distribuita già nel corso del pomeriggio.
Il documento sarà poi sottoposto all’attenzione dei rappresentanti dei partiti e di tutti coloro che parteciperanno alla tavola rotonda del giorno successivo, chiedendo di pronunciarsi in merito a tale intenzione politica.

_ Domenica 4 Marzo

ore 9:30 _ Illustrazione del documento formulato sabato, sul quale, come detto, saranno chiamati a confrontarsi gli oratori che interverranno nel corso della mattinata.
_ A seguire tavola rotonda con i rappresentanti dei partiti, delle associazioni e gli altri ospiti segnalati
_ In tarda mattinata sono previste le conclusioni del convegno.

_ N.B.
Per poter garantire la possibilità d’intervenire al maggior numero possibile di persone, i tempi di ogni intervento saranno limitati a 5 minuti, i tempi degli interventi dei nomi segnalati nella locandina saranno limitati a 10 minuti ed i tempi per le relazioni tematiche saranno limitati a 20 minuti.
Le adesioni all’iniziativa di Bertinoro possono essere segnalate liberamente e direttamente al sito: www.networkforprogress.it aperto ed elaborato proprio allo scopo. Allo stesso indirizzo sono facilmente reperibili tutte le necessarie informazioni per raggiungere Bertinoro e sulle possibili sistemazioni per coloro che volessero pernottare in loco.
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Bertinoro, 3-4 marzo 2007

CONVEGNO NAZIONALE: VERSO LA COSTITUZIONE DI UNA FORZA POLITICA LAICA E LIBERALSOCIALISTA


Relazione di Lanfranco Turci


Questo è un incontro senza rete.
Dopo l’input iniziale dei circoli romagnoli, collegati a Socialismo è libertà, sostenuti dalla cooperativa Balducci di Forlì, ci siamo assunti insieme (Socialismo è libertà, Associazione per la Rosa nel Pugno, Gruppo i centouno, Federazione giovanile socialista e P. Caldarola) l’onere e l’onore (questo si vedrà alla fine!) della regia di questo convegno. A cominciare dalla definizione del titolo e della parola d’ordine posta in testa allo stesso:
VERSO LA COSTITUZIONE DI UNA FORZA POLITICA LAICA E LIBERALSOCIALISTA. A VOCAZIONE MAGGIORITARIA, IN COMPETIZIONE CON IL PARTITO DEMOCRATICO, COLLOCATA IN EUROPA NEL PSE.
Una parola d’ordine ambiziosa, poliedrica, non ambigua, ma insieme prudente, perché anticipata da quell’avverbio che indica una direzione di marcia, ma non certo i tempi e modi del suo svolgersi. A ulteriore precisazione aggiungo che quella direzione non vuole precludere la presenza e la voce di quanti, anche in questa assemblea, vorranno proporre distinzioni o varianti, o vorranno in futuro affiancarsi a noi in forme più flessibili.
Vorrei prima di tutto soffermarmi sulle due qualificazioni – Laica e Liberalsocialista – che abbiamo proposto per definire il profilo della forza politica che vorremmo promuovere e spiegare il perché della sua collocazione nel PSE.
L’aggettivo liberalsocialista non sta certo a esprimere una scelta ristretta ed esclusiva, definita con puntiglio accademico, fra le varie scuole del pensiero socialista. Ammesso e non concesso che il pensiero liberalsocialista si lasci inquadrare secondo rigidi canoni accademici, preciso subito che noi intendiamo riferirci ad esso nel senso più lato del termine, come a un indirizzo che si è mostrato fra i più aperti, i più capaci di durare e riemergere in mezzo alla secolare storia socialista, ai suoi successi, ma anche alle sue sconfitte e alle vere e proprie tragedie che, sia pure nella variante comunista, sono comunque uscite da quella storia.
Come hanno scritto nel 2003 Nadia Urbinati e Monique Canto-Sperber: “il socialismo liberale è oggi forse l’unico ideale radicato nella tradizione politica e morale europea ad avere un respiro continentale e universalista........ il socialismo liberale è un’idea di democrazia avanzata, di società tollerante e aperta con al suo centro il valore della persona singola e concretamente situata. Non l’individuo astratto del liberalismo classico, o quello gregario delle visioni comunitarie, o infine quello definito esclusivamente dai bisogni materiali come nel socialismo classista, ma invece l’individuo come essere umano che chiede rispetto e riconoscimento nella società nella quale vive, soffre, ha bisogni, valori culturali e religiosi diversi”.
“Il socialismo non può più aspirare all’identità politica che per molto tempo lo ha definito, soprattutto nei paesi dell’Europa continentale: identità operaia, di classe, marxista, rivoluzionaria”: dicono le nostre autrici. A questa identità irrecuperabile, si può aggiungere anche quella socialdemocratica postbellica, delle statalizzazioni, della programmazione economica, della concertazione trilaterale governo, sindacati e grandi imprese. Rimangono perciò i temi comuni alle varie versioni nazionali del socialismo liberale, da Stuart Mill, a Bernstein, a Rosselli: “il rifiuto dell’utopismo messianico, la critica del socialismo determinista marxista, la difesa del riformismo, la prudenza relativa all’intervento dello Stato in economia, l’autonomia della società civile e di movimenti della società, la comprensione della politica come cultura del conflitto e la rivendicazione di un socialismo etico”.
In questo senso si può riassumere la filosofia del socialismo liberale, con Carlo Rosselli, intendendo il socialismo come il liberalismo in azione.
Che questo socialismo sia oggi nell’Internazionale socialista e nel PSE è cosa che non mi pare si possa mettere in discussione.
Proprio nelle correnti più innovative del socialismo europeo, dall’SPD ai socialisti del nord Europa, da Blair a Zapatero, non si può non riconoscere la continuità dell’impostazione moderna e antidogmatica del socialismo liberale.
Per questo, anche per dirimere a priori una delle questioni su cui è andato in difficoltà il processo di costruzione del P.D., abbiamo voluto esplicitare nel titolo del nostro convegno quello che dovrebbe essere l’approdo naturale del processo costituente che vogliamo mettere in moto.
Questo non vuole escludere dalla nostra area di interlocuzione e di collaborazione forze che si riconoscono nella famiglia europea liberaldemocratica, anche per i tanti valori che abbiamo in comune.
Tuttavia ci sarebbe sembrato opportunistico e non serio lasciare nell’ombra questa opzione.
Non credo invece di aver bisogno di spendere particolari parole sulle ragioni dell’altro aggettivo – LAICO - che dovrebbe connaturare la forza politica per la quale stiamo lavorando.
Ne parlerà espressamente il prof. Flamigni. Ricordiamo che la parola laico in politica non si contrappone a credente, bensì a integralista o fondamentalista.
Per quanti di noi vengono dall’esperienza della Rosa nel Pugno, mi basta dire che laicità non è per noi la caricatura che ne danno le gerarchie cattoliche, secondo cui equivarrebbe al motto:«vietato vietare!» al relativismo assoluto, al nichilismo. La laicità è invece il solido baluardo per reggere le sfide attuali della società multietnica e della rinascita dei fondamentalismi. E non è solo uno scudo di difesa delle conquiste storiche della democrazia e della civiltà europea, ma è anche una piattaforma positiva per cogliere le nuove potenzialità che la rivoluzione biologica e la società della conoscenza offrono alla realizzazione di un moderno umanesimo.
Fatte queste premesse di cultura politica, resta la domanda: perché siamo qui oggi? Che cosa ci ha spinti a Bertinoro?
Io rispondo così: perché avvertiamo l’esigenza e la maturità di una nuova risposta politica.
Non entrerò nella cronaca politica di questi giorni, della crisi del governo Prodi e della sua precaria ricucitura.
Mi serve solo per ricordare l’instabilità di un assetto politico che pure a partire dal ’92 abbiamo chiamato II Repubblica, ritenendo che eravamo entrati finalmente nella fase del bipolarismo e dunque della semplificazione e della stabilità delle maggioranze e dei governi, basati su un rapporto diretto di fiducia con l’elettorato.
Le cose non sono andate così. Sia dal punto di vista della moltiplicazione di partiti e partitini, sia della efficienza dei governi, da quello a larga maggioranza del centrodestra, a quella maggioranza risicata del centrosinistra. Da qui la necessità di completare la riforma costituzionale della forma di governo e della forma di stato e di riprendere in mano la legge elettorale. Questo sistema di bipolarismo coatto espone le maggioranze al ricatto delle componenti estreme e irrazionali. Una forza liberalsocialista che voglia affrontare le vere sfide di questo paese e i mille conformismi che lo condizionano, non dovrebbe temere una legge elettorale alla tedesca, anche con una severa soglia di sbarramento. Per questa via si potrebbe favorire la riarticolazione delle forze politiche italiane su uno schema più simile a quello prevalente in Europa. Non sta scritto nel libro del destino che un tale sistema porterebbe inevitabilmente alla costituzione di un centro politico opportunistico, capace di dominare su entrambi i fronti. È sbagliato continuare ad affidare il cambiamento del sistema politico italiano a vincoli istituzionali ed elettorali. Bisogna tornare alla politica. In Italia manca ancora a sinistra una forza politica capace di interpretare adeguatamente i cambiamenti della società e di offrire risposte dinamiche, che siano in sintonia con gli attori di questi cambiamenti, nel contempo garantendo una copertura di solidarietà attiva alle forze che rischiano di essere emarginate o di pagare prezzi umani e sociali ingiustificati.
La Rosa nel Pugno nel suo piccolo aveva incrociato questa domanda: l’incontro fra le battaglie radicali sui temi della laicità e dei diritti civili e le tradizionali istanze riformiste di giustizia sociale dello SDI, sembrava aver creato il nucleo della sinistra mancante. Parlo di una sinistra moderna, capace di unire il rigore nella spesa pubblica e nella pubblica amministrazione, la liberalizzazione dei mercati chiusi e protetti, la difesa decisa dei diritti individuali e una politica di welfare più dinamica, più universalista e più giusta.
Una sinistra capace di interpretare l’Italia dei giovani che vogliono una scuola e una università più qualificate, che vogliono abbattere le barriere delle baronie e delle protezioni corporative, che non vogliono restare intrappolati nel dualismo del mercato del lavoro. Una sinistra in sintonia con il protagonismo delle donne che vogliono liberarsi della “naturale” divisione del lavoro nella famiglia e nella società. Una sinistra che parli ai lavoratori qualificati che sanno che la loro prima difesa è nella loro professionalità, più che nell’egualitarismo di politiche sindacali ossificate. Una sinistra che si riconosca in quella parte del mondo professionale e intellettuale che è più consapevole della nuova dimensione internazionale su cui misurare capacità e sapere. Una sinistra che sappia conquistare la fiducia della borghesia non protetta e non protezionista, capace di sfidare la concorrenza internazionale in Italia e all’estero. Quella borghesia imprenditoriale che – a differenza delle grandi famiglie insediatesi comodamente nelle public utilità sta ancora una volta dimostrando capacità di reagire e di invertire la tendenza al declino della nostra economia.
Sono queste le forze cui dovrebbe guardare prioritariamente una moderna sinistra liberalsocialista. E sono queste anche le forze che si sentono orfane di un adeguato interlocutore politico e perciò sono tentate da uno spirito di rivolta o di rifiuto contro un mondo politico che avvertono come una entità autoreferenziale, lontana dai loro pressanti problemi. Da qui nasce l’antipolitica diffusa, contro la quale è inutile scagliare anatemi moralistici. Con Fedro dovremmo invece dirci: de te fabula narratur.
Ho detto prima che la Rosa nel Pugno sembrava aver costituito il nucleo iniziale di questa sinistra mancante. O almeno, molti di noi così l’avevano interpretata.
Ricordo il bel manifesto scritto in quel momento da Biagio De Giovanni e Luciano Pellicani. Ve ne riporto la sintesi, perché lo ritengo ancora pienamente valido, e lo proporrei, insieme al manifesto che abbiamo adottato come Associazione per la Rosa nel Pugno, quale base anche per la costituente che oggi intendiamo avviare. Il titolo del nostro manifesto è: “Laici, liberali in economia, radicali per i diritti civili, socialisti nel Welfare”. Lo trovate fra i materiali del nostro convegno. Eccovi invece la sintesi del manifesto di De Giovanni e Pellicani:
«L’Italia ha bisogno di una rivoluzione liberale, di una sinistra che metta al centro la cultura della libertà. La Rosa nel Pugno nasce per costruire il nucleo rovente di questo progetto che affonda le sue radici nella storia d’Italia, ma che è sempre stato soffocato, tradito, sconfitto e continua tuttavia a lavorare nel sottofondo della sua coscienza e nelle ragioni della sua storia. Come portarlo in alto, nella coscienza politica del Paese, ecco il compito. Come elevarlo a religione civile degli italiani, ecco una difficile e lunga battaglia.
Oggi il termine “riformismo” è utilizzato da tutti (a destra, a sinistra, dovunque) per non pronunciare le vere parole che scottano, che sono liberalismo e socialismo, radicalismo e laicità.
La battaglia della Rosa nel Pugno ha, dalla sua parte, non solo il senso di una diversa prospettiva, ma la necessità che si torni al confronto delle idee, proprio ciò che manca alla politica oggi.
Si tratta di affermare, in una Italia stanca e scettica, clericale e ossequiosa, eppure piena di umori vitali, una “religione civile”, per riprendere una espressione che fu di Mazzini.
Tanto tempo fa, a Rimini, i socialisti hanno parlato di “meriti e bisogni”, un tema tutto da riprendere e aggiornare sulle condizioni del presente. Dentro, c’era l’intuizione che l’individuo vuole liberarsi dal peso di una socialità incardinata su un cattivo egualitarismo.
Contro la sinistra ossificata, e come stimolo alle sue aree più sensibili, la Rosa nel Pugno intende proporre, e mettere al centro della propria strategia, una riforma dello Stato sociale.
Occorre un attacco duro e convinto alle corporazioni, agli ordini professionali, alla logica delle pansindacalizzazione, a tutto ciò su cui si impantanano le vitali energie delle nuove generazioni e si consolidano i privilegi di tanti.
Sono anni che l’Italia presenta questa anomalia storica: è l’unico Paese dell’Europa occidentale privo di un forte partito laico e socialista capace di porsi come una credibile alternativa alla destra. E’ ora di porre mano alla eliminazione di una tale anomalia.».
Purtroppo lo strumento della Rosa nel Pugno non si è dimostrato all’altezza di questo compito, forse sproporzionato per le sue forze.
Una associazione come la nostra, che non a caso chiamammo “Per la Rosa nel Pugno” si era ripromessa ancora a Montecatini nell’ottobre scorso di fare sbocciare la Rosa nel pugno nella sua pienezza, non come sommatoria di parti separate e reciprocamente diffidenti. Ma anche noi abbiamo dovuto arrenderci.
Siamo giunti alla conclusione che è necessario aprire un nuovo capitolo e proporre la costituzione di un più vasto soggetto liberalsocialista, del quale dovrebbero naturalmente essere parte attiva anche Sdi e Radicali, in un contesto, tuttavia, che non ripeta i vizi costitutivi della Rosa nel Pugno. Abbiamo perciò deciso di rivolgerci a quella più ampia area di forze laiche, liberali, socialiste, radicali e repubblicane, molte delle quali non si sono riconosciute nel progetto della Rosa nel Pugno o se ne sono allontanate per l’incapacità dei suoi promotori di dar vita a una formazione politica nuova, più inclusiva, democratica e partecipata. Anche perché, se è entrata in crisi irrecuperabile l’ipotesi del partito della Rosa nel Pugno, è invece aumentata, secondo noi, la domanda di una formazione politica liberalsocialista nettamente distinta dal campo della sinistra massimalista, neo o vetero comunista, ma anche distinta dal partito democratico anzi – come diciamo nel titolo di questo convegno - in competizione con esso, sul terreno di una sinistra a vocazione maggioritaria. Perché siamo in competizione e non dentro al processo del partito democratico? Potremmo rispondere con la lettera di Boselli a Fassino: perché lascia irrisolta la questione socialista e ripropone un compromesso storico in formato bonsai; perché sceglie di chiudersi in un ambito provinciale, fuori dal più vasto fiume del socialismo europeo; perché c’è una pericolosa liaison con le gerarchie cattoliche che impedisce un approccio laico ai temi bioetici e ai differenti stili di vita. Ma forse la risposta più esaustiva è perché non c’è abbastanza modernità, perché manca quell’autentico spirito liberale che è l’approccio necessario per interpretare le domande sociali di oggi e tentare di dare una risposta da sinistra, dopo che è fallita, ma non tramontata l’illusione berlusconiana. Saremo dunque a sinistra del Partito Democratico? Dipende! Saremo nettamente alla sua sinistra sui temi delle libertà, dei diritti civili, della laicità dello Stato. Saremo invece in concorrenza sui temi della modernizzazione della pubblica amministrazione, dell’economia e della società. Vincerà chi saprà meglio coniugare modernizzazione e giustizia sociale. Noi pensiamo che il riformismo debba avere il coraggio di cambiare molti degli assetti attuali, in tutti questi ambiti, liberando energie, premiando il merito, migliorando la capacità delle persone di essere soggetti attivi della dinamica sociale. Su questi temi noi vediamo gli equilibri del partito democratico posizionarsi su una linea più conservatrice di quella che noi abbiamo in mente. Se è così, chi sarà a destra e chi sarà a sinistra? Ma in fin dei conti questo è un problema nominalistico che non interessa la gran massa di cittadini che vogliono scuole, uffici e ospedali più efficienti, prezzi più equi dai servizi in concessione e più possibilità di trovare o ritrovare un lavoro quando l’abbiano perduto. Su tutti questi temi la sinistra che vogliamo deve innovare fortemente, senza temere di scontrarsi con i conservatori dello Stato sociale tradizionale, né con quel fondamentalismo di mercato che è diventata la nuova retorica di un neocentrismo accademico, troppo indifferente ai costi sociali dei più e troppo rispettoso delle grande rendite dei pochi.
E’ dunque evidente che noi non intendiamo assolutamente compiere un’operazione di risulta, con l’unico risultato di rappattumare tutti gli scontenti del Partito Democratico. Quella che vogliamo esercitare nei confronti del Partito Democratico non è una sottrazione, ma una competizione da sviluppare sul terreno dell’innovazione e della capacità di governare le sfide del nostro paese. Frustrazioni e risentimenti sarebbero solo cattivi consiglieri. Ne sanno qualcosa quelle forze socialiste che dopo Tangentopoli non hanno saputo elaborare il lutto, né far prevalere la ragione sul pur legittimo risentimento per le ingiustizie subite.
Su quali forze può contare un processo come quello che stiamo delineando? Prima di tutto sulle dinamiche sociali che ho ricordato e sulla forza delle idee.
Badate, questa non è una risposta di prammatica.
Bisogna davvero rilanciare un grande confronto ideale nel Paese, come quello che accompagnò il referendum sulla legge 40. Quel referendum e poi, sia pure in proporzioni più ridotte, la vasta area di simpatia che accolse la nascita della RnP, ben al di là dei risultati elettorali, dimostrano che c’è ancora una disponibilità e una voglia di fare politica fra tantissimi uomini e donne, soprattutto giovani, che bisogna saper incontrare e attivare. Chi ha confidenza con internet trova una ricchezza di dibattiti e iniziative stupefacente. E poi ci sono circoli, associazioni, club (basta vedere quanti se ne sono registrati per questo convegno) e questa è la nostra principale risorsa!
Ma procediamo con ordine.
Lo Sdi è il primo interlocutore partitico cui è rivolto il nostro discorso. Della diaspora socialista è rimasta la forza più importante e strutturata, che ha mantenuto accesa la fiamma dell’autonomia socialista, stabilmente all’interno del centro sinistra. Del fallimento del progetto partitico della RnP, anche lo Sdi porta precise responsabilità, quanto meno perché non ha saputo reagire all’iperattivismo radicale con una analoga iniziativa di matrice socialista, attivando i canali della elaborazione di tecnici ed intellettuali di area, capaci di dare più spessore e rotondità al progetto della RnP.
Ma lo Sdi aveva una carta di riserva importante da giocare e mi pare stia decidendo finalmente di giocarla con determinazione. L’unica via di uscita dalla crisi della RnP può essere per lo Sdi solo la scelta di effettuare un rinnovamento generale e profondo. Boselli parla di una Costituente socialista “aperta a tutti: progressisti, liberali, laici, radicali e ambientalisti, che non si ritrovano nel Partito democratico così come si va costruendo”.
È una scelta altamente impegnativa per un partito che in questi anni ha subito un forte indebolimento in molte aree del paese, a cominciare da quelle più moderne e sviluppate. Una scelta che se vuole essere coerente e non ridursi alla mobilitazione dell’orgoglio Sdi o alla semplice ricucitura di una parte della diaspora ex Psi sotto l’insegna dell’unità socialista, richiede novità di idee, di programmi, di organizzazione e di gruppi dirigenti. Sarebbe un vero disastro se si prestasse il fianco a una interpretazione della costituente come una operazione nostalgia degli anni belli e gloriosi della Prima Repubblica. Una riflessione storica revisionista di quegli anni e in particolare delle storie socialiste e comuniste è già avviata, ma noi non dobbiamo costruire né un club di storici, né di reduci.
Questa scelta pone comunque alle strette anche le altre componenti della diaspora socialista, dai socialisti di Bobo Craxi e Zavettieri, al nuovo Psi di De Michelis e ai tanti socialisti ancora dispersi nell’area del centro destra.
Noi crediamo che la costituzione di una nuova sinistra laica e liberalsocialista interpelli, anche personalmente ognuna delle compagne e dei compagni che stanno nel centro-destra dichiarandosi tuttora socialisti. Non si tratta di demonizzare il centro destra, né di contrapporre berlusconianamente il polo del bene al polo del male. Tuttavia la nascita della formazione che qui proponiamo e la Costituente aperta da Boselli dovrebbe ormai porre di fronte al punto estremo della coerenza e della identità politica e culturale le compagne e i compagni di storia socialista e tutti gli autentici liberali che stanno nel centro destra. Confidiamo che tanti di loro vorranno cogliere la novità dei processi che si aprono.
Intanto domani saranno qui alla tavola rotonda finale esponenti importanti di diverse formazioni socialiste.
Li ascolteremo con attenzione. Sentiremo cosa pensano delle analisi e delle proposte che stiamo mettendo a fuoco col nostro dibattito.
Ma anche questa ipotesi di Costituente, guarda oltre le forze socialiste organizzate e non organizzate. Mi riferiscono in primo luogo ai radicali, perché veniamo dall’esperienza comune della RnP. Come vorranno collocarsi in confronto a questo processo? Avevamo chiesto a Rita Bernardini come segretaria dei Radicali italiani di portare la voce radicale alla tavola rotonda di domani. Non ha accettato. Non ci sarà neppure Daniele Capezzone, cui avevamo proposto di portare un contributo nel dibattito di oggi. So che sono presenti altri compagni radicali in questa assemblea. Sarà interessante sentire il loro punto di vista, ma proprio perché abbiamo alle spalle la RnP e io stesso sono stato eletto in Parlamento in quota radicale, credo di dovere qualche parola in più sui Radicali. Sullo stato dei Radicali ha scritto un articolo lucidissimo Adriano Sofri su Il Foglio” mercoledì scorso, ben illustrando la loro storia unica e inconfondibile, segnata dalla personalità eccezionale ma piena di contraddizioni di Marco Pannella.
I radicali e Pannella, in primo luogo, avevano la grande occasione con la Rosa nel Pugno di trasferire la loro storia in un alveo nuovo e più grande. Pannella poteva essere il traghettatore del PR, garantendone al contempo la salvaguardia del patrimonio ideale. Poteva traghettare il PR in una formazione politica che nutrisse l’ambizione di giocare alla grande dentro la crisi e la riorganizzazione della sinistra italiana, rinunciando a gestire il soggetto radicale come un piccolo patrimonio personale. Ha prevalso invece l’antico riflesso di autoconservazione. I Radicali si trovano così con un partito politico più piccolo, in crisi e senza una strategia. Noi continuiamo a sperare che i Radicali rinunceranno all’autoisolamento e vorranno entrare in questo progetto.
Ma il nostro discorso si rivolge anche alle formazioni liberali, socialdemocratiche e repubblicane. Anche in questi campi politici abbiamo assistito dopo il ’92 a lacerazioni e scelti divaricanti, in alcuni casi corrispondenti a contrapposte collocazioni strategiche. Noi tuttavia pensiamo che una forza laica e liberalsocialista possa contare anche su quanti provenienti da queste culture politiche vogliano continuare a sinistra il loro impegno politico. Dobbiamo pensare ad una formazione non bloccata da contrapposizioni che ripetano schemi del passato. Il grande alveo del socialismo riformista e liberale può contenere non solo – questo è ovvio - le componenti socialdemocratiche, ma qualche quelle repubblicane e liberali, di cui ascolteremo qui alcuni amici e compagni.
Non voglio però sottrarmi a questo punto a quello che è considerato il tema più caldo e politicamente più intrigante: il rapporto con quanto avviene nei Ds e specificamente con i compagni che hanno annunciato la loro intenzione di non confluire nel partito democratico, se questa sarà la scelta del prossimo Congresso dei Ds.
Non siamo qui a sollecitare rotture e scissioni, ma non possiamo neppure accettare la discriminazione verso i compagni della minoranza diessina che ci ha quasi intimato Michele Salvati sul Riformista nei giorni scorsi. Ha ragione Macaluso quando gli ha fatto notare che, casomai, il depositario dell’orgoglio comunista è D’Alema prima di Mussi e che non si capisce perché i compagni del cosiddetto “correntone” che rivendicano di poter continuare il loro impegno dentro una forza che stia nel socialismo europeo – si badi, non nella Sinistra Europea! – sarebbero una pericolosa minaccia per la costituente liberalsocialista, mentre starebbero completamente a loro agio nel Partito Democratico.
Dobbiamo fare un discorso di verità e penso di essere nelle condizioni di poterlo fare dal momento che vengo da una lunga militanza nel Pci-Pds-Ds, durante la quale non sono mancati contrasti anche aspri con molti dei compagni, ma non con tutti, che hanno firmato le mozioni di minoranza del Congresso Ds.
Prima di tutto in qualunque partito del socialismo europeo convivono posizioni che potremmo definire più liberal ed altre più radicali, a cominciare dal Labour, che pure è il partito che più ha innovato la cultura socialista e socialdemocratica in questi anni, spostando significativamente verso il centro la barra delle forze socialiste europee. In secondo luogo non si deve leggere il dibattito di oggi con gli occhiali del passato. Il confronto va aggiornato, dai temi dell’ecologia su scala globale a quelli del governo dei cosiddetti “beni pubblici mondiali”. In terzo luogo voglio ricordare la forte convergenza che c’è fra tutte le forze politiche e culturali che abbiamo finora evocato, e i compagni delle minoranze Ds sui temi della laicità e dei diritti civili. Data la loro rilevanza e la forzata ambiguità del Manifesto del Partito Democratico su tali questioni, siamo di fronte ad una comunanza di idee che non va assolutamente sottovalutata.
Queste considerazioni non mi fanno velo nel riconoscere che probabilmente su altri temi, dalla politica estera, così come sarà illustrata qui da Alberto Benzoni, alla riforma del Welfare, di cui alle relazioni di D’Alfonso e Giubileo, potranno emergere differenze anche significative, in confronto all’asse nettamente liberalsocialista che ho inteso marcare con questa mia relazione. Se il processo andrà avanti avremo modo di evidenziare le basi comuni e anche le differenze che emergeranno. A quel punto si potrà capire se saranno compatibili dentro ad un comune soggetto politico. Non vogliamo certo usare la parola socialismo europeo come un passepartout che copra la mancanza di scelte programmatiche chiare e impedisca l’eventuale organizzazione di aree diverse, dentro una funzione che non potrà non essere pluralistica.
Ma ciò dipenderà molto anche dalle iniziative che intanto le forze più riformiste, a cominciare dallo Sdi, sapranno mettere in campo. Per quanto ci riguarda noi siamo qui riuniti – associazioni, circoli, club, fondazioni dell’area laica liberalsocialista, giovani socialisti dell’Fgs – per fare la nostra parte.
Vi propongo di dar vita, qui, oggi, ad un Comitato Promotore della costituente. Sia chiaro, non vogliamo mettere il cappello sulla poltrona, impadronirci di un progetto di cui possiamo essere solo una parte e non il tutto. Né tanto meno compiere una furbesca operazione mediatica. Ma intanto che lo Sdi svolge il suo congresso e definisce le sue idee sulla Costituente, intanto che gli altri soggetti socialisti e le altre formazioni politiche decidono le loro scelte, intanto che si sviluppa il confronto nei Ds, noi ci mettiamo in moto. Dobbiamo uscire da questo convegno con un comitato largamente rappresentativo dei soggetti che si riconoscono in questa iniziativa e sollecitare la nascita di comitati di questo genere in tutte le città e le province, senza schemi rigidi e prefissati, facendo affidamento su tutti coloro che hanno davvero voglia d’imbarcarsi in una operazione ambiziosa, coraggiosa e certo anche a rischio d’insuccesso. Né schemi rigidi, né quote, né diritti acquisiti. Chiunque si riconosca nel progetto deve ritrovarsi in un comitato unitario in cui contino solo le idee, la capacità d’iniziativa e la presenza effettiva di chi lavora e s’impegna. Quello che fa la differenza è il riconoscersi o meno nel progetto. Per questo propongo che uno dei primi obiettivi del Comitato nazionale sia la elaborazione di un Manifesto che, utilizzando anche i materiali di questo convegno, contribuisca a definire ulteriormente l’identità della formazione politica che vogliamo costruire. Poi vedremo come questo movimento si raccorderà con le forze politiche più organizzate e su quali regole costruiremo questo nuovo soggetto politico. Questo delle regole sarà uno dei temi più delicati e decisivi che dovremo rapidamente affrontare, per questo penso che un secondo compito del comitato dovrebbe essere quello di aprire un dibattito approfondito sulla crisi dei partiti politici e sul rinnovamento delle forme della politica e della partecipazione.
Ci deve far riflettere il fatto che anche nel Partito Democratico il dibattito sul modello organizzativo oscilli fra ipotesi da tabula rasa e l’accrocco per quote dei partiti politici confluenti e dei loro gruppi interni. Dobbiamo mettere a frutto quel dibattito anche per quanto riguarda noi stessi.
Teniamo presente che a questo fine sarà decisivo anche il rinnovamento dei gruppi dirigenti. Dobbiamo essere consapevoli che i giovani e le persone che noi vorremmo riavvicinare alla politica non si emozionano a vedere le facce dei soliti noti, a cominciare, per evitare ogni equivoco, dalle nostre.
Un terzo compito del Comitato nazionale dovrebbe essere quello di individuare alcuni temi su cui lanciare immediatamente delle campagne nazionali: penso per esempio ai temi della pubblica amministrazione e alla proposta di legge che abbiamo elaborato con il professor Ichino, ai DiCo e ai temi dei diritti civili, che corrono il rischio di un ulteriore arretramento dopo la rinnovata fiducia al governo Prodi; penso infine al tema delle pensioni e del mercato del lavoro, che saranno al centro delle prossime trattative fra il governo e le parti sociali e che ci possono offrire l’occasione per sostenere anche da sinistra un nostro diverso punto di vista.
Mi fermo qui. Spero, con questa introduzione, di aver offerto la cornice, o meglio la piattaforma su cui si possa sviluppare il nostro dibattito. Abbiamo detto all’inizio che questo è un incontro senza rete. Siamo qui in tanti e diversi. Facciamo dunque uno sforzo per avvicinare i nostri linguaggi e capire ciò su cui siamo d’accordo prima di cercare quello che ancora ci divide! Mi auguro che vorremo farlo, rinunciando ognuno ai particolarismi, alle rivendicazioni identitarie e ai piccoli orgogli di organizzazione. Non è tempo di orgoglio per nessuna forza politica. Fra di noi sarebbe addirittura grottesco. Partiamo con una grande ambizione: promuovere la Costituente di un nuovo partito. Ma qui a Bertinoro siamo appena alla fase in cui il pulviscolo comincia ad addensarsi e tenta di consolidarsi in un primo nucleo. Teniamo ben ferma la consapevolezza della fase in cui siamo e delle forze che al momento rappresentiamo!

Auguri a noi tutti.

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BERTINORO 3-4 MARZO 2007

I rappresentanti delle Associazioni e dei Circoli che hanno partecipato a Bertinoro al convegno “Per una Costituente Laica Liberalsocialista” esprimono la volontà di mettere in moto un processo che porti alla costituzione di un soggetto nuovo, autonomo e fondato sulla cultura laica, liberale, liberalsocialista, radicale, repubblicana e socialista per operare un profondo rinnovamento nelle Istituzioni del Paese e ripristinare la centralità del ruolo della politica.

Riconoscono che i soggetti operanti nel sistema politico, in vario modo, stanno manifestando una rinnovata consapevolezza del bisogno di riaggregare un vasto campo di forze in grado di incidere sulla realtà politica italiana.

L’assemblea riunita a Bertinoro, valutati:
- l’impegno maturato in questi anni dalle diverse forze del socialismo italiano e la tenacia e generosità di tanti circoli e associazioni liberali, radicali e repubblicani che hanno mantenuto integra la loro identità;
- la volontà manifestata da numerosi soggetti politici, di lavorare per una formazione collocata nel socialismo europeo;
- le molte iniziative di aggregazione laico-riformista in atto in numerose regioni e province italiane;
- i fermenti in essere nella società che cercano nuove forme di partecipazione;

- conferma la validità del processo di aggregazione in un unico soggetto politico liberalsocialista
- assume a base dei lavori la relazione di Turci, le comunicazioni e i documenti presentati nel corso dell’assemblea di Bertinoro.

A tal fine, i rappresentanti dei Circoli e delle Associazioni che si sono riuniti a Bertinoro decidono di dare vita ad un’Assemblea permanente, composta dai soggetti sottoindicati, e dagli altri che vorranno successivamente aderire: …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
con il compito di promuovere prioritariamente la costituzione di comitati in sede locale.

L’Assemblea permanente dovrà altresì predisporre un manifesto d’intenti che rappresenterà l’identità del processo costituente.
L’Assemblea permanente promuove da subito un dibattito sulla crisi della politica e dei partiti per la mancata soluzione dei problemi della democrazia interna, della trasparenza dei processi decisionali e degli eccessivi costi della politica. In questo ambito sarà affrontato anche il tema della forma partito e delle sue regole, ponendo al centro della discussione l’inserimento e la valorizzazione delle nuove generazioni per favorire il ricambio della classe dirigente.
L’Assemblea permanente svilupperà la propria iniziativa verso i partiti e le organizzazioni politiche che ne condividono le finalità, per sollecitare un loro ruolo attivo in questo processo che deve portare al superamento delle attuali forme partitiche.
L’Assemblea promuoverà iniziative sui temi della laicità e dei diritti civili, della riforma della Pubblica Amministrazione, della lotta alle corporazioni e della riforma dello stato sociale.
I rappresentanti delle associazioni e dei circoli auspicano che alle prossime elezioni amministrative siano presentate liste largamente rappresentative delle forze laiche, liberali, radicali, repubblicane, socialiste.
I rappresentanti delle associazioni e dei circoli affidano alle organizzazioni promotrici del convegno di Bertinoro il compito di coordinare in questa fase i lavori dell’Assemblea permanente.



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Le ragioni ideali e politiche per la costituzione di una forza laica liberalsocialista-ecologista in grado di affrontare i problemi planetari del terzo millennio

Contributo al dibattito di Luigi Fasce
Bertinoro 3-4 marzo 2007
Tutto è nato nel 1989 dalla disintegrazione dell’URSS nata dall’ideologia marxista.
Ma mentre ci si sarebbe dovuto aspettare una ricomposizione delle cosiddette tre culture riformiste, quella cattolica, liberale e socialista dopo quasi venti anni di tira e molla ulivista, invece di trovarci tutti in un grande partito socialdemocratico, ci siamo ritrovati davanti alla porta del Partito Democratico i cui cardini sono il liberismo delle multinazionali sotto regia globale di WTO, Banca Mondiale, Fondo Investimenti Internazionale e il conservatorismo cattolico.
Per ben 15 anni alla liquidazione del comunismo si è voluto liquidare anche la socialdemocrazia.
La costituzione del Partito Democratico, così come si sta realizzando tra DS e DL-Margherita, si vorrebbe completare la liquidazione.
In Europa occorre certamente ottimizzare il sistema socialdemocratico che si deve porre come modello politico alternativo al sistema liberistico USA.
Sistema politico liberista puritano con connotato di darwinismo sociale USA rimasto inalterato costantemente nel tempo, dalle origini costitutive (1787) e fino ai giorni nostri pur nell’alternanza al potere politico tanto dall’incompassionevole Partito Repubblicano tanto dall’insufficiente compassionevole Partito Democratico made in USA.
Dunque sistema politico in cui il principio di Libertà è stato declinato, appunto, in senso liberista non temperato da Giustizia Sociale a dispregio del primo capoverso della Dichiarazione d’ Indipendenza (1776) là dove afferma: “Riteniamo assiomatiche queste verità: che tutti gli uomini furono creati uguali;”.
Si socialdemocratizzi il Partito Democratico USA e non si voglia invece democraticizzare liberisticamente qui da noi in Italia (con l’aggravante del rigurgito teodem cattolico) lo smorto epigono dell’Ulivo.
Dobbiamo sperare, specie dopo l'ecatombe delle tween towers, del cataclisma di New Orleans, l’unilateralismo guerrafondaio e l’escalation degli armamenti atomici del governo Bush, la disoccupazione dilagante, la ri-schiavizzazione dei lavoratori (senza distinzioni di colore e di sesso), l’abissale debito pubblico, che i cittadini degli USA prima o poi si decidano di temperare il rigore liberistico del loro sistema, spingendo il Partito Democratico su posizioni Europee decisamente più solidaristiche. Se non lo riescono a fare per altruismo lo facciano almeno per spirito di sopravvivenza.
Tuttavia anche in Europa dobbiamo darci da fare non poco. Mantenuta in passato saggiamente la via moderata di centrosinistra che ci ha evitato la caduta nel sistema ugualitario (statalista) comunista, attualmente c'è la tentazione di sterzare tutto a destra con conseguente caduta nel modello liberistico amerikano. Resistere, resistere e ancora resistere per qualche tempo ancora in difesa della nostra Carta Costituzionale, essenzialmente liberalsocialista e non farci trascinare dalla deriva del liberismo cominciata con il Governo Prodi-D’Alema-Amato), perseguita dal Governo Berslusconi e a grave rischio di continuità con l’attuale governo Prodi se la nostra sinistra non rinsavisce

Oggi noi siamo qui a Bertinoro per questo, per fare rinsavire la sinistra.

Imperando finora la confusione sui principi e valori comuni alla liberaldemocrazia tanto guidata alternativamente dalla Destra tanto guidata dalla Sinistra (per usare ancora questi vetusti ma vitali indicatori di identità politica) ci dobbiamo assolutamente fare carico di ridefinire convergenze e divergenze tra il sistema di valori, principi e idee guida che connotano i partiti dell’Unione da quelli del polo di centrodestra.
Sono moderati coloro che propugnano il liberismo, sono moderati coloro che propugnano con intransigenza che si ritorni all’assolutismo religioso, nella fattispecie, per quello che ci riguarda direttamente, quello della religione cattolica ?

A tale riguardo, molti sono oramai i cittadini affaccendati nel quotidiano che hanno perso la bussola politica. L'espressione corrente di questi normali cittadini è “siete tutti uguali”. Significativo indicatore di grave disorientamento politico.
E' responsabilità estremamente grave delle forze politiche di sinistra non aver saputo impedire la diffusione di questa errata convinzione qualunquista. A questo riguardo abbiamo perso tempo prezioso in questi ultimi 20 anni. Il nostro primo obiettivo ora deve essere quello di impegnarsi a erodere fino alla sua dissoluzione questo pervicace atteggiamento antipolitico collettivo.


Ci proveremo ! Quali le difficoltà ?


E' solo un problema di comunicazione ? Evidente che no.
La comunicazione c'entra prepotentemente sempre, ma a seconda di cosa si vuole comunicare.
Se si vuole ossessivamente comunicare la ricetta neoliberistica che suadente promette il “sogno americano” in cui tutti possono diventare ricchi, ma senza dire che il sistema liberistico all'amerikana lascia una lunga scia di diseredati dietro di sé. Non parlo di quelli del terzo mondo, parlo di cittadini americani di New York che dopo 6 mesi di disoccupazione e senza copertura mutualistica possono morire per mancanza di cure adeguate! Il ragazzino che muore per un ascesso dentario è notizia giornalistica di questi giorni.

Oppure vogliamo comunicare altro ? Che abbiamo, pur con tutte le magagne che sappiamo, il welfare pubblico (scuola e Sanità), uno tra i più adeguati del mondo e che pur tuttavia può ridursi a un suo pallido simulacro nel giro di 10 anni se lasciamo mao libera alle politiche liberiste e liberismo e all’azione erosiva della scuola e sanità pubblica da parte della cattolica Compagnia delle Opere.

Ai bei tempi della prima repubblica i poli di aggregazione politica in Italia erano tre: Centro-Sinistra (DC-PSI-PRI) - Destra (MSI) - Sinistra (PCI).

Da circa 10 anni ci sono due coalizioni poliste coatte in cui all’interno di ognuna regna l’indistinta eterogeneità. Da parte nostra pare che siamo arrivati finalmente al capolinea del bus prodiano.
Con l’attuale legge proporzionale “porcata” o con una nuova legge proporzionale alla tedesca, potremo alle prossime elezioni ristabilire l’ordine identitario politico negato truffaldinamente in questi ultimi 10 anni.
Credo di essere uno dei pochi che ha insistito (confortato da Bobbio)che le ideologie non sono morte. Che è molto pericoloso se queste non vengano esplicitate. Per 10 anni l’establishment ulivista prodiano sostenuto dal silenzio della sinistra ha parlato sempre di programmi mai di identità ideologiche.
Ora però siamo al dunque. Nell’Unione si parano innanzi tre contenitori:
Partito Democratico (egemonizzato dal pensiero cattolico)
Partito Socialista liberaldemocratico (il nostro)
Sinistra radicale o massimalista o alternativa
Dobbiamo come liberalsocialisti, noi che avremo la responsabilità di trovare soluzioni concrete per riformare il capitalismo senza annullarlo, di invertire la tendenza liberista e per fare questo in prima battuta cercare stabilire velocemente dove è la linea di demarcazione tra liberismo (di destra) e liberalsocialismo (di sinistra).
Stabilire in maniera chiara cosa significa liberalizzare e cosa significa privatizzare e perché liberalizzare cosa e perché privatizzare cosa.
Lo stato sociale non si svende – resta pubblico e universale - così come resta laica e pubblica la scuola, neanche a parlare di scuola integrata tra pubblico e privato come già proclamato dal regressivo “manifestino” del PD. Così come devono essere mantenute la salvaguardia dei diritti dei cittadini occupati e disoccupati, così come allargare quanto più è possibile la sfera dei diritti individuali, così come assumerci pienamente – cittadini del terzo millennio - il carico di tutelare la quarta generazione dei diritti, il diritto della tutela dell’ambiente.
Non vogliamo che la società panciuta rappresentata simbolicamente dalla figura geometrica dell'Uovo, così diventata per politiche nazionali in favore dei cittadini, ridiventi in breve tempo nuovamente Piramide ! in bassotantissimi sotto la soglia della povertà, tanti intorno alla soglia della povertà, pochi benestanti al centro e pochissimi ricconi in alto.
In quelle condizioni rispunterebbe inevitabilmente la posizione estremistica di sinistra. Con la lotta di classe prima si muore e poi una volta realizzata la società di tutti uguali questi tutti uguali si spartiscono la miseria con obbligo di adunata oceanica per acclamare il “caro leader”.
Occorre urgentemente ridefinire l'identità moderna del centrosinistra sulle basi della laicità-e del liberalsocialismo a tutela dell’ecosistema e del welfare (pubblico e universale).
Noi laici-liberalsocialisti-ecologisti a livello planetario abbiamo di fronte i seguenti problemi:
- esplosione demografica (6 miliardi e mezzo con tendenza a aumentare senza un piano di contenimento planetario)
- -catastrofe ecologica annunciata (assottigliamento, aumento CO2 dell’ atmosfera terrestre)
- proliferazione armamento atomico in assenza di alcun accordo –vedi disdetta unilaterale da parte di USA di SAL 2 tra ex URSS e USA (1992)
- alto rischio di contaminazione nucleare (incidenti ai reattori nucleari e ai siti di stoccaggio residui nucleari)
- dilagante disoccupazione nel mondo occidentale prodotta del sistema liberista globale che non prevede regole e vincoli alle Multinazionali.
- tracollo imminente del welfare universale europeo.
Sono in molti – cosiddetti moderati – a ritenere i No-global dei pericolosi estremisti che vogliono abbattere il sistema capitalistico e fare risorgere dalle ceneri il sistema dell’uguaglianza coatta.
Personalmente li ritengo i segnalatori dei mali planetari sopra individuati.
Magari presentano con malagrazia il sintomo della malattia che non sanno curare, però lo segnalano, e siamo noi che dobbiamo sapere mettere in atto le cure, noi che ci fregiamo di essere assennati riformisti. Bella responsabilità che ci troviamo sulle spalle ma non la possiamo delegare a nessun’altro. Forse sarà bene cominciare a sapere cosa fa attualmente l’Internazionale Socialista per questi cercare di risolvere problemi a livello ONU, WTO, Banca Mondiale, Fondo Internazionale, Governi amici. Magari sarebbe il caso di far conoscere quanto deliberato su questi temi al recente congresso di Lisbona.
Noi dobbiamo essere continuatori di soluzioni già individuate e almeno qui in Europa già attuate dal primo dopoguerra fino agli anni 80.
Ecco un breve elenco di questi liberalsocialisti che ci hanno consegnato una Europa umana.
Keynes (L’economia classica da sola non risolve i problemi del mondo),
Beveridge (dovremmo deciderci a sanare la disoccupazione senza la guerra),
Meade (Cogestione e democrazia industriale: terza via fra socialismo e capitalismo)
Bernstein (Bad Godesberg, il socialismo nel Novecento ricominciò così - 1959)
Guido Calogero (liberalismo e socialismo, quell’intreccio profondo)
Calogero – Capitini (Il manifesto liberalsocialista - 1941)
Spinelli (Europa Unita)
e passiamo a alcuni Autori del tempo presente che possono aiutare a trovare soluzioni per il riformismo del capitale mondiale
Sylos Labini (La cogestione e la riforma del capitalismo)
Ruffolo (I paradossi della crescita …)
Sartori (il capitalismo è cieco)

Basta con lo strisciante regime liberista che dura da più di un ventennio (più o meno come quello fascista), riprendiamo il filo rosso della socialdemocrazia di strada). Di portatore di cambiamento in senso di liberalizzazione e ammodernamento del groviglioso apparato statale, non più vissuto dal cittadino come rete di sicurezza ma come vincolo incatenante. Poco importa se ogni mirabolante promessa in realtà non sarà poi mantenuta. Dobbiamo e estendiamolo in tutto intorno al mondo.
Paradossalmente, ma non troppo, il centro destra, con Berslusconi, si è aggiudicato nella maggioranza dell'opinione pubblica la qualifica di innovatore (mediante l'uso propagandistico massiccio della comunicazione audiotelevisiva e martellamento continuo di immagini e slogan ad effetto mediante manifesti cubitali in ogni angolo constatare che il polo di centrodestra le penultime elezioni su queste “suggestioni” le aveva vinte.
Noi le ultime elezioni del 2006 abbiamo vinte sul filo di lana e sappiamo le recenti traversie del Governo Prodi
Se Prodi snellirà e semplificherà l'apparato burocratico statale e riuscirà a far funzionare i servizi pubblici in termini di qualità ed efficacia, senza minare le basi solidaristiche che la Carta Costituzionale italiana garantisce a tutti, possiamo ancora sperare beneper le prossime elezioni, che, ci auguriamo, tardino a venire
Oggi ottimizzare il modello socialdemocratico essenzialmente vuol dire mettere al centro del sistema la persona umana, quindi, dare più spazio alla sfera delle libertà individuali, fornendo al cittadino opportunità di sviluppo della personalità al fine di poter attuare in concreto la realizzazione dei propri desideri e la possibilità di manifestare la personale creatività e espressività corporea. In un clima di sicurezza e giustizia sociale. La Pubblica Sicurezza in Democrazia è bene da tutelare sopra ogni altro valore. "C'è chi usa la sicurezza per spingere all'intolleranza, c'è invece chi crede che la sicurezza sia alla base della libertà." (Nando Dalla Chiesa)
La struttura statalista (centralistica) che si avvia a diluirsi virtuosamente nel modello federalista (regionalizzazione) dovrà porsi veramente al servizio del cittadino. Oltre ai tradizionali servizi finalizzati a dare riposte ai bisogni di salute, istruzione, deve sollecitare nel cittadino la dimensione della responsabilità e della autorealizzazione.Sburocratizzazione delle procedure, sfoltimento delle leggi, agevolare e non contrastare il cittadino nel corso della sua affermazione in ogni campo della vita: familiare, lavorativa, ricreativa, culturale, sportiva, ecc. Per ottenere tutto questo però bisogna passare dalla cultura giuridica (prescrizione formale) alla cultura della Organizzazione e al posto di molti amministrativisti immettere nella Pubblica Amministrazione sociologi, psicologi, comunicatori, informatici.)
Per finalmente concludere.
La chiarezza di ideali, valori in politica e principi costituzionali che abbiamo individuato vogliamo tradurli in azione concreta e siamo qui proprio per questo, vogliamo farci propugnatori dell’atto costitutivo di questa forza politica laica liberalsocialista, che possiamo indicare con un nome: PARTITO SOCIALISTA LIBERALDEMOCRATICO
Bibliografia essenziale per il recupero della cultura politica liberalsocialista-riformista
1)Nadia Urbinati e Monique Canto-Sperber – Liberal-socialisti il futuro di una tradizione. Marsilio Venezia 2004
2) Paolo Sylos Labini e Alessandro Roncaglia (a cura di) – Per la ripresa del riformismo.
l’Unità. Nuova Iniziativa Editoriale Milano 2002 (edizione non vendibile separatamente da “l’Unità”)
















Socio fondatore del Gruppo di Volpedo e del Network per il socialismo europeo .