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EVENTI

TITOLO

PROGETTO PER LE LIBERTA’ L’intervento conclusivo di Enrico Boselli

 

Convenzione laica, socialista, liberale e radicale Fiuggi 23-25 settembre 2005

DATA

25/09/2005

LUOGO

Fiuggi

Socialisti e radicali hanno deciso di passare dal 'Patto di consultazione' alla creazione di un vero e proprio coordinamento politico. Si tratta di una decisioni che nasce non solo dalla nostra storia, dalla nostra tradizione e dalle battaglie comuni che abbiamo fatto, ma anche dalle convergenze che abbiamo raggiunto sul terreno politico e programmatico. Con il documento, presentato come base di discussione, abbiamo indicato il nostro comune retroterra politico e culturale. Lo abbiamo fatto riferendoci a grandi personalità del mondo liberale riformatore e di quello socialista democratico. In questo testo non ci sono solo affermazioni di principio, ma anche un primo pacch! etto di proposte concrete, sulle quali ci impegneremo nella nostra azione politica e parlamentare. Sono temi di grande rilevanza che vanno dal divorzio breve ai PACS, da una nuova disciplina sulle droghe all'eutanasia, dalla difesa della scuola pubblica e statale all'abolizione dei titoli di studio a livello universitario. Sottoporremo questi temi all'Unione perché vengano messi in discussione in vista dell'elaborazione del programma comune.Ora si apre per tutti noi, socialisti e radicali, una nuova fase nella quale dobbiamo costruire un soggetto politico federato che avrà la sua prima prova alle elezioni politiche. Radicali italiani e socialisti uniti possono costruire in Italia una novità politica di notevole rilievo.Noi lavoriamo per fare del centro sinistra una grande coalizione per le libertà, in contrapposizione al centro destra che è stato nei fatti una coalizione illiberale. Rispetto al 2001, quando Berlusconi ha preso la guida del Governo, l'Italia è men! o libera, meno sicura e meno ricca.
Il centro destra non si è impegnato per attuare la libertà di tutti. Si è occupato e preoccupato solo di garantire la libertà di pochi, anzi di pochissimi. E chi sono questi pochissimi? Sono il ristretto circolo famigliare e di amici, raccolto attorno agli interessi del presidente del Consiglio.
L'esempio illiberale più illuminante consiste proprio nella concentrazione politica, economica e mediatica che si è creata attorno a Berlusconi. Le concentrazioni di potere sono l'opposto del pluralismo che è il principale fondamento della democrazia liberale. Essere liberali, oggi in Italia, significa essere contro le destre. Le destre al potere non hanno fatto nulla, assolutamente nulla, per assicurare pluralismo e concorrenza.
Anzi, quello che hanno fatto è andato in una direzione che è esattamente opposta: nel campo delle utilities, nell'energia elettrica, nelle telecomunicazioni e nel mercato del gas e persino in quello dell'acqua, non è stato fatto nulla che potesse creare una situazione di reale concorrenza;
nel campo dell'informazione, non solo si è mantenuto l'attuale duopolio ma lo si è trasformato in un monopolio politico, nel quale Berlusconi controlla come proprietario, Mediaset, e in quanto leader della maggioranza, la Rai;
nel campo delle assicurazioni non si sono create regole che infrangessero quello che è un vero e proprio cartello oligopolistico che da tempo si è creato e che da tempo danneggia fortemente i consumatori;
nel campo delle professioni - nonostante tanti buoni propositi - non si sono neppure scalfite le chiusure corporative che di fatto bloccano l'accesso ai giovani.
Infine invece di potenziare l'antitrust, si è fatta una scelta, come quella della nomina dell'ex sindaco di Bologna, che nulla ha a che vedere con le competenze che sono necessarie a questa alta autorità indipendente.Da come si è governato appare del tutto improprio che il centrodestra si chiami 'Casa delle libertà'. Sarebbe più semplice chiamarla 'Casa di Berlusconi'. Non bisogna, quindi, meravigliarsi che molti liberali, che pure avevano creduto negli annunci eclatanti di Berlusconi, siano rimasti delusi e dimostrino sempre meno voglia di votare per il centrodestra.Sarebbe sbagliato, quindi, da parte dell'Unione interpretare i cambiamenti di opinione, i mutamenti di umore e il rovesciamento di convinzioni avvenuti, solo come un'ondata di opportunismo.
Certo vi sarà anche chi, come diceva Ennio Flaiano, corre in soccorso del vincitore.
Ma c'è una spiegazione diversa. È stato il cambiamento avvenuto nell'orientamento dell'opinione pubblica, di settori dell'elettorato e anche di parti di classe dirigente, a creare quel consenso aggiuntivo che ha consentito al centrosinistra nelle recenti elezioni regionali e amministrative, di avere la maggioranza nel Paese.Non bisogna, quindi, considerare coloro che aderiscono al centrosinistra come una sorta di "pentiti" che hanno commesso il crimine di sostenere Berlusconi. Non è certo immaginabile che metà dell'elettorato che lo ha votato - come ha scritto in un corsivo Europa, il quotidiano della Margherita - sia stato a libro paga di Berlusconi. Il cambiamento avvenuto non può essere ricondotto ad una sola interpretazione. Come ha riconosciuto lo stesso Romano Prodi, non si tratta solo di fenomeni di opportunismo individuale che pure esistono. La vicenda delle compagne e dei compagni del Nuovo PSI è un esempio di un mutamento di coll! ocazione che è riconducibile a un percorso assai complesso. Non si possono, infatti, dimenticare quante sofferenze e quanti drammi, come socialisti, abbiamo vissuto. Abbiamo commesso gravi errori che abbiamo esplicitamente riconosciuto, ma li abbiamo pagati a un costo elevatissimo: lo scioglimento del PSI e del PSDI e una diaspora che ha disperso il movimento socialista. Non possiamo accettare che ci s'impongano altre prove. Ciò che sta avvenendo nel mondo socialista ha un valore politico ed è un evento politico. Ora è giunto finalmente il momento dell'unità. Seguiamo con attenzione, rispetto e interesse lo sviluppo del Congresso del Nuovo PSI. Noi non abbiamo mai posto condizioni all'unità. Abbiamo solo enunciato una semplice constatazione: i socialisti in Italia, in Europa e nel mondo sono sempre collocati a sinistra e non possono che essere contro le destre. Abbiamo aggiunto che, una volta risolto questo problema, l'unità dei socialisti sarebbe stata bella e fatta. Da qua! nto ci ha detto, qui a Fiuggi, Gianni De Michelis, possiamo b! en sperare che entro il prossimo mese potremo festeggiare l'unità dei socialisti.Dall'unità socialista il progetto di Fiuggi può riuscire solo rafforzato. L'unità socialista, a cui miriamo, non si basa solo sulla nostalgia, sul ricordo e sulla memoria che pure fanno parte dei nostri sentimenti e delle nostre emozioni come persone. Non ci dimentichiamo da dove veniamo, di quanto il movimento socialista abbia contato nella storia d'Italia, di quale sia stato il nostro contribuito sul terreno delle libertà e della giustizia sociale, della pace e della sicurezza. Né i socialisti, né i radicali sono invenzioni pubblicitarie. Abbiamo radici profonde nella storia d'Italia.
Come ha ricordato ieri Marco Pannella, noi abbiamo avuto nella nostra storia una forte etica pubblica.Nella nostra comune dichiarazione abbiamo ricordato Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Piero Gobetti, Luigi Einaudi, Carlo e Nello Rosselli, Eugenio Colorni, Guido Calogero, Piero Calamandrei, Mario Paggi, Norberto Bobbio, Altiero Spinelli, Bruno Zevi, Loris Fortuna, Aldo Capitini e Umberto Zanotti Bianco.
Tutte queste prestigiose figure hanno sempre contrastato il malaffare, le mafie, i potentati, le cricche, le corporazioni, come i principali mali dell'Italia. Dalla loro lezione noi traiamo ideali, regole di condotta e comandamenti laici. Non consideriamo gli avversari politici alla stregua di nemici da cancellare, ma sosteniamo con passione e tenacia le nostre convinzioni che sono ben salde. Abbiamo un atteggiamento di rispetto nei confronti di coloro che ancora scelgono il centrodestra. Assicuriamo che mai e poi mai violeremo, a cominciare dalla Rai per finire all'amministrazione dello Stato, il principio della competenza e delle concorrenza tra le diverse professionalità. È stato un esponente autorevole del centrodestra, prima delle elezioni del 2001, a dire che in caso di vittoria non ci sarebbero stat! i prigionieri.
Noi diciamo esattamente l'opposto: se le elettrici e gli elettori ci daranno il mandato, saremmo tutti più liberi, compresi i nostri avversari politici. In questo sta anche il nostro essere liberali e socialisti.
Ciò che bisogna invece combattere sono le clientele, il familismo amorale e la logica di clan e chi bussa alla porta del centrosinistra non per veder riconosciuti i propri diritti, ma per veder riconfermati i propri privilegi. Con il centrosinistra non si deve solo realizzare un cambiamento di natura politica e programmatica che segni una netta cesura con il passato. Per affrontare la pesante eredità del centro destra sarà necessaria una forte coesione. Mettere a punto un programma ben definito non risponde, quindi, solo ad un'esigenza di trasparenza verso le elettrici e gli elettori, ma anche alla necessità di tenere insieme una coalizione plurale, spesso divisa su temi essenziali come sul terreno della politica economica e su quella della politica estera.
All'interno del centro sinistra esistono infatti posizioni diverse, tra le quali si è rivelata spesso impossibile la mediazione, tanto che vi sono stati spesso voti differenziati alle Camere. Non è tanto l'influenza del pacifismo a preoccuparci, ma un antiamericanismo che ha radici profonde nella sinistra italiana e che i socialisti da tempo contrastano.
Noi abbiamo sempre avuto nella nostra storia secolare la pace come aspirazione di fondo e abbiamo sentito come nostra la lotta dei popoli contro il colonialismo, le ingiustizie e le dittature. Dopo la caduta del Muro di Berlino, invece di avere un'affermazione universale dei principi di democrazia e di libertà, abbiamo avuto nuove situazioni di crisi, nuovi focolai di tensione e, all'inizio del nuovo secolo, il terrorismo fondamentalista ha assunto dimensioni inimmaginabili.
Sconfiggere i terroristi non è solo una questione di polizia, ma è soprattutto un problema di impegno politico, economico e militare in difesa della democrazia e dello sviluppo.E' stato giusto contrastare con gl! i altri paesi della NATO il regime di Milosevic che minacciav! a di genocidio l'intera minoranza albanese del Kosovo; è stato giusto intervenire militarmente in Afghanistan con l'ONU per sconfiggere il regime dei talebani.Oggi la ex Jugoslavia sta cercando di tornare sulla strada della normalità; in Afghanistan solo pochi giorni fa ci sono state libere elezioni,Più complessa è la situazione in Iraq. Aveva ragione Marco Pannella quando aveva proposto alla comunità internazionale, in alternativa alla guerra, di trattare con Saddam Hussein affinché andasse in esilio. Noi non abbiamo condiviso la scelta dell'intervento militare degli Stati Uniti, ma abbiamo comunque considerato positivamente il rovesciamento della dittatura e lo svolgimento di libere elezioni. Noi non pensiamo che sia possibile lasciare da sola la nascente democrazia irachena, esposta com'è ai colpi del terrorismo. Noi siamo per una presenza militare sotto l'egida dell'ONU con la partecipazione di paesi appartenenti al mondo mussulmano. Solo in questo caso si potrebbe! da parte del centro sinistra, se avrà il mandato di governare, mantenere una nostra presenza militare in Iraq.
Non meno rilevanti sono le diversità all'interno del centro sinistra sul piano della politica economica ma su questi temi - a differenza della politica estera - si è riusciti finora a raggiungere posizioni comuni. Il centro sinistra, trovandosi a fronteggiare una crisi davvero profonda della coalizione al governo, è portato alla ricerca di una maggiore coesione.. La leadership di Berlusconi traballa. Il Governo appare diviso e impotente alla vigilia della presentazione della finanziaria 2006. Le dimissioni di Siniscalco e il ritorno di Tremonti non sono una svolta, ma un ulteriore episodio di una maggioranza che sa di non esserlo più e che non sa come reagire a una sconfitta annunciata. Economia reale ferma e conti pubblici fuori linea illustrano, meglio di qualsiasi dato, il fallimento delle politiche messe in atto dal Governo. Meglio sarebbe stato anticipare le elezioni e puntare ad avere al più presto un nuovo governo con ! davanti a sé il tempo di una legislatura. Non è stato purtroppo così. La situazione è peggiorata giorno dopo giorno. La stessa perdita di credibilità della Banca d'Italia, aggravata dalla stupefacente insensibilità istituzionale di Fazio, tende a dare all'estero una cattiva immagine del nostro Paese con la preoccupazione che tutto questo abbia riflessi negativi sulla gestione del debito.
Di fronte a questo stato di cose, l'Unione non deve dare per scontata la vittoria, ma deve soprattutto prepararsi a offrire ai cittadini un programma credibile ed innovativo.
E' di notevole rilevanza il contributo che noi socialisti e radicali possiamo dare affinché nel centro sinistra prevalgano posizioni innovative e riformiste. Noi stiamo approntando le nostre indicazioni programmatiche sulla base di una riflessione più ampia che investe problemi delle libertà, come ha dimostrato lo svolgimento della nostra Convenzione.
Come sappiamo il punto di più intenso confronto tra liberali e socialisti è avvenuto sul rapporto tra libertà e uguaglianza, che ha alimentato uno dei più grandi dibattiti attraverso la storia del Novecento. Noi non possiamo affermare puramente e semplicemente che tra questi due grandi principi vi è una pura e semplice complementarità. Noi sappiamo che un'espansione di una libertà senza limiti può portare ad accrescere oltremodo le disuguaglianze e a creare una situazione di anarchia e, nello stesso tempo, che un'affermazione senza confini dell'uguaglianza può condurre al totalitarismo e al soffocamento dell'individuo.
La ricerca di una conciliazione tra il massimo di libertà e il massimo di uguaglianza ha alimentato le più straordinarie utopie, ma nello stesso tempo è stata la giustificazione della repressione e persino del terrore. Per costruire società aperte dove libertà ed equità possano convivere, senza avere la pretesa di voler risolvere un dilemma, sul quale si sono cimentati i grandi filosofi del Novecento, bisogna ritornare ai classici del pensiero liberale.
La socialdemocrazia europea ha da tempo gettato alle ortiche vecchi dogmatismi statalistici ed ha accettato i fondamentali principi del liberalismo.
Agli albori del socialismo non dominava solo l'ideologia. Non era importante solo la dottrina di Marx e di Engels. Esisteva una grande azione di apostolato sociale che è stata fatta nei confronti di chi era allora trattato come un paria, come capitava nell'Ottocento alla classe operaia nelle fabbriche e ai braccianti nelle campagne. La battaglia, fatta per dare condizioni di vita umane alle mondine, che raccoglievano il riso con le gambe immerse nel fango, sarà stata fatta pure da socialisti che si proclamavano marxisti ma era giusta. La lotta contro l'uso e l'abuso del lavoro minorile, che costringeva bambini e ragazzi lavorare in miniera perché non si volevano scavare gallerie più ampie, non è una pagina da archiviare solo perché chi la faceva pensava di abolire la proprietà privata. Lottare per i più deboli, come per favorire i più meritevoli, non è un terreno di ! scontro ma di incontro tra liberali riformatori e socialisti democratici, che insieme hanno posto le basi dello Stato sociale.
Oggi dobbiamo chiederci: esiste ancora una questione sociale in Italia? E se esiste, in che cosa consiste? E quale rapporto ci deve essere tra libertà ed uguaglianza, tra Stato e mercato, tra responsabilità individuale e responsabilità sociale?

Questi sono gli interrogativi che sono stati sollevati dall'intervento che ha fatto, qui a Fiuggi, il segretario della UIL, Luigi Angeletti.

A queste domande si risponde: assistenza e aiuti sociali generalizzati e indifferenziati, sganciati da politiche attive del lavoro, non sono il modo giusto per affrontare e risolvere le nuove questioni sociali, ma possono al contrario alimentare la dipendenza, favorire piccoli privilegi e incentivare il lavoro nero; le "pensioni di giovinezza" sottraggono risorse a coloro che hanno maggiore bisogno di aiuto, come gli anziani non autosufficienti, i portatori di handicap, i disadattati che non possono comunque essere avviati al lavoro: l'onere delle spese universitarie non può ricadere su tutti i cittadini, mentre i vantaggi vanno solo su un numero limitato di studenti; non si possono lasciare senza una nuova rete di sicurezza sociale i giovani e i meno giovani che si trovano ormai per anni e anni in una condizione di precarietà, spesso - come ha detto il nostro segretario della federazione giovanile Quadrana - con il solo aiuto dei genitori, senza avere la possibilità di costruirsi una famiglia o di accendere un mutuo per acquistarsi una casa: non si può tollerare che la flessibilità, che pure è necessaria, si trasformi in precarietà permanente, come del resto pensava Marco Biagi che non era certo un uomo di destra, come le destre cercano di descriverlo.
Essere innovativi, respingere le tentazioni estremistiche, rifiutare di promettere tutto a tutti è il modo migliore per affrontare la nuova questione sociale, come si presenta in un mondo nel quale è in atto una profonda rivoluzione demografica che ancor più della stessa globalizzazione sta cambiando le nostre società.
A Fiuggi non stiamo cercando di riunificate una sparuta pattuglia di specialisti nei diritti civili, ma stiamo costruendo un nuovo soggetto politico che fa dell'innovazione la principale chiave della propria iniziativa politica. Noi ci siamo concentrati sul tema della laicità, perché individuiamo nel rischio di un regresso delle nostre libertà, dei nostri diritti civili, del costume e degli stili di vita un arretramento che frena lo sviluppo del nostro Paese. Dopo il fallimento del referendum sulla fecondazione assistita, è ripartita in Italia un'ondata neointegralista che si propone apertamente di imporre una sua egemonia come se il cattolicesimo fosse ancora religione di Stato. Ieri Edmondo Berselli sulla Repubblica ha sostenuto che la Chiesa sfugge allo schema bipolare e, quindi, non può essere catalogata politicamente. In realtà, noi ci troviamo di fronte ad un disegno più ambizioso, di cui il cardinale Ruini è il principale attore politico, che consiste nel condizionare entrambi gli schieramenti facendo leva su partiti e leader di matrice cattolica. A questa offensiva non si può rispondere con la necessità che ci sia sempre qualche forza politica a presidiare la marca cattolica di frontiera, perché in questo modo si arriva a compromessi che non tutelano la laicità. Non si può neppure sostenere che la coalizione di centro sinistra in queste materie non può che comportarsi come quella avversaria, a meno di non voler perdere consensi nel mondo cattolico.
Noi apertamente invitiamo l'Unione a mantenere un profilo moderno sui temi dei diritti civili e a porsi come garante della laicità dello Stato.
Noi ci rivolgiamo al centro sinistra affinché difenda la centralità della scuola pubblica statale, evitando di concedere finanziamenti a quella privata e a quella paritaria secondo il dettato della Costituzione per la quale esiste libertà d'insegnamento, senza però oneri finanziari per lo Stato. Abbiamo apprezzato l'atteggiamento di Romano Prodi sui PACS che ancora una volta ha mostrato il volto di un cattolico laico e liberale ed anche per questo motivo avrà il convinto sostegno dello SDI alle prossime primarie.
E' ancora aperta la questione dell'ingresso nell'Unione dei radicali e del Nuovo PSI, se sceglierà al suo Congresso il centro sinistra. Ieri abbiamo letto un'intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale da Francesco Rutelli, secondo il quale non rappresenterà un problema l'ingresso nella coalizione a patto che radicali, SDI e Nuovo PSI "diano vita ad una aggregazione politica stabile ed accettino di rispettare il programma dell'Unione".
E' esattamente ciò che stiamo facendo e che ci proponiamo di fare.
Noi pensiamo che sia fondamentale la presenza in Parlamento dei radicali italiani e dei socialisti uniti per sostenere i diritti civili e contribuire alla modernizzazione del Paese. Dobbiamo, infatti, ricordarci che una volta in Parlamento vi era a una maggioranza laica che ha approvato la legge sull'introduzione del divorzio e quella sull'aborto, contro cui gli integralisti promossero i referendum.

Oggi invece avviene il contrario: sono i laici a dover ricorrere alla consultazione dei cittadini in una situazione nella quale da circa dieci anni i referendum non raggiungono il quorum.
La laicità dello Stato è per noi componente fondamentale del nostro impegno per le libertà. L'alternativa allo Stato laico è quello dello Stato etico. Contrastare il tentativo in atto delle gerarchie ecclesiastiche di trasformare i valori cattolici in leggi non è una battaglia anticlericale ma un grande impegno liberale.
Oggi, dopo tre giorni, di confronto aperto, abbiamo riscoperto ciò che ci unisce: è il valore che diamo alle libertà.
E' poco? E' tanto? Io credo che sia il cardine di un progetto che non vale solo per noi, socialisti e radicali. E' il progetto che serve all'Italia; per ritornare ad essere protagonista in Europa e con l'Europa nel mondo; per esprimere una forte innovazione che ridia nuove opportunità alle energie migliori del nostro Paese; per costruire un futuro che renda liberi dal peso dell'indigenza e delle ristrettezze di magri bilanci famigliari ed individuali persone che hanno perduto persino la speranza di un reale miglioramento; per tutelare la laicità dello Stato che è una fondamentale garanzia del pluralismo culturale, religioso, economico e politico.
Consiste in questo il nostro Progetto per le libertà.

Socio fondatore del Gruppo di Volpedo e del Network per il socialismo europeo .