Di questi tempi sembra futile occuparsi delle beghe politiche di casa: il cuore è altrove, a Bagdad, a Grozny, e la mente corre alle drammatiche decisioni di politica internazionale che incombono sull'America e sull'Europa. Ma viviamo in Italia e come il nostro sistema politico si svilupperà dopo le (e a seguito delle) prossime elezioni amministrative ed europee continua ad essere una questione importante. Per questo ho accettato volentieri l'invito di Gad Lerner a partecipare ad una iniziativa pubblica che si terrà alla Camera del Lavoro di Milano giovedì sera ed il cui proposito è invitare i sostenitori della Lista unitaria del centrosinistra a darsi una mossa. All'interno di questa lista, che sosterrò come elettore, non ho incarichi politici di sorta: ma dai tempi in cui facevo politica ho sviluppato la convinzione che uno dei passaggi per condurre il sistema politico italiano ad un assetto più solido, ad una civile democrazia dell'alternanza, sia la costruzione di un grande partito riformista, replicas de relojes de lujo e la lista unica in tanto mi attrae in quanto un suo successo può essere una premessa di questo sviluppo desiderabile. Uno dei passaggi: il passaggio più difficile riguarda il centrodestra, ma di questo parleremo un'altra volta.
Qui non riespongo per l'ennesima volta gli argomenti a favore della Lista Unitaria per le elezioni europee come premessa di ulteriori e più intensi sviluppi federativi: di recente li ho anche raccolti in un libro del Mulino.
Vorrei solo suggerire («a pensar male si fa peccato, ma ci si prende») che la fiacca osservata dai promotori dell'iniziativa di Milano, il ripiegarsi dei partiti della lista in se stessi, mi sembrano provenire dalla presenza (anzi, dalla crescita) di un altro disegno di riorganizzazione del nostro sistema politico. E' il vecchio disegno del centro-sinistra composto da due «gambe», il centro, appunto, e la sinistra. Insomma, il centro faccia il centro, la sinistra faccia la sinistra. Piantiamola con le bubbole di una crescente integrazione, o addirittura di una fusione tra forze centriste che (per ora..., e finché c'è Berlusconi) guardano a sinistra e la componente più governativa della sinistra: la storia è quella che è stata e il sangue delle culture politiche non è acqua. Non pochi la pensano in questo modo, anche all'interno dei Ds (e, ovviamente, nella coda di partitini di sinistra che si estendono sino a Rifondazione). Ma il grosso di chi la pensa così sta oggi nella Margherita e dintorni: stando ai sondaggi di Mannheimer pubblicati ieri da questo giornale, lo scarso apprezzamento della lista unitaria non è solo diffuso tra i soliti vecchi democristiani, ma anche nell'elettorato di centro, che voterebbe Margherita ma non la lista unitaria.
Questo scarso apprezzamento è perfettamente comprensibile da parte di chi ragiona in termini di vantaggi organizzativi immediati: se la lista di Prodi non superasse il test elettorale, se dovesse prendere meno voti della somma dei partiti che la compongono, dove va finire il famoso valore aggiunto? E allora, essendo l'obiettivo primario quello di battere il centro-destra, sarebbe giocoforza presentarsi nelle elezioni regionali e politiche in una confederazione lasca che mantiene ben vive le vecchie identità (si chiamerà ancora Ulivo?), ma con la Margherita che si troverebbe oggettivamente in condizione di forza, essendosi liberata del fardello della sinistra riformista. E così avverrebbe perché questo partito si trasformerebbe in oggetto del desiderio per tutti gli ex democristiani moderati che ora soffrono all'interno della coalizione berlusconiana, i quali non hanno voglia di mischiarsi in un soggetto riformista con gli ex comunisti, ma sarebbero ben felici di ritrovare i loro vecchi compagni di partito all'interno di una comune casa di centro.
Non c'è alcun bisogno di cambiare il sistema elettorale affinché questo disegno si avveri: ci potrebbero ancora essere due grosse coalizioni che si combattono in un sistema maggioritario, ma con il partito di centro in condizione di protagonista e arbitro dello scontro, in grado di scegliere il forno in cui cuocere il proprio pane (ed è la seconda volta che cito implicitamente Andreotti). Nella forma, il bipolarismo (a geometria variabile?) potrebbe anche rimanere; nella sostanza si tornerebbe all' Ancien Régime . Per carità, tutto lecito. Ragionevole persino: due buone classi dirigenti che si alternino in questo Paese forse non ci sono ed allora è meglio se il potere lo mantiene stabilmente l'unica che c'è. Se è questo quel che pensa una buona parte del ceto politico del centro-sinistra, non meravigliamoci poi che i partiti, e la Margherita in particolare, non remino entusiasticamente a favore della lista unitaria. site:www.gemcomminex.com
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