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liberismo, liberalismo, liberalsocialismo

TITOLO

La democrazia senza progetto e il socialismo assente Il caso italiano Biblion edizioni, maggio 2011 Paolo Bagnoli

DATA PUBBLICAZIONE

04/07/2011

LUOGO

Genova


La democrazia senza progetto e il socialismo assente
Il caso italiano
Biblion edizioni, maggio 2011
Paolo Bagnoli


Riflessioni dopo lettura del testo
Luigi Fasce

Confesso, la lettura della prima parte del libro, composta da “L’Italia del secolo lungo: critica politica della transizione”, Una democrazia senza progetto”, Dal populismo al cesarismo: il caso italiano”, non ha corrisposto alle aspettative che il titolo del libro mi aveva suscitato. Ho letto precedentemente diversi libri che parlavano di quanto qui affrontato. Un solo riferimento per tutti il libro, pur di utilità in una prospettiva storica, di Domenico Fisichella dal titolo Denaro e democrazia. Dall'antica Grecia all'economia globale. Il Mulino, Bologna, 2000.
Dunque solo qualche citazione per mettere in evidenza alcuni nodi della lunga transizione mai compiuta. Per il capitolo 1
Capitolo che si conclude con queste parole
Per riassumere il capitolo 2 'Una democrazia senza progetto' scelgo questa unica frase
Le tante giuste considerazioni fatte nei due primi capitoli però non toccano il punto centrale del nostro contendere, la sconfitta della socialdemocrazia a cui noi attempati abbiamo assistito in diretta negli ultimi 30 anni.
L'ho detto, i primi due capitoli non mi hanno appassionato.
Ho cominciato dunque la lettura della seconda parte con poco entusiasmo ma la mia attenzione si è prontamente destata. Il capitolo su il “socialismo assente” ha pienamente corrisposto alle mie attese. Diciamo pure che è il ragionamento da cui non si può prescindere. Diagnosi impietosa delle scelte “blairiste” della socialdemocrazia europea ma anche qualche lampo illuminante sul “che fare” da parte della sinistra semplicemente nel solco della tradizione del riformismo socialista.
Il punto centrale della proposta che mi sembra importante evidenziare è quella delle riforme strutturali care al pensiero Lombardiano che senza bisogno di fiammate rivoluzionarie sono le uniche che possono, basta che si vogliano finalmente fare, realmente minare il sistema economico turbocapitalistico. Sistema economico cinico e baro che, come ha ben indicato Bagnoli, di per sé non regge e lo dimostra la crisi finanziaria del 2008 - a mio avviso mero epifenomeno di crisi strutturale del turbocapitalismo. Purtroppo non sappiamo quanto durerà l'agonia. Bagnoli indica l'eterna causa prima di questa crisi del capitalismo post-moderno: l'avidità di denaro di pochi che a livello mondiale sono però riusciti a imporre il loro potere su di una enorme quantità di persone. Alla faccia del conclamato sistema politico democratico vanto della modernità occidentale.
L' ecco il concetto diventato egemone nell'ultimo trentennio a partire da Reagan-Thatcher, che caratterizza il sistema capitalistico globalizzato senza più i freni del potere politico, anzi con la complicità tanto dalla destra conservatrice tanto dalla sinistra progressista.
Mentre invece fino agli anni 70, incidenza, regia, partecipazione degli Stati nell'economia c'erano nell'Europa del welfare e dei diritti dei lavoratori.
E' dunque evidente che più che aspettarci indicazioni scrutando la sfera di cristallo degli economisti occorre prendere insegnamento dalla filosofia … morale e politica.
Dice testualmente Bagnoli a questo riguardo Personalmente dico che non esiste alcuna soluzione economicistica di marca neoliberista ma che la soluzione esiste solo nel solco del riformismo socialista, rivoluzionario, e se l'aggettivazione vi sembra troppo pesante, usiamo il termine equivalente, quello delle “riforme di struttura”.
Poi Bagnoli evidenzia le aspettative frustrate del popolo di sinistra di fronte alla connivenza della socialdemocrazia europea con il turbocapitalismo egemone Ma io dico non solo connivenza con il neoliberismo, ma anche, particolarità non è solo italiana, con il pensiero teocon (Blair di recente ha affermato che i governanti devono studiare religione).
L'eclissi della socialdemocrazia sarebbe già buona notizia perché passa in fretta, mentre per alcuni ex comunisti all'italiana si sta ancora proclamando la sua fine senza aver nemmeno baluginato una quarta o quinta via del supposto post socialismo.
Mentre Bagnoli è di tutt'altra opinione e ci dona un riferimento preciso della tradizione socialista che fa ben sperare.

Certo il Bagnoli è ben consapevole che la proposta socialista nell'epoca del post-moderno non può che essere ascritta all'interno del profilo genuinamente liberale. Io aggiungo, e nell'ottica della tutela ecologica.
Non mancano le critiche al PD collocato ideologicamente secondo l'Autore in un non spazio. Personalmente ritengo invece che questo spazio non detto sia esattamente quello della ex DC.
Le critiche non sono solo al PD ma anche al PES ridotto a essere
L'esperienza della "Linke" è stato sicuramente un genuino sofferto tentativo di Lafontaine di strattonare la SPD per farla rientrare semplicemente nell'alveo della tradizione socialdemocratica.
Confidiamo nell'esaurimento della spinta Schroeder-blairista.
Un velo pietoso su pensiero Veltroniano riportato nel testo peraltro criticato in radice da Bagnoli.
Sappiamo che un qualche ripensamento-riposizionamento a sinistra sta producendosi attualmente all'interno del PSE e quindi possiamo essere fiduciosi.
Importanti anche le citazioni riportate nel testo, l'una a mio avviso estremamente significativa da tenere a mente tra le tante qui evidenziata come segue. 1)La struttura dell'ordine politico mondiale di fronte all'emergere delle nuove grandi potenze.
2) Le nuove regole mondiali della circolazione dei capitali e dell'assetto dei cambi (il nuovo ordine economico mondiale).
3)Le garanzie di un mercato concorrenziale e libero: libero da posizioni dominanti e da vincoli corporativi.
4)Le responsabilità politiche superiori dell'economia: in particolare la politica macroeconomica e la politica dei redditi, rivolte all'obiettivo della piena e buona occupazione.
5)La costituzione di una Federazione politica europea.
6)La ristrutturazione del welfare state.
7)La promozione, accanto al mercato e allo stato, di un grande settore dell'economia e società associativa.
8)La trasformazione della scuola in una istituzione di educazione permanente.
9)La riorganizzazione della produzione nel senso di una economia ecologicamente sostenibile.
10)L'eticità della politica.>

Infine importantissimo da ricordare, anche quale premessa al nostro tema principale sul LAVORO che portiamo all'attenzione della sinistra nell'occasione dell'evento Volpedo4, queste considerazioni di Bagnoli.
< Il tema del socialismo quale soggetto storico identitario del mondo del lavoro ispirato alla «cultura del movimento operaio», ossia dei salariati e del lavoro dipendente in generale, ingloba anche l'altro tema, quello del sindacato. … L'essersi lasciati inglobare, dall'inizio degli anni '80, in una presunta positiva logica del capitalismo globalizzato costituisce la ragione prima delle difficoltà che la sinistra politica e sindacale si trova oggi ad affrontare; una ragione che la mette addirittura a rischio di funzione e che richiede, per chi crede nel socialismo, una seria riconsiderazione strategica partire dalla certezza delle basi sociali su cui poggiare il processo di ripresa. … E se è difficile prevedere quando e come si uscirà da questa crisi, essa, tuttavia, ci consegna un interrogativo che non può essere eluso: siamo ancora convinti che l'impresa privata, in sé e per sé, sia sempre migliore e più efficace di quella pubblica ? Non è forse il caso di riaprire una battaglia delle idee, vale a dire con coraggio culturale, sul fatto che ogni politica progressista si fa sul «pubblico» e non sul «privato» e che il «pubblico» non deve essere valutato solo esclusivamente dall'aumento del reddito o dei consumi individuali, ma soprattutto dall'allargarsi delle opportunità e delle capacità ? Occorre, quindi, tornare a parlare di iniziativa pubblica non a scopo di profitto, ma di progresso civile, ovvero dell'assunzione di decisioni pubbliche che puntano al miglioramento sociale collettivo, al di fuori della visione per la quale lo sviluppo di una società deve essere esclusivamente collegato alla mera crescita economica e dei redditi personali.>
Queste ultime considerazioni che concludono il capitolo mi sono sembrate il miglior viatico per l'approntamento del nostro convegno di Volpedo4. Ma mi sembra che a molte giuste domande poste da Bagnoli noi del GdV ma anche del Network per il socialismo europeo abbiamo già risposto. Dobbiamo esserne pienamente consapevoli e convinti per cominciare l'opera di divulgazione e confronto con le forze politiche dell'arco della sinistra.
Il libro contempla ancora due capitoli e da ultimo un pregevole saggio .
Per quanto riguarda il capitolo sul sono da segnalare gli accenni ai contributi culturali quasi misconosciuti del filone azionista e in particolare del socialismo liberale e liberalsocialismo degli anni 50-60 dovuti principalmente, ma non solo, a Tristano Codignola.

Ma questi apporti specificatamente di taglio culturale non restano senza eco come pare stia succedendo ai giorni nostri per cui i partiti di sinistra , ma anche di ex di sinistra, sembrano più che autonomi, autistici e dunque impenetrabili.
Ricordiamo che per Lombardi l'unico vero governo di centro-sinistra è il IV gabinetto Fanfani che nasce nel 1962,>.
Mi è piaciuto evidenziare il passo della perché è tempo che il riformismo socialista ritorni al suo significato originario: gradualismo nell'azione parlamentare e di governo ma tesa a recidere le basi del capitalismo (come si accingeva a fare Olof Palme prima di essere assassinato). Ho utilizzato a mia volta il termine 'riformismo socialista rivoluzionario', senza conoscere questo scritto, nel mio intervento al convegno di Livorno del febbraio scorso.
Queste a mio avviso le considerazioni più significative che vanno ampiamente evidenziate – quando il pensiero socialista scaturiva ancora da pensatori del socialismo italiano, per riprendere, in Italia, la rotta del socialismo, certo all'interno del contesto della sinistra europea, obliando il periodo di decadenza della seconda fase craxiana e, dissolutoria post craxiana, ahimè ancora di attualità, in concorso di colpa con il PSE.
Da ultimo ma non la parte di minor rilevanza, quella su Rosselli che integra in modo ottimale quello precedente.
Il capitolo esordisce con
E Bagnoli conclude il capitolo con
Ritengo il libro di grande utilità per tutti coloro che come noi del GdV stanno cercando da alcuni anni di innervare lo spazio della sinistra intorno al campo politico del socialismo liberale, ovvero, per essere al passo dei tempi, al campo politico laico liberalsocialista ecologista.
Due sole critiche di fondo, la prima quella di non avere mai nominato la questione ecologica mondiale e la seconda quella di non aver mai nominato
la questione indicata a più riprese da Giovanni Sartori, anche sulle pagine di quotidiani di rilevanza nazionale quale e , la madre di tutte le disgrazie umane, la questione demografica che in questo mese raggiunge i 7 miliardi di esseri umani vaganti sul limitato pianeta Terra.
Un piccolo cruccio infine, aver visto citato nel libro in una sola occasione Guido Calogero, teorico del pensiero politico liberalsocialista, padre assieme a Aldo Capitini, del Manifesto liberalsocialista.

Socio fondatore del Gruppo di Volpedo e del Network per il socialismo europeo .