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liberismo, liberalismo, liberalsocialismo

TITOLO

VOLPEDO 2 TAVOLA ROTONDA: A cinquant'anni da Bad Godesberg: l'attualità della Socialdemocrazia; il valore del Socialismo europeo. LUIGI FASCE

DATA PUBBLICAZIONE

17/10/2009

LUOGO

vOLPEDO


TAVOLA ROTONDA: A cinquant'anni da Bad Godesberg:
l'attualità della Socialdemocrazia;
il valore del Socialismo europeo.

Intervento preordinato scritto
Luigi Fasce

L’attuale disfatta elettorale per cui, parole di Besostri, “La SPD crolla dal 34,3% al 23% (-11,3%), il peggior risultato del dopoguerra, da rendere persino radioso il 28,8% del 1953.”, necessita assolutamente di una approfondita analisi critica delle cause che hanno determinato questo risultato. Onesta, seria, analisi critica perché si possa finalmente intravedere la fine della lunga eclissi della socialdemocrazia che dura oramai da circa un ventennio.
Dopo il convegno di Genova del 20 giugno 2009 “Nel solco del riformismo socialista quale modello di economia per il terzo millennio ?”, molto opportuna mi è sembrata la scelta di questa tavola rotonda che ci da modo di ripartire dal Manifesto socialdemocratico del 1959 di Bad Godesberg per verificare due ipotesi:

Ipotesi A – E’ nell’impianto ideologico del Manifesto socialdemocratico che si annida il “tarlo” (parimenti di quello comunista, che ha già rovinato l’economia dell’URSS) che quanto prima, di fronte alla “realtà” dell’economia globalizzata, porterà presto anche alla rovina dell’economia europea.
Ipotesi liberista che mi sembra abbiano ritenuto vera dal 1989 in poi la massima dirigenza della SPD, e sancita nel 1999 dai due principali “interpreti”della “terza via” Schroeder Blair a cui si sono accodati tutti i socialisti europei.
Un incredibile paradosso se si ritorna agli anni ’60 con il pensiero alle reazioni fortemente negative del mondo socialista italiano (tanto di Nenni che di Lombardi, a ricordare due veri socialisti intellettualmente onesti, ma pare che anche Saragat storgesse il naso, mentre il restante rimasuglio di intellettuali liberalsocialisti (es. Calogero) erano caduti nel più profondo oblio). Per non dire gli scontati anatemi comunisti, ci furono quel tempo, dunque, forti critiche da sinistra per denunciare con la “svolta” di Bad Godesberg il dissolvimento del socialismo nell esacrabile sistema capitalista.
Riepilogando, nel 1959 la “svolta” socialdemocratica viene considerata dai socialisti massimalisti la fine del socialismo. Al contrario nel 1999 la svolta del 1959 è stata considerata “palla al piede” al libero mercato dall’imperante liberismo, considerato l’unica scelta possibile per consentire all’EU.E. di riuscire competere sul mercato globalizzato.
Cosa è mai successo dal 1959 al 1999 ?
Fino agli anni ‘80 abbiamo avuto nel mondo quattro sistemi economici che agivano nel mondo
1)- quello con epicentro USA, il prototipo liberista delle multinazionali;
2 il modello socialdemocratico dell’europa occidentale;
3) il modello comunista dell’URSS
4) il modello comunista della Cina.

Solo i primi due modelli avevano un mercato comune sebbene ognuno con le proprie misure protettive. Non è il caso di farla lunga sul fatto che il sistema USA non sia mai stato un modello liberista puro. Il governo USA ha sempre protetto e a volte imposto gli interessi delle “sue” multinazionali, che all’epoca erano le più fiorenti e le più diffuse nel mondo a scapito di gran parte del terzo mondo.
Quello URSS aveva il suo circuito interno alla “cortina di ferro.
La Cina agiva economicamente con il suo particolare modello voluto da Mao nel suo magnifico isolamento.
Al tempo della “guerra fredda” nessuna pressione migratoria travolgente né dall’ Est europeo, né dall’Africa, ne’ da medio ed estremo oriente.
Le Multinazionali USA avrebbero anche voluto l’invasione commerciale dell’Europa, fattasi nel frattempo UE.
UE che però era fedele alleata militare (NATO) contro URSS e Cina maoista e dunque l’aggressività imprenditoriale- commerciale delle Multinazionali USA fu assai contenuta. Tanto avevano libero sfogo in Messico, Sud America, Africa, Filippine, ecc. Un grande mercato su cui scorrazzare incontrastate a piacimento.
Nel mentre,nel libero mercato interno all’U:E. il benessere economico si diffuse. Il modello socialdemocratico in equilibrio tra impresa pubblica e impresa privata, la gestione pubblica dei servizi essenziali, il welfare universalistico ne ha fatto tra il 1959 e il 1989, il migliore dei mondi possibili.
Tanto che ancora nel 2004, già in piena controtendenza, Rifkin il modello europeo socialdemocratico lo ha definito “Il sogno europeo” con la seguente motivazione “Come l’Europa ha creato una nuova visione del futuro che sta lentamente eclissando il sogno americano.” Eppure nel 2004 sotto i colpi di “Trattato di Maastrich”, direttive UE per privatizzazioni e liberalizzazioni di imprese e servizi pubblici, contrazione di welfare, lo sgretolamento del modello europeo era già in fase avanzata. E per questo sfacelo la parola d’ordine del “laissez faire” liberista l’ha fatta sua il SPD e il PSE.
Il “tarlo” che ha disgregato dall’interno il sistema comunista dell’URSS, sappiamo, è lo statalismo.
Ma per i liberisti tanto o poco l’intervento statale in economia così come nella gestione di beni e servizi pubblici si trattava sempre di “tarlo” da estirpare..
Così ha voluto credere, anche a sinistra (di governo) che bisognava estirpare il “tarlo” dell’intervento statale negli affari e nel mercato globale, ma anche nella gestione pubblica di beni e servizi pubblici.
L’aver accettato da parte socialdemocratica il presupposto liberista del “tarlo statalista” ha consentito di fare piazza pulita di tutto quanto riguardava il filone del socialismo liberale (1929), di quello liberalsocialista (1941), di quanto affermavano costituzione Italiana (1948) e Tedesca (1949), il manifesto di Bad Godesberg (1959).
Non sono in grado di dimostrare se i passaggi indicati in ordine cronologico abbiano un loro nesso causale. Poco importa. Quello che importa è che sono le tappe del percorso ideologico e istituzionale che ha caratterizzato per circa un trentennio di vita post bellica, il modello economico socialdemocratico europeo. Intendiamoci bene, percorso teorico, non certamente realizzato.
Vediamone comunque alcuni aspetti significativi.
Il Manifesto liberalsocialista (1941) di Guido Calogero e Aldo Capitini
Cito soltanto solo i due elementi fondamentali del Manifesto, il primo quello che fonda il socialismo nel pensiero liberale
“… il liberalsocialismo lavora per il comune , ...che lavora per “costruire il socialismo attraverso questa libertà”.
Inoltre, a onta di coloro che si definiscono oggi liberalsocialisti mentre in realtà sono liberisti, il Manifesto propugna un riformismo gradualista, ma che radicalmente indica il possibile superamento della dicotomia capitale/lavoro nei seguenti illuminanti termini a tutt’oggi di assoluta attualità.
. Concetto mai abbastanza evidenziato ! La chiave di riconciliazione tra riformismo e massimalismo socialista. L’obiettivo del socialismo democratico.
E poi nel 1948 in Italia avemmo la nostra Carta Costituzionale repubblicana.
La veemente ossessività con cui Berlusconi attacca la Costituzione, oltre ad avere l’angosciante motivazione di salvarsi la pelle di fronte agli atti giudiziari pendenti, si colloca nella linea strategica liberista mondiale.
La nostra Costituzione non è sicuramente “bolscevica”, come scioccamente affermato, ma è certamente liberalsocialista e sufficientemente pericolosa – fosse applicata, da mettere in serio pericolo l’egemonia cattolica per la parte laicità e libertà individuali e la cupola italiana dei banchieri-finanzieri-industriali collusa con le mafie per la parte dei diritti del lavoro e sociali,
A questo riguardo mi preme qui evidenziare soltanto la parte della Costituzione riferita all’economia.
Al Titolo , a proposito di controllo e pianificazione dell’economia, all’art. 41 leggiamo “
“L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”
Poi a proposito di controllo dello stato all’art. 41 è scritto
“La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.”
Mentre per quanto riguarda l’intervento dello stato in economia è codificato all’Art. 43 quanto segue “Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.”
E Infine per la sostanziale importanza che il lavoro ricopre nella determinazione della produzione aziendale viene previsto Art. 46 che “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.”
Come non vederci un imprinting socialdemocratico.

Ad appena un anno dalla promulgazione della nostra Costituzione è la volta dell’approvazione della Costituzione tedesca .
Anche in detta Costituzione è estesamente normato l’ ORDINAMENTO ECONOMICO, dal quale voglio individuare alcuni articoli a mio avviso di particolare significato “socialdemocratico”

Art. 19 – 1) L’ordinamento della vita economica deve corrispondere ai principi della giustizia sociale e deve assicurare a tutti una esistenza decorosa.

2) L’economia deve servire al bene della collettività del popolo e a provvedere alle sue necessità;
essa deve garantire a tutti una aliquota della produzione totale proporzionata al rendimento di ognuno.

3) Nel quadro di questi compiti e fini, la libertà economica di ognuno è garantita.
Art. 20 – Gli agricoltori, i commercianti, gl’industriali e gli artigiani devono essere incoraggiati nella loro iniziativa privata; dovrà essere sviluppato il mutualismo cooperativo.
Art. 21 – Lo Stato stabilisce il piano economico per mezzo dei suoi organi legislativi e con la diretta partecipazione dei suoi cittadini onde assicurarne le condizioni materiali basilari ed aumentarne il benessere. Le rappresentanze del popolo sono incaricate di controllarne l’esecuzione.
Art. 22 – 1) La proprietà è garantita dalla Costituzione. La sua essenza e i suoi limiti sono delimitati dalle leggi e dai doveri sociali verso la collettività.

2) Il diritto di successione è garantito in conformità al diritto civile. La partecipazione dello Stato alle successioni è determinata dalla legge.
3) Le opere della mente, i diritti d’autore, d’inventore e d’artista godono della protezione, dell’incoraggiamento e dell’appoggio materiale della Repubblica.
Art. 23 – Qualsiasi limitazione della proprietà e qualsiasi esproprio potrà essere effettuato soltanto nell’interesse generale e a termini di legge. Verranno effettuati dietro equo risarcimento, a meno che la legge decida altrimenti. In caso di controversia circa l’entità del risarcimento, la questione verrà risolta dai tribunali ordinari qualora la legge non stabilisca altrimenti.
Art. 24 – 1) Qualsiasi proprietà impone degli obblighi al suo proprietario. Il suo impiego non deve essere contrario al bene pubblico.
2) Qualsiasi abuso del diritto di proprietà mediante instaurazione di una potenza economica e scapito del bene comune comporta l’esproprio senza risarcimento e la nazionalizzazione dei beni.
3) Le aziende dei criminali di guerra e dei nazional-socialisti attivi vengono sequestrate e diventano proprietà del popolo. Lo stesso avviene per le aziende private che si pongono al servizio di una politica di guerra.

4) Tutte le organizzazioni monopolistiche private, quali cartelli, sindacati, complessi (Konzern), trusts e altre organizzazioni private miranti ad un accrescimento dei profitti mediante il controllo della produzione, dei prezzi e dello smercio verranno sciolte e vietate.
5) Le proprietà fondiarie private di una superficie eccedente i 100 ettari saranno abolite e frazionate senza risarcimento.
6) Dopo la realizzazione di tale riforma agraria, la proprietà privata delle terre è garantita ai coltivatori.
Art. 25 – 1) Tutte le ricchezze naturali del sottosuolo, tutte le energie naturali che siano economicamente sfruttabili come pure le aziende minerarie, di produzione dell’acciaio e del ferro e dell’energia elettrica necessaria a tali imprese devono essere nazionalizzate.
2) Nel frattempo, il loro sfruttamento è posto sotto il controllo dei Länder o della Repubblica quando si tratti di interessi generali germanici.
3) Saranno del pari assicurati la conservazione e l’incremento della produttività dell’agricoltura mediante provvedimenti per la bonifica e la coltura delle campagne.
Art. 27 – 1) Le imprese economiche private suscettibili di essere nazionalizzate potranno esserlo in conformità alle norme relative agli espropri.
2) Una influenza determinante su imprese o associazioni potrà essere assicurata alla Repubblica, al Länder, ai distretti o ai comuni, in base ad una legge successiva, mediante partecipazione alla gestione o mediante altri provvedimenti.
3) Imprese e associazioni economiche potranno per legge essere collegate sulla base di una amministrazione autonoma al fine di assicurare la cooperazione di tutte le forze produttive del popolo, di render compartecipi della gestione lavoratori e datori di lavoro e di regolare la produzione, la fabbricazione, la ripartizione, l’utilizzazione, i prezzi nonché l’importazione e
l’esportazione dei prodotti economici secondo dei principi comunitari.
4) Le cooperative di consumo e di produzione nonché le cooperative agricole e le loro associazioni dovranno essere incorporate nell’economia comunitaria tenendo conto della loro costituzione e della loro natura.

Ho riportato quasi interamente le parti delle due costituzioni perché mi sembra del tutto evidente lo spirito “socialdemocraticho” ma se si vuole anche “cristiano sociale”, che in campo economico le informa. Comunque sia tali Costituzioni sono tutt’altro che liberiste.

Vista in questa ottica la “svolta” socialdemocratica Bad Godesberg, siamo nel 1959 dieci anni dopo la promulgazione della costituzione tedesca, oltre che “revisionismo socialista” sembra semplice adeguamento al dettame costituzionale. A ben vedere la svolta del ‘59 non si discosta molto dalla Costituzione Tedesca né per quanto riguarda le libertà individuali né per quanto riguarda i diritti del lavoro e sociali
Trovo strano che all’interno dei dibattiti congressuali non sia mai sorta l’esigenza di stabilire convergenze e divergenze dalle rispettive carte costituzionali, che peraltro i partiti socialisti avevano fortemente contribuito alla loro realizzazione.
Interpreto che sia stato messo in atto il potente meccanismo di difesa, uno dei più gravi in psicopatologia, quello della scissione. Ma questo argomento avrebbe bisogno di una trattazione a parte.
Ecco dunque nella sua estrema essenzialità il “cuore” della socialdemocrazia a partire dalla “svolta” di Bad Godesberg del 1959 al quale va anche, oltre all’approdo interclassista “dal partito di classe al partito di popolo”, il risvolto qualificante non da poco, in senso liberale, l’assunzione della “centralità della persona”.
Infatti l’importante documento comincia con le testuali parole:

Le imprese della libera economia comunitaria che si orientano secondo il criterio della necessità e non della ricerca privata del profitto hanno una azione regolatrice dei prezzi e giovano ai consumatori.>
Questo per evidenziare la parte che attiene all’economia mista e l’intervento diretto nelle imprese per far valere gli interessi della collettività.
Per quanto invece attiene l’altra questione cruciale del partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese ecco quanto è scritto.


Difficile, lo ripeto, per me distinguere i dettami in campo economico della Costituzione Italiana del 1948 e Tedesca del 1949 dalle enunciazioni della “svolta” socialdemocratica del 1959.

Tanto le due carte costituzionali tanto il Manifesto socialdemocratico sanciscono il principio dell’ determinando in questo modo giusto equilibrio tra impresa pubblica e impresa privata. Lo Stato è comunque al di sopra della proprietà privata e della libera impresa privata.
Però esprimono solo un onorevole compromesso tra Capitale e Lavoro in cui si sancisce la subalternità del Lavoro nei confronti del Capitale.
Ma almeno con due punti vantaggiosi per il Lavoro, da un lato la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori nei consigli di amministrazione delle grandi industrie private e in quelle di grande utilità pubblica dello Stato. A cui si devono aggiungere i vantaggi derivanti dalla estesa rete di protezione sociale e più in generale dall’istituzione del Welfare rivolta a tutti i cittadini: con scuola-ricerca scientifica, politiche del lavoro e sanità-sicurezza sociale. E stiamo parlando degli anni 60-70 (Obama è ancora oggi – e siano nel 2009 - alle prese per l’attuazione di una riforma sanitaria il cui modello non può ancora definirsi universalistico.
Manifesto socialdemocratico che ha consentito all’SPD di produrre programmi governativi finalizzati al contenimento dell’invadenza e al calmieramento del mercato privato e si sono determinati effetti positivi nel sociale e tanto a vantaggio di capitalisti e dei lavoratori. Questo è successo fintanto che c’è stata coerenza tra principi costituzionali, “ideologia socialdemocratica”,e programmi governativi.
Quando le cose sono andate così, alle scadenze elettorali l’SPD è stato premiato.
La svolta socialdemocratica del 1959, “fuga nel capitalismo” ritenuta tale tanto per i comunisti che per i socialisti massimalisti dell’epoca, e pur tuttavia non c’è dubbio che questo compromesso abbia consentito ai lavoratori dell’Europa dell’Ovest di “tosare molto bene la pecora capitalista”.
La pax socialdemocratica del dopo Bad Godesberg e fino a circa agli ‘90 socialismo, lasciando ampio margine di manovra all’impresa privata ma sotto gli occhi vigili dello Stato, ha remunerato equamente Capitale e Lavoro.. Nella prima fase, quella degli anni ’60, ancora con i capitalisti in carne ed ossa, ha consentito il boom economico tedesco ed in genere europeo.
E’ così diventato molto duro da parte dei teorici del comunismo predicare la rivoluzione proletaria – ancora ora ossessiva parola d’ordine, per esempio, qui in Italia da “Lotta Continua”, pur nella consapevolezza che il lavoratore ha raggiunto su queste basi, il massimo grado di benessere che storia umana ricordi.
Però nel periodo in cui non c’era nessuna concorrenza da parte dei Paesi da dietro la “cortina di ferro”. Nessuna concorrenza da parte della Cina comunista di Mao. Nessuna concorrenza da parte dei Paesi del Terzo Mondo tecnologicamente arretrati. Molto alti gli utili per il capitale molti alti i salari dei lavoratori. Cogestione pacifica nelle grandi aziende. Rarissimi gli scioperi diversamente che in Italia. Fino al 1989 le cose stavano esattamente così.
L’ipotesi A, quella che supponeva l’esistenza del “tarlo” nell’ideologia socialdemocratica sulla base delle considerazioni fatte, a mio avviso, è dunque è erronea. Il modello socialdemocratico non era già predestinato per cause endogene al fallimento come per quanto è successo per l’URSS. Al contrario, se solo avesse potuto continuare la sua opera in Europa e avesse potuto attecchire in altre parti del mondo, compresi gli USA, non ci sarebbe stata la crisi del 2008 e avremmo avuto in eredità un mondo migliore.
L’ipotesi B. Il modello socialdemocratico si è atrofizzato a causa di iniezioni “virali” propinate dall’armata neoliberista.
Attacchi avvenuti già negli anni 70 con una campagna mondiale propagandistica, poi con interventi anche militari golpistici per imporre il modello liberista a Stati che si stavano avviando in percorsi socialisti (vedi Cile di Pinochet), facendo fluttuare monete senza ancoramento alcuno al dollaro e mettendo le mani sopra a tutti gli istituti internazionali regolatori del mercato facendolo diventare globalizzato, ovvero sgregolato, senza regole né vincoli.
Poi agli inizi degli anni ’90, dopo quando le imprese sono state cannibalizzate dal capitalismo finanziario, senza più capitalisti “capitani d’industria”, è iniziato il ventennio neoliberista così come nel mondo intero così anche in Europa.
Il Trattato di Maastricht (noto anche come Trattato sull'Unione europea, TUE) firmato il 7 febbraio 1992, aldilà di Manifesto e programmi socialdemocratici e al di sopra di Costituzioni socialdemocratiche come quella italiana, ha istituito la “costituzione liberista europea” confermando l’escalation delle privatizzazioni di ogni tipo e ambito economico ma non solo economico, anche sociale e culturale.
Dopo tiepide riluttanze degli anni ’80, nel 1999 la filosofia politica contenuta nel manifesto del 1959 di Bad Godesberg è stata così definitivamente abbandonata e il riformismo socialista europeo, peraltro mai precedentemente perseguito fino in fondo, sì è dissolto nelle spire del neoliberismo. In economia a nulla sono serviti le enunciazioni quali .
Solenne documento politico che evidentemente, sempre col senno di poi, non ha retto all’offensiva neoliberista degli anni ’90.
Così come a proposito di “economia mista” sono crollati i seguenti proponimenti socialdemocratici contro il mercatismo.

Completamente disatteso anche il proclamato controllo pubblico sull’economia. Un efficace controllo pubblico deve impedire ogni abuso di potere dell’economia. I suoi strumenti più importanti saranno il controllo degli investimenti e il controllo delle forze che dominano il mercato.>

Era nel mentre passata la vulgata: socialdemocrazia palla al piede dello sviluppo economico.

Attualmente, siamo nell’0ttobre 2009 il modello di economia socialdemocratico europeo non è morto per sua malattia intrinseca ma è stato certamente tramortito e per gli attacchi virulenti neoliberisti dell’ultimo ventennio e per l’adattamento camaleontico del socialismo europeo al liberismo..
Adattamento comprensibile soltanto tirando in ballo il meccanismo di difesa psicoanalitico definito “identificazione col nemico” o come diceva bene il vecchio Marx, psicologo anch’esso, alla “falsa coscienza” dei massimi dirigenti del PSE per giustificare il loro attaccamento al potere. Grave malattia psichica la dipendenza dal potere!
Ma prima di questo attacco frontale, come già accennato, c’è stata la fase precedente, quella silente tesa a sterilizzare le Costituzioni Italiana e Tedesca promuovendo con leggi nazionali e direttive europee una costituzione europea di fatto liberista.
L’attacco da parte del clan mondiale liberista al modello socialdemocratico, a dire di David Harvey (Breve storia del neoliberismo, Il saggiatore 2007) era già silenziosamente partito negli anni ’70, finalmente dopo il crollo comunista bisognava solo velocizzare l’operazione annientamento di economia mista, beni pubblici, diritti del lavoro, stato sociale universalistico.
Anche Aldo Giannuli in un suo recente articolo apparso su “l’Unità” conferma il “complotto mondiale della classe straricca”, ne indica la composizione del “clan” e fa nomi e cognomi dei portavoce mediatici.

All’inizio dei primi anni del terzo millennio sembrava dunque essere arrivati alla fine della storia del socialismo.
Ma il tempo è galantuomo, così come per il crollo di Berlino del 1989 evento simbolo del fallimento del comunismo e il suo modello del totalitarismo statale in economia (evento che ha fatto anche vacillare il modello europeo socialdemocratico), nell’autunno 2008 è arrivato anche il crollo di Wall Street evento finanziario- economico che ha sancito il fallimento del modello liberista.
Questo evento certamente paragonabile alla crisi del 1929 dovrebbe essere considerato prova provata che il modello liberista del libero mercato – finanza (globalizzata) e impresa (multinazionale) è la causa della crisi e che senza l’intervento degli Stati dalla crisi non se ne sarebbe usciti. Ma ecco il problema, con quale finalità è stato fatto l’intervento statale ? Per perpetuare il capitalismo o per avviare velocemente il suo declinare ?
Personalmente sono convinto che il modello socialdemocratico sia in grado di avviare il declino più o meno rapido del “capitalismo puro”.
Invece nonostante la crisi mondiale del 2008 non pare proprio che ci sia la rincorsa a liquidare il sistema liberista. Gli interventi statali, per portare l’esempio degli USA sono dubbi.
I salvataggi delle grandi industrie non sono state certamente nazionalizzazioni.
Solo con una costituzione del tipo di quella Italiana e Tedesca sarebbe – teoricamente – possibile. Invece solo temporaneamente i commissari USA stanno nei consigli di amministrazione, solo lo stretto necessario perché l’azienda si rimetta in sesto e riprenda a produrre elargendo dividendi azionari e pagando salari ai lavoratori.
Certo ci sono alcuni interessanti segnali come quello del tutto eccezionale della Chrysler con il 55% in mano al Fondo pensione dei lavoratori. Ma tutti dicono che si tratta di situazione temporanea, poi il capitale ritornerà al “padrone”. Quale ? Quello impalpabile del mercato finanziario ?
Si vedrà.

Prima della grandissima crisi del 2008 bastava che le borse – seppure drogate – lievitassero e questo sembrava prova provata che il modello economico liberista funzionasse. Eppure i nostri dirigenti socialisti europei con relativi esperti di economia sapevano del colossale indebitamento pubblico degli USA (il paradosso massimo che il prototipo di modello (fintamente) liberista, abbia avuto e lo ha ancora, un inimmaginabile buco di bilancio, molto maggiore di quello complessivo dell’UE fino a ieri con modello economico socialdemocratico (economia mista, welfare universalistico); voragine di bilancio USA (senza crescita di produzione industriale interna), tappata temporaneamente dai prestiti della ex Cina comunista.
Eppure, montando la disoccupazione dei cittadini americani per chiusura di fabbriche dovuta a sempre più frequenti dislocazioni in paesi a manodopera a costo intorno allo zero, che il governo degli USA liberista alla Bush non ha mai contrastato mentre sobillato dal FMI e da quanti altri finanzieri e alti managers di multinazionali incitava i cittadini ad indebitarsi senza minimamente pensare a come pagare vista la disoccupazione dilagante. Ma nessuna preveggente analisi da parte di economisti socialdemocratici è venuta a mettere in guardia la gente comune: piccoli azionisti, sottoscrittori di bond e di fondi d’investimento e soprattutto dei firmatari di mutui capestro per la casa. . Lasciamo solo per un momento da parte i gravissimi danni causati dalle multinazionali all’equilibrio ecologico mondiale. La crisi ha messo davanti agli occhi di tutti che la mano invisibile del mercato lasciata a se stessa non può portare altro che distruzione demografica, ecologica, culturale e sociale.
E siamo alla pur labile presa di coscienza da parte del PSE.
Solo dopo questo catastrofico evento prima finanziario e poi economico nel PSE c’è stata una prima che è ben documentata dal Manifesto EuroSocialista di Madrid del dicembre 2008 che è, seppur minimamente, già da ritenersi un rientro nel vecchio alveo socialdemocratico rinnovato alla luce del diritto all’ecologia, tanto che il Manifesto EuroSocialista di Madrid si potrebbe anche qualificare come “socialdemocrazia-verde”.
E’ una evidente sconfessione del precedente Manifesto social-liberista Europeo che aveva preso le mosse a Londra del 1999 e che per quasi dieci anni ha fatto sfracelli.
La recente sconfitta dell’SPD è stata principalmente causata dal non aver prontamente adottato in tutte le sue parti i proponimenti del Manifesto Eurosocialista. Che coerenza voleva di non andare alle elezioni alleati con il partito conservatore-liberista della Angela Merkel. Le elezioni hanno fatto giustizia.
Nonostante la presa di coscienza degli errori compiuti da parte di SPD e del PSE l’ottusa chiusura nei confronti della Linke di Lafontaine persistette anche dopo Madrid. C’è voluto il crollo della SPD alla ultime elezioni per capire finalmente come stavano le cose. Il definitivo fallimento del neoliberismo e della “terza via”. Speriamo ora in un dialogo tra delle due componenti della sinistra tedesca, per un Governo prima dei due Land in cui si può fare la maggioranza SPD Linke Verdi e poi dopo il giusto periodo di astinenza dal potere governativo all’opposizione per poi riprendere a governare la Germania ma con un programma di socialdemocrazia-verde.
Che non debba più succedere come è successo con il suo primo cancellierato Schroeder che vincolato dal congresso della SPD per mantenere in economia posizioni più socialdemocratiche le ignorò totalmente attuando politiche neoliberiste. Quelle stesse politiche liberiste che volle poi farsi avallare con il documento “Europe: The Third Way, Die Neue Mitte” da lui sottoscritto con Blair a Londra nel 1999.
Dunque, Goodbye terza via ! Goodbye liberismo ? Non mi pare che i padroni del mondo vogliano mollare la presa. In ambito socialista europeo siamo solo a livello di buoni proponimenti.
Resta il fatto che la campagna neoliberista in questi ultimi venti anni ha lasciato una impronta profonda nel mondo, molto difficilmente cancellabile nel breve periodo. Resta il fatto che i Paesi europei sono governati da partiti di destra- conservatrice-liberista e che nel Parlamento europeo sono in maggioranza.
Dunque la classe degli straricchi del mondo, variamente declinata (mercato finanziario e imprese multinazionali) ha ancora tutte le leve del comando ben strette nelle sue mani.
Leve perfettamente oleate ben piazzate all’interno nel corpo legislativo di ogni Paese del mondo. L’ultimo spazio conquistato quello dell’U.E., dal trattato di Maastrich (sostanzialmente al servizio di banche, finanza e multinazionali) fino al trattato di Lisbona che conferma sostanzialmente il trattato di Maastricht che fa dell’Europa un grande mercato essenzialmente sregolato in competizione con il resto del mercato del mondo sregolato anch’esso. Anche l’adozione dell’Euro sembra misura di stabilizzazione monetaria in perfetta coerenza con il l’ideologia liberista in attesa del regolamento dei conti con il dollaro USA, per arrivare alla moneta unica di compensazione degli affari mondiali. Confido che esperti come Guido Rossi o Salvatore Biasco possano illuminarci presto sull’argomento.
Inoltre si sono anche predisposte condizioni tipo “tela-mulino”, giochino carico per il quale quando i padroni di finanza e imprese multinazionali sono in attivo, fanno tagliare modeste cedole agli azionisti del parco buoi, aumentano i già fastosi stipendi dei manager del consiglio di amministrazione e i vistosi premi di produzione all’eccellente consigliere delegato. Ovviamente parliamo già della recente fase storica per cui per il lavoratore il salario si va facendo sempre più misero mentre avanza la precarietà lavorativa.
Se però, come accade ciclicamente, quando le bolle finanziarie scoppiano e c’è crisi nell’industria, quelli dell’Internazionale neoliberista (in realtà un arcipelago composito e fluttuante che ha i suoi rappresentanti nel mondo della politica, della finanza dell’impresa, nelle università ma con l’unico scopo di spartire tra i pochi “eletti” del mondo il massimo utile possibile lasciando, quando c’è, il minimo al restante 95% degli esseri umani) chiedono di ripianare le loro perdite allo Stato con la scusa che sennò devono chiudere le aziende e mandare a spasso i lavoratori.
E in effetti come è avvenuto nei casi di fallimento delle aziende finanziarie, ma anche di colossi industriali a rimetterci sono stati i lavoratori e i piccoli azionisti. I grandi manager ne sono usciti ancora più ricchi di prima.
Il punto debole per la componente Lavoro è che nessuno a sinistra, tanto meno i socialdemocratici, hanno fatto prendere coscienza ai lavoratori che con l’attuale sistema finanziario e imprenditoriale è possibile comprarsi il capitale della loro azienda. A parte alcuni sparuti precedenti di occupazioni di fabbriche da parte di lavoratori (dirigenti, quadri, impiegati e operai) avvenuti in Argentina dopo la crisi di circa dieci anni e il successivo acquisto delle rispettive fabbriche, “i mezzi di produzione“ di gloriosa memoria, non ci sono altri esempi da segnalare per i quali i lavoratori si siano voluti prendere la responsabilità di gestire in proprio la loro impresa.
Queste le considerazioni, spero convincenti, che evidenziano la falsità dell’ipotesi A –
Mentre viene confermata l’ipotesi B per cui E ora nel 2009 dopo la cocente sconfitta elettorale subita dalla SPD cosa succederà mai a Dresda al congresso straordinario prossimo novembre 2009 ?
(Andrea Tarquini La Repubblica mercoledì 30 settembre 2009)
Ma quale svolta rovesciata si potrà mai fare a Dresda nel novembre prossimo rispetto a quella di Bad Godesberg” se quella “moderata” del 1959 è stata ritenuta nel 1999 “palla al piede” dell’economia europea dai post socialdemocratici, ” Schroeder-Blair,, il gatto e la volpe della “terza via” ? Cosa altro si potrebbe mai indicare come sinistra di governo oltre a quanto già previsto dalla svolta socialdemocratica “moderata” che propugnava economia mista e tutto il resto di controlli e vincoli dello Stato previsti e cogestione delle fabbriche ?
Occorre come sinistra recuperare tutto quanto indicato nel Manifesto di Bad Godesberg e inoltre è necessario come previsto dal Manifesto LiberalSocialista che il riformismo socialista si realizzi compiutamente: che il Lavoro si compri il capitale, il piano Meidner è già stato scritto dalla migliore socialdemocrazia svedese!
La tenzone tra capitalismo (lavoro morto) e lavoro vivo continua !

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Allegato:

venerdì 23 ottobre 2009

IL GRANDE INGANNO: DA MAASTRICHT A LISBONA


Di Solange Manfredi


PREMESSA

Nel corso di questi anni ho scritto diversi articoli sottolineando alcune sentenze o leggi che, a mio parere, presentavano diverse anomalie:

- violazioni costituzionali nell'esercizio della politica monetaria (http://www.altalex.com/index.php?idnot=37819 );

- attentato agli organi costituzionali
( http://paolofranceschetti.blogspot.com/2007/11/attentato-agli-organi-costituzionali.html );

- La costituzione inesistente, abbiamo perso tutto (http://paolofranceschetti.blogspot.com/2009/01/la-costituzione-inesistente-abbiamo.html );

- Il lodo Alfano? Un falso bersaglio, l'Italia ha perso la tutela dei diritti umani (http://paolofranceschetti.blogspot.com/2009/10/il-lodo-alfano-un-falso-bersaglio.html )

Non riuscivo a spiegarmi, allora, perché questi fatti non venissero segnalati, commentati e, soprattutto, perché i media tacessero la “pericolosità” di quanto stava accadendo.

Oggi, probabilmente, ho capito il perché di quell'assordante silenzio.

Quella che vi sto per raccontare è la storia di un grande inganno, un inganno che parte da lontano, sin dalla fine della seconda guerra mondiale.

E' la storia di un progetto (eversivo???) che vuole l'Europa governata da una oligarchia.

Poiché il progetto subisce, nel 1992, un'importante accelerazione, è da tale anno che inizieremo a raccontare questa storia.

MAASTRICHT

Il 29 gennaio 1992 viene emanata la legge n. 35/1992 (Legge Carli – Amato) per la privatizzazione di istituti di credito ed enti pubblici.

Passano pochi giorni ed ecco un'altra data cruciale, il 07 febbraio 1992. In questa data avvengono due fatti estremamente importanti per la realizzazione del progetto:

- viene varata la legge 82 con cui il ministro del Tesoro Guido Carli (già governatore della Banca d’Italia), attribuisce alla Banca d’Italia la facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con il Tesoro. Ovvero dal 1992la Banca D'Italia decide autonomamente per lo Stato italiano il costo del denaro;

- Giulio Andreotti come Presidente del Consiglio assieme al Ministro degli Esteri Gianni de Michelis e il Ministro del Tesoro Guido Carli firmano il Trattato di Maastrich, con il quale vengono istituiti il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e la Banca centrale europea (BCE). Il SEBC è un’organizzazione, formata dalla BCE e dalle banche centrali nazionali dei paesi dell’Unione europea, che ha il compito di emettere la moneta unica (euro) e di gestire la politica monetaria comune con l’obiettivo fondamentale di mantenere la stabilità dei prezzi.

I cittadini italiani non si rendono conto della gravità delle conseguenze che questi atti hanno, ed avranno, sulle loro vite. Ne subiscono le conseguenze, e quando si domandano “perchè”, ogni volta viene loro proposto un capro espiatorio diverso. L'importante è che i cittadini non riescano a capire quanto sta avvenendo.

I potenti, nel frattempo, continuano a lavorare al loro progetto e, il 13 ottobre 1995, il governo italiano, con il D.M. n. 561, pone il segreto su:

- art. 2) atti, studi, analisi, proposte e relazioni che riguardano la posizione italiana nell'ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria….;

- d) atti preparatori del Consiglio della Comunità europea;

- e) atti preparatori dei negoziati della Comunità europea…

- Art. 3. a) atti relativi a studi, indagini, analisi, relazioni, proposte, programmi, elaborazioni e comunicazioni …..sulla struttura e sull'andamento dei mercati finanziari e valutari….; ecc…).

Insomma, quanto il Governo sta facendo per realizzare il progetto europeo non si deve sapere, men che meno in ambito di politica monetaria.

Il 01 gennaio 2002 l'Italia ed altri paesi europei (non tutti) adottano come moneta l'euro. E' il crollo. I prezzi raddoppiano, gli stipendi no. La crisi economica si acuisce. Anche in questo caso viene offerto ai cittadini qualche capro espiatorio per giustificare una crisi che, invece, secondo alcuni analisti, è stata pianificata da tempo.

Il 04 gennaio 2004 Famiglia Cristiana rende note le quote di partecipazione alla Banca D'Italia. Si scopre così, per la prima volta (le quote di partecipazione di Banca d'Italia erano “riservate”) che l'istituto di emissione e di vigilanza, in palese violazione dell'art. 3 del suo statuto (In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici) è, per il 95% in mano a banche private e società di assicurazione (Intesa, San Paolo, Unicredito, Generali, ecc..). Solo il 5% è dell'INPS.

Da quando la Banca d'Italia è in mano ai privati? Come è potuto succedere tutto ciò? La risposta è semplice: con la privatizzazione degli istituti di credito voluta con la legge n. 35/1992 Amato- Carli, cui, l'ex governatore della Banca d'Italia, ha fatto subito seguire la legge 82/1992, che dava facoltà alla Banca D'Italia di decidere autonomamente il costo del denaro.

In altri termini con queste due leggi la Banca d'Italia è divenuta proprietà di banche private che decidono da sole il costo del denaro sancendo così, definitivamente, il dominio della finanza privata sullo Stato. A questo stato di cose seguono i noti scandali bancari (Bond argentini, Cirio, Parmalat, scalata Unipol con il rinvio a giudizio del governatore di Banca d'Italia Fazio, ecc..) con grande danno per migliaia di risparmiatori.

Possibile che il Ministro Carli, ex governatore della Banca d'Italia, non si sia accorto di tutto ciò? Ed ancora: è possibile che i politici, ministri del Tesoro, governatori non si siano accorti, per ben 12 anni, di questa anomalia? Comunque se ne accorgono alcuni cittadini, che citano immediatamente in giudizio la Banca d'Italia.

Il 26 settembre 2005 un giudice di Lecce, con la sentenza 2978/05, condanna la Banca d'Italia a restituire ad un cittadino (l’attore) la somma di euro 87,00 a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito monetario.

Nella sentenza viene sottolineato, inoltre, come la Banca d’Italia, solo nel periodo 1996-2003, si sia appropriata indebitamente di una somma pari a 5 miliardi di euro a danno dei cittadini. Ma ancora non basta, perché la perizia del CTU nominato dal giudice mette in evidenza:

Per quanto concerne la Banca D'Italia:

- come questa sia, in realtà, un ente privato, strutturato come società per azioni, a cui è affidata, in regime di monopolio, la funzione statale di emissione di carta moneta, senza controlli da parte dello Stato;

- come, pur avendo il compito di vigilare sulle altre banche, Banca D'Italia sia in realtà di proprietà e controllata dagli stessi istituti che dovrebbe controllare;

- come, dal 1992, un gruppo di banche private decida autonomamente per lo Stato italiano il costo del denaro.

Per quanto concerne la BCE:

- come questa sia un soggetto privato con sede a Francoforte;

- come, ex art. 107 del Trattato di Mastricht, sia esplicitamente sottratta ad ogni controllo e governo democratico da parte degli organi dell’Unione Europea.

- come la succitata previsione faccia si che la BCE sia una sorta di soggetto sovranazionale ed extraterritoriale;

- come, tra i sottoscrittori della BCE, vi siano tre stati (Svezia, Danimarca ed Inghilterra) che non hanno adottato come moneta l’euro, ma che, in virtù delle loro quote, possono influire sulla politica monetaria dei paesi dell’euro.

In altri termini la sentenza mette in evidenza come lo Stato, delegato dal popolo ad esercitare la funzione sovrana di politica monetaria, dal 1992 l’abbia ceduta a soggetto diverso dallo Stato: prima alla Banca D’Italia (di proprietà al 95% di privati), quindi alla BCE (soggetto privato, soprannazionale ed extraterritoriale).

Così' facendo lo Stato ha violato due articoli fondamentali della Costituzione:
L'art. 1 che recita: “...La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Infatti il popolo aveva delegato i suoi rappresentanti ad esercitare la funzione sovrana di politica monetaria, non a cederla a soggetti privati

L'art. 11 della Costituzione che recita: “L'Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

L’art. 11 della costituzione consente limitazioni (non già cessioni) della sovranità nazionale solo in favore di altri Stati. Ma la BCE non è uno Stato, né organo di altri Stati.

Inoltre, la sovranità monetaria non è stata ceduta a condizioni di parità (le quote di partecipazione alla BCE non sono paritarie), vi fa parte anche la Banca d’Inghilterra che non fa parte dell’euro e partecipa alle decisioni di politica monetaria del nostro Stato, senza che lo Stato italiano possa in alcun modo interferire nella politica monetaria interna.

Ed ancora. Tale limitazione (non cessione) può essere fatta ai soli fini di assicurare “la pace e la giustizia tra le Nazioni”. I fini della BCE non sono quelli di assicurare pace e giustizia fra le nazioni, ma quello di stabilire una politica monetaria (per una disamina più approfondita della problematica rimando al mio articolo “violazioni costituzionali nell'esercizio della politica monetaria: http://www.altalex.com/index.php?idnot=37819 ).

La sentenza è, quindi, estremamente importante e, per taluni, anche estremamente pericolosa, visto che ai politici, che illegittimamente hanno concesso la sovranità monetaria prima alla Banca d'Italia e poi alla BCE potrebbero essere contestati i reati di cui agli artt.

- 241 c.p: “Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza dello Stato, è punito con l'ergastolo”.

- 283 c.p.: "Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo con mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni".

I politici, infatti, hanno ceduto un potere indipendente e sovrano ad un organismo privato e, per quanto riguarda la BCE, anche esterno allo stato.

Il pericolo c'è, ma la paura di un possibile rinvio a giudizio per questi gravi reati dura poco, qualche mese.

Per una strana coincidenza, a soli 5 mesi dalla sentenza che condanna la Banca d'Italia, nell'ultima riunione utile prima dello scioglimento delle camere in vista delle elezioni, con la legge 24 febbraio 2006 n. 85 dal titolo “Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione” vengono modificati proprio gli artt.241 (attentati contro l'indipendenza, l'integrità e l'unità dello Stato); 283 (attentato contro la Costituzione dello Stato); 289 (attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali), ovvero le figure di attentato alle istituzioni democratiche del paese, che, diciamolo, con i reati di opinione hanno ben poco a che vedere.

Cosa cambia con questa modifica?

Nella sostanza le figure di attentato diventano punibili solo se si compiono atti violenti, se si attenta alla costituzione semplicemente abusando di un potere pubblico non si commette più reato.

I politici, dunque, non solo sono salvi per quanto concerne il passato, ma, da ora in poi, potranno abusare del loro potere pubblico violando la costituzione senza più rischiare assolutamente nulla.

Certo, questa modifica priva la nostra Repubblica di qualsiasi difesa, ma di questo pare nessuno se ne accorga. (per una disamina più approfondita dell'argomento rimando al mio articolo “Attentato agli organi costituzionali” http://paolofranceschetti.blogspot.com/2007/11/attentato-agli-organi-costituzionali.html )

Pochi mesi dopo questa modifica arriva la sentenza 16751/2006 della Cassazione a sezioni Unite, che accoglie il ricorso di Banca D'Italia avverso la succitata sentenza del giudice di Lecce. Nelle motivazioni si legge:”... al giudice non compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali e di partecipazione ad organismi sovranazionali: funzioni in rapporto alle quali non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto”.

In altri termini il giudice non può sindacare come lo stato esercita le sue funzioni sovrane, neanche quando queste arrechino un danno al cittadino.

Ma, come abbiamo appena visto, il cittadino è rimasto anche privo di difese anche nel caso in cui, abusando di poteri pubblici, la sua sovranità venga svenduta a soggetti privati.

E allora che fare?

Al cittadino resta un'ultima flebile speranza? Può aggrapparsi alla violazione dell'art. 3 dello statuto della Banca d'Italia? Assolutamente no, a dicembre del 2006 anche l'art. 3 dello Statuto, ovviamente, è stato modificato. Ora non è più necessaria nessuna partecipazione pubblica in Banca d'Italia. Tutto in mano ai privati per statuto.

La sovranità monetaria è persa. Ma l'inganno è solo all'inizio, anche se è stato portato a termine un tassello importante del progetto, in fondo si sa, è il denaro che governa il mondo.

LISBONA

I potenti, sicuri della loro totale impunità, proseguono nel grande inganno e, visto che nel 2005 la Costituzione europea (che presentava palesi violazioni con le maggiori costituzioni europee e pareva scritta per favorire le grandi Lobby affaristiche in danno dei cittadini) era stata bocciata da francesi ed olandesi al referendum, decidono che, per far passare il testo, si deve agire in due modi:

- evitare di far votare la popolazione;

- rendere il testo illeggibile

Il loro progetto prevede di lasciare la Costituzione Europea immutata e, per evitare il referendum, di chiamarla "Trattato".

Poi, per evitare che il cittadino si renda conto che nulla è cambiato, rendono il testo illeggibile inserendo migliaia di rinvii ad altre leggi e note a piè pagina, come hanno confessato:

- l'ex presidente francese Valéry Giscard D’Estaing: “Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum”;

- il parlamentare europeo danese Jens-Peter Bonde “I primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. La loro intenzione era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori;

- il nostro Giuliano Amato: “Fu deciso che il documento fosse illeggibile...Fosse invece stato comprensibile, vi sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum”.

Nel 2007 tutto è pronto, e il 13 dicembre i capi di governo si riuniscono a Lisbona per firmare il Trattato, ovvero la Costituzione europea bocciata nel 2005 e resa illeggibile. Ora, manca solo la ratifica dei vari stati.

Il parlamento italiano ratifica il trattato di Lisbona l'08 agosto del 2008, approfittando della distrazione dei cittadini dovuta al periodo feriale. Nessuno spiega ai cittadini cosa comporti la ratifica del Trattato, ed i media, ancora una volta, tacciono.

In realtà con quella ratifica abbiamo ceduto la nostra sovranità in materia legislativa, economica, monetaria, salute e difesa ad organi (Commissione e Consiglio dei Ministri) che non verranno eletti dai cittadini. Il solo organo eletto dai cittadini, Parlamento Europeo, non avrà, nei fatti, alcun potere (per una disamina più approfondita del Trattato rimando all'ottimo articolo di Paolo Barnard sul trattato di Lisbona: http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=139).

Ancora una volta i nostri politici, abusando del loro potere pubblico, hanno violato l'art. 1 e 11 della nostra costituzione.

L'art. 1 perchè, come detto, lo stato ha la delega ad esercitare la funzione sovrana in nome e per conto dei cittadini, non a cederla. E' come se una persona avesse il compito di amministrare un immobile e lo vendesse all'insaputa del proprietario, abusando del potere che gli è stato conferito.

Inoltre ha violato l'art. 11 perché, come abbiano visto: “L'Italia …. consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità

Lo stato, invece, ancora una volta ha ceduto la sovranità e l'ha ceduta non in condizioni di parità. Infatti l'Inghilterra, che già non ha aderito all'euro, in sede di negoziato ha ottenuto diverse e importanti esenzioni per aderire al Trattato di Lisbona, eppure pare che il primo presidente europeo sarà proprio l'ex primo ministro inglese Tony Blair.

La nomina a presidente europeo di Blair deve far riflettere, sopratutto in ordine alla c.d. Clausola di Solidarietà presente nel Trattato di Lisbona. Detta Clausola prevede che ogni nazione europea sia tenuta a partecipare ad azioni militari quando si tratti di lottare contro «azioni terroristiche» in qualunque altra nazione.

In problema è che nessuno ha definito cosa si intenda per "azioni terroristiche".

Chi deciderà chi è un terrorista e perchè? Persone come Tony Blair, in passato coinvolto nello scandalo sulle inesistenti armi di distruzione di massa in mano a Saddam con cui è stata giustificata la guerra all'Irak?

A quante guerre ci sarà chiesto di partecipare solo perché qualche politico non democraticamente eletto avrà deciso di usare la parola “terrorista” o “azione terroristica”?

Si consideri che già, oggi, basta definire un cittadino “presunto terrorista” per poterlo privare dei diritti umani e permettere che i servizi segreti possano sequestrarlo a fini di tortura, attività criminale che potrà, poi, essere coperta con il segreto di stato, come ha recentemente confermato con la sentenza 106/2009 anche la nostra Corte Costituzionale (per una disamina più approfondita della problematica rimando al mio articolo: “Il lodo Alfano? Un falso bersaglio, l'Italia ha perso la tutela dei diritti umani (http://paolofranceschetti.blogspot.com/2009/10/il-lodo-alfano-un-falso-bersaglio.html)

Ma il dato più allarmante è che, con il Trattato di Lisbona, viene reintrodotta la pena di morte.

Ovviamente tale dicitura non è presente nel testo del Trattato, ma in una noticina a piè pagina (si continua nell'inganno).

Leggendo attentamente questa noticina, e seguendo tutti i rimandi, si arriva alla conclusione che con il Trattato di Lisbona accettiamo anche la Carta dell'Unione Europea, la quale dice "La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: Per eseguire un arresto regolare o per impedire l'evasione di una persona regolarmente detenuta ; per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un'insurrezione” (articolo 2, paragrafo 2 della CEDU).

La cosa è di estrema gravità. Infatti, anche in questo caso, chi deciderà che una protesta è sfociata in disordini tali da rendere lecito un omicidio? (l'Italia, poi, ha un triste primato in fatto di “agenti provocatori” pagati per trasformare una manifestazione in guerriglia).

In quali casi si potrà sparare sulla folla disarmata? Chi deciderà quando potranno essere sospesi i diritti umani? Perché di questo si tratta.

Ecco la storia di un grande inganno, un inganno che inizia con il cedere illecitamente, proteggendosi con il segreto, la funzione sovrana dell'esercizio della politica monetaria a privati. Nello sfuggire alle responsabilità del proprio operato depenalizzando le figure di attentato alla costituzione. Nell'approfittare delle ferie estive per ratificare un trattato con cui vengono cedute le nostre restanti sovranità (legislativa, economica, monetaria, salute, difesa, ecc..) ad una oligarchia non eletta e che nessuno conosce. Ed, in ultimo, nel dare il potere a qualche politico di poter privare i cittadini dei loro diritti umani semplicemente con una parola.

Così, quando i cittadini si renderanno conto che hanno perso tutto, che la loro vita viene decisa da una oligarchia di potenti non eletti democraticamente, quando si renderanno conto del grande inganno in cui sono caduti non sarà loro concesso neanche reagire o protestare, perchè basterà una sola parola per trasformare la reazione in “azione terroristica” o la protesta in “insurrezione”, legittimando così la sospensione dei diritti umani e l'applicazione della pena di morte. Il tutto, poi, verrà coperto con il segreto di stato.

Socio fondatore del Gruppo di Volpedo e del Network per il socialismo europeo .