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GLOBALIZZAZIONE SOLIDALE

TITOLO

BIOETICA e LAICITA’ di GLORIA BARDI

DATA PUBBLICAZIONE

17/04/2005

LUOGO

Genova


L’esigenza di affrontare in termini etici le questioni relative alla vita ha avuto inizio nel secondo dopoguerra, sulla scorta di alcuni fondamentali eventi:
- L’uso disumano della scienza, e della ricerca medica in particolare, durante la guerra e il nazismo, che ha posto la necessità di un costante riferimento ai valori, che identifichi il punto di equilibrio tra il tutto lecito e il nulla lecito.
- I rapidissimi sviluppi della tecnologia in campo biomedico, che hanno guadagnato al territorio della scelta umana ciò che prima era il territorio dell’accadere naturale (concepimento, morte, patrimonio genetico etc.), dominato dal caso o dalla necessità.
- L’affermazione liberale dei diritti personali e universali dell’uomo che ne tutelino interessi e libertà di scelta dall’arroganza del potere.
E’ evidente che la dimensione della scelta ha reso urgente la discussione filosofica sui valori in termini etici, e sulle norme, in termini giuridici, oltre che sulla loro relazione: che cosa deve accomunare e che cosa deve differenziare etica, diritto, politica?
E’ altrettanto evidente che le nuove possibilità prospettano conflitti tra valori e ci obbligano a istituire confronti e scegliere quale tra essi sia destinato a prevalere.
Ritengo, ad esempio, che nessuno dubiti del valore della vita, a tutti i suoi livelli di sviluppo, embrione compreso (bioetica di inizio vita); il problema si pone quando la tutela di tale valore, o se si vuole il “diritto dell’embrione”, entra in conflitto con altri valori e con i corrispondenti diritti, quali la salute della donna, la sua integrità fisica, la genitorialità, la salute del nascituro (quando ad esempio si rischia di perdere un embrione per effettuare diagnosi preimpianto che garantiscano le migliori chances al nascituro), la possibilità di cura per malattie degenerative (è questo il caso dell’utilizzo delle cellule staminali embrionali nella ricerca), insomma la qualità della vita in generale.
La stessa cosa vale per la morte (bioetica di fine vita), quando difendere la vita significa scegliere, per altri, la sofferenza e il degrado rispetto allo stesso personale sentimento dell’umana dignità. Ritengo che la condanna alla vita, in determinate situazioni, sia crudele almeno quanto la condanna a morte, né possiamo ignorare le condizioni che si accompagnano all’esistenza in stato vegetativo permanente (decubito, continue infezioni etc.).
Certo, interrompere una vita o consentire che essa si interrompa, astenendosi dal fornire sostentamento non è una decisione da prendere con disinvoltura né può essere di routine; essa va anzi considerata caso per caso, evitando le generalizzazioni, tramite l’opera seria dei comitati etici che spesso riflettono, però, le ideologie di chi risulta politicamente vincitore. Valga per tutti il caso del comitato etico nazionale, a maggioranza cattolica con l’avvento al potere delle destre.

Ancorarsi a fondamentalismi, sostenendo che la vita comunque è sacra significa, a ben guardare, evitarsi l’onere di scelte impegnative.
Pretendere che sia la legge a intervenire proibendo, significa invocare il diritto di essere irresponsabili a livello personale.
Tenterò di spiegarmi meglio, con un diverso ecaso: quando le nuove possibilità di manipolazione genetica, ad esempio, ci mettono in condizione di evitare determinate patologie agendo sull’embrione, non possiamo far finta che questa possibilità non esista né possiamo pretendere che sia la legge a non farla esistere, proibendo, e dobbiamo assumerci la responsabilità, anche a nome dei nostri discendenti, di rinunciarvi.
A ciò si aggiunge l’evidenza di una società globalizzata, con un doppio ordine di conseguenze:
la prima riguarda il fatto che la società è oggi multiculturale, e deve cimentarsi nella ricerca costante di un equilibrio tra diverse visioni della vita e differenti chiavi d’accesso alle tematiche in questione, evitando sia il dogmatismo che il relativismo, tentazioni eticamente semplificanti ma insostenibili. Estremizzando, infatti, dobbiamo chiederci, per quanto riguarda il relativismo, se sarebbe possibile consentire la pratica del cannibalismo nell’improbabile ipotesi di comunità che lo pratichino. Ritengo che il diniego sia scontato, ma questo pone di fronte alla fatica di cercare mediazioni.
Ora, nel nostro tipo di società lo stato non può che risultare neutrale e laico rispetto alle controverse visioni del bene che caratterizzano la società –individui e gruppi- e astenersi dallo sposare etiche massimaliste, limitandosi a garantire i principi minimali che garantiscano la convivenza, promuovendo il dialogo.
D’altro canto, ed è la seconda conseguenza del villaggio globale, dove la legge non mantiene questa prospettiva laica, ma si fa portatrice di visioni fondamentaliste, come avviene nell’ultracattolica Italia rispetto alla fecondazione assistita, si costringe di fatto chi legittimamente persevera nelle scelte a recarsi presso centri stranieri per vederle realizzate, con pregiudizio dell’uguaglianza delle chances di autorealizzazione che uno Stato che non sia ipocrita e irresponsabile deve garantire ai propri cittadini. Si sa che la legge 40 (sulla fecondazione assistita) ha prodotto un turismo della fecondità in direzione di molti paesi, tra cui l’altrettanto cattolica ma non altrettanto teocratica Spagna, che del resto già con il conservatore Aznar aveva autorizzato la ricerca sulle staminali embrionali.
Né va intesa, come talora si fa in evidente malafede, la posizione laica come una posizione antagonista rispetto a quella cattolica, dal momento che la laicità non è una visione della vita opposta ad altre ma piuttosto la rinuncia a sposare una qualsiasi particolare visione della vita e la creazione di uno spazio di convivenza e dialogo ove tutte siano possibili e perseguibili, fatti salvi alcuni valori irrinunciabili, senza reciproco discapito e senza imposizioni autoritarie.
Un conto è l’etica, su cui qualsiasi magistero deve potersi esprimere sulla base dei propri valori e creare cultura (guai se la Chiesa non avesse possibilità di espressione), un conto è la politica che non deve imporre tali scelte a chi non ne condivide i presupposti metafisici e teologici.
Come diversi cattolici illuminati hanno del resto riconosciuto, l’etica che voglia usare la spada (qui intesa come simbolo del potere) è un’etica che crede assai poco nella propria capacità di essere convincente sul piano dell’intendere e del volere.
Alla riflessione bioetica appartengono poi tante altre tematiche che interessano la vita, quali il rapporto medico-paziente, il consenso informato, gli screening genetici, gli xenotrapianti (trapianti da specie diverse), le biotecnologie, l’animalismo etc.
Questa finestra si confronterà settimanalmente con tali argomenti, nel tentativo di sollecitare una riflessione che sarà fondamentale per le scelte che, come nel prossimo referendum sulla fecondazione assistita, saremo chiamati sempre più spesso a esprimere.

 

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Socio fondatore del Gruppo di Volpedo e del Network per il socialismo europeo .