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CULTURA POLITICA

TITOLO

Mauro Barberis, Libertà, Il Mulino, Bologna 1999
  Ho l'occasione di segnalare - sebbene tardivamente - il libro di Barberis perchè mi sembra indispensabile al fine di orientarsi su questo valore conteso da tutti tanto di destra che di sinistra. Buona lettura. Luigi Fasce
DATA 14/05/2006
LUOGO Genova

Benché uscito nel 1999, e poi tradotto in spagnolo (Libertad, Nueva Visión, Buenos Aires, 2002), è un libro che continua a riscuotere, soprendentemente, un certo interesse. La sorpresa deriva dal fatto che non si tratta di un pamphlet politico, che intervenga sull’attualità o che comunque esprima le opinioni politiche dell’autore, ma di una storia del concetto di libertà attraverso tre millenni di discorso politico ocidentale: una storia, per di più, preceduta da un’introduzione metodologica, che qualsiasi lettore disinteressato ai preliminari è peraltro invitato a saltare. La sorpresa è forse appena diminuita dalla circostanza che le definizioni di ‘libertà’ e di ‘liberalismo’ fornite dal libro, e le cui origini sono rintracciate dalla storia, sono definizioni che provengono dal dibattito odierno, e sulle quali potrebbero concordare, restando per il resto in disaccordo su tutto, comunisti e liberali, democratici e fascisti.
Benché la storia cominci nel mondo classico, dalle concezioni “positive” e “repubblicane” greche e latine, la vera protagonista della storia è infatti la concezione moderna, “negativa” e liberale della libertà, come libertà dalle leggi e dallo Stato; sono le origini di questa specifica concezione della libertà che vengono cercate nei testi di politici greci e di giuristi romani, di filosofi ellenistici e di padri della Chiesa. Il conflitto di cui ci hanno parlato Isaiah Berlin e Norberto Bobbio, fra una concezione “negativa” e liberale da un lato, “positiva” e democratica dall’altra, scoppia peraltro solo nel mondo moderno: fra quanti, come ieri Locke e Montesquieu e oggi John Rawls e Ronald Dworkin, tendono a identificare libertà e legge, e quanti invece le distinguono, come ieri Hobbes, Bentham e Constant e oggi i “pluralisti” quali lo stesso Berlin.
D’altronde, non è necessario essere interessati a questo conflitto filosofico, e politico, che divide ancora i pensatori liberaldemocratici dell’Occidente fra loro, e da quelli del resto del pianeta, per abbandonarsi a questa storia della libertà. La si può anche leggere come una delle “grandi avventure” dello spirito, che come si sa, soffia imprevedibilmente dove vuole; oppure, al contrario, come una sorta di storia naturale di un concetto, che sopravvive, cresce e si modifica proprio come un organismo biologico, adeguandosi ai mutamenti dell’ambiente; o, se si vuole, come una sorta di romanzo, in cui compaiono anche personaggi familiari sin dai banchi di scuola, ma in cui mancano i buoni e i cattivi, e in cui alla fine non si scopre l’assassino, anche perché la storia continua, e la stiamo vivendo come se fosse appena cominciata.

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Socio fondatore del Gruppo di Volpedo e del Network per il socialismo europeo .