L'antagonista contro cui ci stiamo misurando è il capitalismo mondializzato versione imprenditoriale e finanziario che si è alleato con i teocon versione evangelica negli USA e cattolica nell'UE.
I partiti democratico (Obama) e repubblicano negli USA ne sono gli esecutori istituzionali così come lo sono tanto i partiti conservatori di destra attualmente al governo
nell'UE e lo sono stati prima di questi, alla fine degli anni del novecento, i governi socialisti che hanno teorizzato la "terza via". In Italia stessa cosa dal tempo dei governi Amato, D'Alema, Ciampi, Prodi.
Dal congresso di Praga PSE del 2009 e a tutt'oggi segnali di ripensamento sembrano esserci e l'ultimo segnale di cambiamento di rotta a sinistra, quello del "Documento comune del Partito socialdemocratico Tedesco e del Partito socialista Francese" lo testimoniamo. Ma non bastano le indicazioni proposte nel documento, che pure è un passo avanti per meglio "tosare la rendita del capitalismo finanziario" in favore del popolo sovrano, perché il
sistema economico resta quello dell'attuale modello liberista. Ma il gigante PSE si è pur mosso e si attesta almeno su posizioni keynesiane e promette cripticamente "La governance economica deve essere completamente democratica". (Il testo del documento è già
disponibile sulla mailinglist del Rosselli di Milano)
Chi sono i rappresentanti fisici di questo nuovo impazzito
capitalismo che non vuole fare compromessi con il mondo del lavoro, dell'ambiente e con il popolo (in democrazia sovrano) ... attualmente in Italia sono Napolitano, Monti, Casini Bersani, e torto collo Berlusconi e in Europa la BCE e Merkel e Sarkozy.
Dunque questi i nostri antagonisti, politici e istituzionali che quasi mai parlano di costituzione italiana e del titolo terzo parte economica che è un modello socialdemocratico alternativo a quello
liberista dell'UE.
C'è stato recentemente il risveglio del Parlamento europeo (a questo proposito allego documento) i cui
deputati sono forse l'unica élite che può avere interessi diversi da quella degli attuali governanti dell'UE, che attualmente ha manifestato l'intenzione di essere protagonista per la ridefinizione delle modifiche degli accordi. Il problema è sapere quali proposte
faranno i socialisti rispetto agli altri parlamentari conservatori e liberali-liberisti. Dovremmo almeno chiedere al PSE e al gruppo dei deputati socialisti quali sono queste proposte. In prospettiva resta
anche da vedere con quali programmi si presenteranno in Europa i partiti socialisti, dobbiamo spingere perché non solo ci sia un rappresentante socialista come presidente del Parlamento ma che ci sia su indicazione del PSE e deputati socialisti del parlamento, un
programma base comune che delinei chiaramente il modello di economia socialdemocratica alternativo al modello liberista e la scelta netta di modificare i trattati europei in tal senso per tutti i partiti nazionali che si presentano alle elezioni europee.
Il nostro seminario di gennaio in preparazione del convegno "la sinistra dopo Monti" mi pare non possa prescindere da questo scenario europeo, attuale e prospettico, per la preparazione delle elezioni politiche nazionali italiane del 2013.
Entro la metà del 2012 dobbiamo verificare se i nostri partiti italiani con cui potremmo condividere questo progetto politico di alternativa al liberismo-teocon attualmente egemone imperversante si
danno una mossa e si decidono di entrare nel PSE, parlo del PD e di SEL perché formalmente il PSI c'è ma in quanto a politiche socialdemocratiche in economia, grande è il suo scollamento dal PSE.
Pare che il dibattito in SEL sia attualmente acceso su questa possibilità di chiedere l'ingresso nel PSE; ignoro ma faccio ipotesi infausta per il PD che attualmente con Monti è più vicino al PPE che non al PSE.
Auguri, abbiamo un grandissimo lavoro da fare nei prossimi sei mesi di questo nuovo anno 2012!
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"La politica è l'ombra che il potere
economico ha posto sulla società".
(John Dewey)
Crisi finanziaria, economica e dell'euro: intervenire sui sintomi o sui nodi strutturali del modello liberista da parte del socialismo europeo ?
di Luigi Fasce
www.circolocalogerocapitini.it
Il monito di Jürgen Habermas «dalla mancanza di un orientamento capace di illuminare diagnosticamente la nostra epoca noi dovremmo concludere che siamo capaci di apprendimento soltanto se colpiti da catastrofi» sembra di particolare attualità.
Che dopo il crollo dell'URSS e nel ventennio 1989 2009 anche il socialismo europeo con la fantomatica terza via di Blair e Schroeder abbia perso il senso di orientamento socialdemocratico e si sia avviato sulla strada della destra liberista-teocon è storia, brutta, ma oramai scritta. C'è voluta la catastrofe del crollo della borsa di Wall Street a fine 2007 e il fallimento di alcuni colossi della finanza con sede negli USA e l'inizio di una crisi strutturale del moderno capitalismo finanziario e imprenditoriale - tuttora in corso - per far prendere coscienza che la “terza via” era neoliberismo camuffato e scelta fallimentare per la stessa esistenza della socialdemocrazia ma quel che è peggio per il disastro economico e sociale dell'Unione Europea.
Finalmente, al congresso di Praga del PSE nel dicembre 2009, si sono levati cori di forti, ma generiche critiche alla “terza via” ma in tutto questo tempo e a tutt'oggi fine 2011 il socialismo europeo non è riuscito a formulare un modello di economia sociale alternativo nemmeno dalla posizione privilegiata di opposizione degli attuali governi di destra conservatrice liberista.
Dimentichi che il modello di economia alternativo al liberismo è scritto nel manifesto liberalsocialista del 1941, ma quello che più conta è sancito nel titolo terzo parte economica della Costituzione Italiana (sulla smemoratezza vedasi di Tony Judt “L'età dell'oblio - Sulle rimozioni del '900, Laterza 2011), ma il problema non è solo di oblio, è che una nuova costituzione liberista è stata riscritta successivamente a cominciare dal Trattato di Maastricht (1992) ribadita dal Trattato di Lisbona (2008), trattati internazionali (diritto primario europeo) e Regolamenti e Direttive (diritto secondario). che hanno consentito al modello economico liberista di diventare in tutta l'Unione Europea.
Il Trattato internazionale di Maastricht del 1992 tra gli Stati dell'Unione Europea può considerarsi il sigillo giuridico del “pensiero neoliberista” elaborato lungamente fin dagli anni '70 sulle sponde atlantiche degli USA e attuato con politiche governative prima da Reagan negli USA e poi in Inghilterra dalla Thatcher.
I trattati – internazionali - avendo forza di legge sovranazionale hanno silenziosamente esautorato, le stesse Costituzioni dei singoli Stati dell'Unione Europea e hanno istituzionalizzato il principio della competizione economica europea sostituendo il principio costitutivo originario della “cooperazione economica europea”. Si è provocata in questo modo una “modificazione genetica” delle costituzioni degli Stati membri dell'Unione Europea per cui da stati liberaldemocratici a sovranità popolare, nella visione liberista si sono trasformati in “sistemi stati-azienda” con finalità meramente economiche in perenne competizione, non solo col resto del mondo ma anche tra gli stessi Stati dell'Unione Europea. Il risultato è attualmente sotto gli occhi di tutti, la dis-Unione Europea.
L'istituzione della moneta unica, l'euro, dell'Unione Europea è stata consegnata e gestita da banche nazionali (la Banca d'Italia è in mano a un pool di banche private) e da quella europea, la BCE Spa, anch'essa in mano a banche totalmente private. Dunque euro moneta non pubblica dell'Unione Europea (indeterminato soggetto giuridico-istituzionale) ma moneta privata dei banchieri multinazionali. In questo superando in smaccato liberismo anche gli USA considerando che il presidente mantiene almeno formalmente il controllo della Banca Centrale degli Stati Uniti d'America (FED). Altro discorso che Obama come qualsiasi presidente USA, prima e dopo di lui, democratico o repubblicano poco importa, sia emanazione del potere delle coorporations imprenditoriali e del capitalismo finanziario.
Stati europei, si diceva, in cui esiste ancora il welfare universalista, retaggio socialdemocratico, come possono essere quelli di Germania, Francia, Inghilterra e Italia che ancora resistono, ma ancora per quanto.
Ci sono anche diversi tipi di sistemi economici come può essere la Germania con le sue imprese cogestite e commiste con enti pubblici territoriali che impediscono le delocalizzazioni selvagge come è il caso del Land Niedersachsen che ha il 20% della Volswagen ma con il voto determinante su partner stranieri o nazionali (fonte Felice Besostri), ma, perdurando l'attuale capestro liberista ancora per quanto tempo sarà ancora possibile ?
Ci sono sistemi economici come la Francia che ha ancora la mano pubblica in alcune imprese (es. classico la Renault) e comunque con politiche e piani industriali che difendono attivamente il pur “sistema stato azienda”. E' certo che a lungo andare le imprese multinazionali sorte in Francia, così come in ogni altro Stato, l'esempio Fiat in Italia mi pare calzante, penseranno di massimizzare gli utili nell' interesse dell'azionista di riferimento e dei suoi manager e non di quello dei cittadini, gli “azionisti” dello Stato in cui sono sorte.
I due Stati citati, Germania e Francia, sono dunque ancora un miscuglio di economia mista di pubblico e privato ma non è dato sapere quando la parte pubblica verrà dismessa se continua imperterrito il trand liberista degli attuali politici governanti di destra.
Rispetto a Germania e Francia è l'Italia lo stato che sta peggio perché nell'ultimo ventennio dal Trattato di Maastricht in poi ha completamente abbandonato i dettami costituzionali che nella “parte economica” prevede tra le altre cose, economia mista, controllo dello stato e finalità sociale dell'impresa, ma anche codeterminazione e cooperativismo delle imprese, facendo sì che quasi tutto del patrimonio imprenditoriale dell'IRI sia stato svenduto a cominciare con i governi di centrosinistra Amato Ciampi Prodi e poi con il governo Berlusconi con svendita Alitalia e decreti di privatizzazione di ogni quant'altro bene comune e servizio pubblico. Governo Berlusconi, il quale, con ultimo atto prima della capitolazione, nonostante che la recente vittoria referendaria abrogasse l'art 23 bis (Servizi pubblici di rilevanza economica della legge n.133/2008) in dispregio della volontà popolare ne ha ripristinato l'efficacia, salvaguardando, teoricamente, solo la ripubblicizzazione dell'acqua.
Di recente mentre il sindaco “populista” De Magistris a deliberava una reale pubblicizzazione dell'acqua – ABC - a Napoli, diversi sindaci di comuni della Toscana purtroppo, votavano al contrario un proroga della Spa “Nuove Acque”. Dunque anche la gestione pubblica dell'acqua, bene primo in assoluto tra gli altri beni pubblici, è problema tutt'ora ancora da risolvere. e
Ma oramai per risolvere le bugne liberiste italiane occorre lì'Europa.
Il Partito socialista europeo, non governando più quasi nessuno degli Stati europei, può però fare leva sul Parlamento europeo per imporre una radicale modifica dei trattati liberisti Maastricht-Lisbona in senso socialdemocratico che preveda il modello di economia mista e la supremazia del bene pubblico e della società sul mercato finanziario e delle imprese private. In definitiva ristabilire il potere democratico dei popoli sovrani degli stati europei sulle élites, l'1% dei super ricchi, ovvero la plutocrazia mondializzata sovrastante gli Stati democratici e non.
Anche la manovra del Monti liberista perbene sembra confermare, come poteva essere diversamente, la scelta di privatizzare beni comuni, imprese municipalizzate e servizi pubblici. Scelta che deve trovare una corale opposizione di tutte le forze politiche di sinistra e dall'azione sindacale unitaria ritrovata, così come anche da parte dell'ANCI che deve diventare sempre più strenuo antagonista del governo Monti. Qualche accenno di reazione in questo senso si è vista con Fassino a Torino ma deve diventare reazione globale di tutti i Comuni gestiti dalla sinistra ma anche da quelli governati dalla destra sociale, visto che l'opera di globalizzazione neoliberista di privatizzare sta investendo ogni possibile porzione di economia reale compresi i monopoli naturali Trasporti, Elettricità, Gas, Acqua, (per definizione economica esclusi in dall'agone competitivo).
E' di tutta evidenza che i due capitalismi, quello vecchio imprenditoriale, hard, e quello nuovo, egemone, soft, gran casinò finanziario, pur nella cannibalica competizione, sono riusciti entrambi a imporre il loro potere universale e dalla fine del ventesimo secolo a tutt'oggi sono nuovamente riusciti ad asservire la classe politica. Come già era del resto era avvenuto in passato: “dei plutocrati che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici per dirigere tutta la macchina dello Stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l'apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali”, (1941 Altiero Spinelli- Manifesto di Ventotene) e non mi pare che questa manovra per nulla occulta, sia ancora sufficientemente percepita nei suoi effetti devastanti dall'opinione pubblica.
Dobbiamo dargliene atto, solo il socialdemocratico Oskar Lafontaine in Europa a suo tempo è stato sordo alle sirene liberiste della “terza via”. Almeno col senno di poi constatate le conseguenze nefaste del programma liberista tutt'ora in corso parrebbe saggio che tra SPD-PSE e la sinistra di Lafontaine si aprisse un fruttuoso dialogo.
PSE, Internazionale Socialista e la Confederazione Europea dei Sindacati (CES)
mi paiono gli unici possibili oppositori allo strapotere economico-finanziario globalizzato.
L'aggressione speculativa del capitalismo finanziario dalle dimensioni smisurate mai immaginate in passato è diventato il post-moderno immateriale “Leviatano” tentacolare che arriva in ogni dove nel mondo e si permette di speculare sui fondi sovrani degli Stati nemmeno poi più tanto piccoli come può essere la Grecia ma anche Italia e Spagna, pensando poi di mettere in ginocchio anche Francia e Germania, se pensassero di mettersi di traverso al piano egemonico di sterilizzare qualunque intervento pubblico di Stato o di Ente territoriale in campo economico.
Dobbiamo nuovamente ricominciare a sperare che il Socialismo europeo e Internazionale riprenda il suo ruolo naturale di difesa dei lavoratori e più in generale dei Popoli, così come oggi deve essere anche della tutela della salute ecologica della nostra Madre Terra da cui dipende la vita di oramai 7 miliardi di persone.
Però il PSE e i deputati socialisti del Parlamento europeo devono far sentire subito le ragioni della cooperazione europea delle origini e in tal senso formulare un progetto di Europa radicalmente alternativo all'attuale totalizzante-devastante sistema liberista che preveda tutela di ambiente, beni e servizi pubblici, economia mista, finalità sociale delle imprese, nazionalizzazione di alcune grandi banche, rimettere in mano pubblica le politiche monetarie, programmazione europea in ambito economico e regolamentare in modo drastico il movimento di denaro e il movimento di imprese e mano d'opera nello scacchiere mondo e tassare le transazioni finanziarie.
Poi, come PSE nell'Unione Europea e poi come Internazionale Socialista, diffondere il principio di cooperazione a tutela delle persone e della Madre Terra in tutto il resto del mondo.
Purtroppo anche il recente “documento comune del Partito Socialdemocratico Tedesco e del Partito Socialista Francese” (partiti alle prese con le prossime elezioni in Francia quelle presidenziali e in Germania per il rinnovo del Governo) sebbene proponga una giusta “tosatura” al capitalismo finanziario, pur tuttavia le misure proposte non scalfiscono il sistema economico liberista, e a parte vaghe esortazioni quali, “Un programma di crescita europea” e “La governance economica deve essere completamente democratica”, nessuna indicazione concreta di ritornare al modello socialdemocratico di economia.
Dunque, per riprendere la lunga marcia contro il sadico turbocapitalismo post moderno e salvare l'economia sociale, ma anche, la liberaldemocrazia moderna, dobbiamo procedere speditamente e riunire la sinistra italiana e farla confluire, pur criticamente, nel PSE a difesa dei Lavoratori e dei Popoli dell'Europa.
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