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liberismo, liberalismo, liberalsocialismo

TITOLO

Mucchetti Massimo Licenziare i padroni? Mucchetti Massimo

DATA PUBBLICAZIONE

30/07/2010

LUOGO

Milano


“La decisione dello Stato di privatizzare le imprese pubbliche e le inchieste giudiziarie di Mani Pulite hanno creato l’opportunità di aumentare il numero delle grandi imprese efficienti e di costruire una democrazia economica basata sulla trasparenza e sulla concorrenza. Alla prova dei fatti, invece, il capitalismo italiano ha meno protagonisti di prima: più grandi e più deboli, e questo perché i padroni del vapore hanno usato i soldi del mercato per regolare i conti fra loro, anziché investire nella crescita vera della grande impresa. Il bilancio è sconsolante. Tra il 1986 e il 2001, la Fiat, primo gruppo industriale del paese, ha distrutto ricchezza per 27.000 miliardi di lire, la Montedison per 9.000, la Olivetti per 14.000, la Pirelli per 4.000. Contrariamente ai pregiudizi, lo Stato imprenditore può vantare ottimi risultati: l’Eni ha creato ricchezza per 66.000 miliardi, l’Enel per 13.000, la Telecom, addirittura, per 94.000 miliardi di lire; ma ha avuto il vantaggio del monopolio, e dunque non rappresenta il modello vincente” (“Licenziare i padroni?”, dal risvolto di copertina).

“Licenziare i padroni?”, di Massimo Mucchetti, è un testo che fa riflettere. Prima sconvolge. Poi, a mente fredda, impone delle considerazioni e delle valutazioni complesse. Infine, invita il lettore ad una presa di coscienza lucida, a trarre delle conclusioni pessimistiche e per nulla incoraggianti, incrementando i dubbi sul nostro paese e sulla sua competitività nel quadro europeo e mondiale.
Non è un libro semplice, poiché descrive storie di cui quasi mai si sente parlare, e analizza fusioni, acquisizioni, operazioni in borsa, cambi di gestione e riunioni di amministrazione dei principali gruppi italiani, spesso attraverso termini tecnici e racconti estremamente complessi, che rendono molto difficile la perfetta comprensione degli avvenimenti. Ma è un libro necessario, per comprendere meglio il passato del nostro paese, ma soprattutto il futuro.

È un libro che parla criticamente dei grandi imprenditori, dei grandi manager italiani. “I padroni del vapore”, li chiamava Ernesto Rossi tanti anni fa. Dopo di lui, Eugenio Scalari e Turani, “razza padrona”, mettendo in luce tutti gli intrighi delle persone al potere.
Ora, più semplicemente, Mucchetti si chiede se sia possibile, dopo tutti gli sbagli, le occasioni perdute, gli errori di valutazione, licenziare i padroni, così come loro fanno più liberamente con i dipendenti, dopo il tentativo di modifica all’articolo 18. Non sono stati molto bravi, questi padroni. Mucchetti ricorda gli avvenimenti del passato, ma anche quelli più vicini a noi, poco meno di quindici anni fa, quando dopo gli scandali di Tangentopoli e la privatizzazione della pubbliche imprese la situazione dell’industria italiana si era completamente modificata. Questo scossone aveva creato molte opportunità: c’era effettivamente la possibilità di moltiplicare il numero di imprese forti e dinamiche, e di incentivare la trasparenza e la concorrenza. Ma, in realtà, nulla di tutto ciò è accaduto, e Mucchetti parla di “grande occasione sprecata”. I padroni sono rimasti sempre gli stessi, sempre pochi, sempre poco aperti all’economia europea e mondiale, e hanno preferito ritirare risorse dal settore manifatturiero, più rischioso, per investire nei servizi, più sicuri e meno esposti alla concorrenza, ricercando profitti di monopolio, e cercando di prendere il posto delle grandi imprese a partecipazione statale. Con quali effetti? Nessun risultato positivo ottenuto, se non nel breve periodo. È stata questa, al contrario, la scossa che ha sancito il definitivo declino del modello industriale italiano, che vede le aziende multinazionali italiane del settore privato nulle nel settore della concorrenza internazionale.
La domanda allora sembra adatta e pertinente: è giunto il momento di licenziare i padroni?

Il libro è articolato in sei capitoli: uno introduttivo – “Licenziare i padroni?” – quattro analisi di casi industriali specifici – “Fiat, scacco al re”, “Montedison, il danno e la beffa”, “Telecom Italia, il grande esproprio”, “Fininvest, il nuovo centauro” – ed uno conclusivo – “Il mestiere dello Stato” – in cui si traggono conclusioni e si espongono le proposte per risanare la situazione. Completano il libro, una ricca Appendice, con i bilanci delle aziende, i verbali di Cuccia, la verità di Fabiani sulla privatizzazione dell’Alfa Romeo, ed una Postfazione sul caso Parmalat.
Dalla lettura di questo libro si esce scioccati, poiché si viene a conoscenza di molte verità scomode, di questioni di cui non si parla spesso sui giornali. Da questo libro si capiscono gli errori della famiglia Agnelli, di Cesare Romiti e Paolo Fresco, nella amministrazione della Fiat – ricordiamo che la Fiat, ancora negli anni Ottanta, era al primo posto in Europa per vendite, ma la scelta di puntare su bassi costi di produzione la cessione del brevetto del motore diesel common rail, la scelta di modelli poco originali hanno portato verso una crisi irreversibile. Si riflette e si discute di un gruppo industriale potente negli anni Ottanta come Montedison-Ferruzzi, che negli anni Cinquanta e Sessanta era leader nella chimica, e di cui ora, a seguito di vicende poco chiare, è rimasto pochissimo, soprattutto dopo gli scandali di Mani Pulite e il suicidio di Gardini. Si analizza criticamente la scalata al potere Pirelli-Telecom da parte di Marco Tronchetti Provera. Infine si parla, come sempre, di Berlusconi, detto il “nuovo Centauro”, non malissimo – poiché è l’unico ad aver creato ricchezza, 11 mila miliardi di lire in sedici anni – ma si fanno notare i numerosi aiuti del potere politico che gli hanno permesso di guadagnare miliardi e superare il triplice problema all’alba dell’entrata in politica: “fermare le indagini della magistratura sulle origini e sulla costruzione della sua fortuna; proteggere le sue aziende; avere una regolamentazione nel suo principale settore di attività, la televisione, che non intacchi la sua posizione dominante con incisive disposizioni antitrust”.

Non è tutto così orribile e negativo, esistono anche delle storie di successo, ma sono troppo circoscritte. Ferrari, Del Vecchio con Luxottica, Benetton, ma nessun altro. I quattro archetipi di gestione del potere imprenditoriale, invece, sono tutti definiti come fallimentari, poiché non offrono un modello vincente all’industria italiana.
Invece, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, le aziende di Stato hanno creato ricchezza, rivelandosi esempi vincenti. Negli ultimi quindici–venti anni, infatti, l’Eni, l’Enel, Telecom Italia, hanno tutti agito in maniera ottimale, guadagnando moltissimo, arricchendo gli azionisti e facendo gola ai privati, che vogliono acquisirne le vecchie e tranquille posizioni di monopolio.

La vera conclusione è che l’industria italiana, continuando di questo passo, non ha speranze di espansione e di affermazione mondiale.
I grandi padroni pensano solo ai propri interessi, al profitto nel breve periodo, senza investire per il rilancio della grande industria italiana nel mondo.
Chi può esercitare un controllo, fare la guardia a questi padroni incapaci, ha, in realtà, le mani legate, come ci spiega lo stesso Mucchetti: infatti sia gli analisti, sia gli azionisti, sia le banche che il Governo potrebbero influenzare gli assetti del potere, ma non lo fanno, per un motivo o per un altro, incapaci di contrastare i meccanismi complessi delle le scatole cinesi, le piramidi societarie, le holding a cascata, gli intrighi con la politica e le grandi, i conflitti d’interesse.

Il vero punto di forza del libro, alla fine, risulta essere proprio la sua capacità di osservare la realtà dell’industria italiana senza timori reverenziali, con occhio critico, senza essere necessariamente di parte, ma dicendo tutta la verità, dati alla mano. E, attraverso questa immagine disincantata, i potenti dell’economia italiana sembrano davvero meno potenti. Col senno di poi, i grandi dell’industria italiana hanno fallito su tutti i fronti, e sono ben poche le storie di successo da raccontare. Forse nessuna.

Mucchetti ha analizzato dati, bilanci delle aziende, cifre e numeri, carte importanti. Ha fatto interviste, ha parlato con i potenti – tra i colloqui personali non mancano, tra gli altri, capitalisti come Tronchetti Provera, De Benedetti, Colaninno, e politici come Cossiga e Martinazzoli – traendo elementi fondamentali per ricostruire la storia dell’industria italiana negli ultimi venticinque anni, in maniera molto interessante e, per quanto possibile, comprensibile. E ha pubblicato un libro controcorrente, interessante, critico, un duro e spietato atto d’accusa contro i potenti industriali italiani che, a differenza della piccola e media industria, non hanno saputo creare ricchezza, aumentare le esportazioni e, soprattutto, fronteggiare la concorrenza straniera – vedi problema della Cina.
È necessario quindi, prima che sia davvero troppo tardi, cambiare qualcosa, alla base, per evitare di perdere il treno delle grandi potenze economiche mondiale e restare ai margini dei mercati. Bisogna rapidamente cambiare mentalità, sono necessari uomini nuovi, con idee innovative e coraggio. Prima che sia troppo tardi.


EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Massimo Mucchetti, giornalista italiano.

Massimo Mucchetti, “Licenziare i padroni?”, Feltrinelli, Milano, 2004.

Antonio Benforte, 7 marzo 2005.
ISBN/EAN:
8807170736

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Commenti
Mer, 21/01/2009 - 20:05 — franchi

"Tra il 1986 e il 2001, la Fiat, primo gruppo industriale del paese, ha distrutto ricchezza per 27.000 miliardi di lire, la Montedison per 9.000, la Olivetti per 14.000, la Pirelli per 4.000".

> Sarebbe interessante scoprire quanta ricchezza è stata distrutta tra 1986 e 2009, sempre dalle stesse aziende...

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Mer, 21/01/2009 - 20:06 — franchi

"Mucchetti si chiede se sia possibile, dopo tutti gli sbagli, le occasioni perdute, gli errori di valutazione, licenziare i padroni, così come loro fanno più liberamente con i dipendenti, dopo il tentativo di modifica all?articolo 18."

> Libro del 2004... antesignano di Grillo, a quanto pare.

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Mer, 21/01/2009 - 20:06 — franchi

"Infine si parla, come sempre, di Berlusconi, detto il ?nuovo Centauro?, non malissimo ? poiché è l?unico ad aver creato ricchezza, 11 mila miliardi di lire in sedici anni ? ma si fanno notare i numerosi aiuti del potere politico che gli hanno permesso di guadagnare miliardi e superare il triplice problema all?alba dell?entrata in politica: ?fermare le indagini della magistratura sulle origini e sulla costruzione della sua fortuna; proteggere le sue aziende; avere una regolamentazione nel suo principale settore di attività, la televisione, che non intacchi la sua posizione dominante con incisive disposizioni antitrust?."

> e ualà!

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Mer, 21/01/2009 - 20:07 — franchi

"Bisogna rapidamente cambiare mentalità, sono necessari uomini nuovi, con idee innovative e coraggio. Prima che sia troppo tardi."

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Socio fondatore del Gruppo di Volpedo e del Network per il socialismo europeo .