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LAICITÀ

TITOLO

Oggetto: «Laici in ginocchio» Intervista ad Augusto Viano

DATA PUBBLICAZIONE

25/03/2006

LUOGO

Genova


Italiani, troppo genuflessi, anzi sottomessi!
Troppa arrendevolezza del laicismo alle richieste della Chiesa e delle altre religioni. Cosa sta avvenendo in Italia?
Lo chiediamo al filosofo, che ha pubblicato un pamphlet con Laterza. La «politica dei due forni» adottata dal Vaticano e il radicalismo teologico di Ratzinger. La necessità di recuperare un pensiero illuministico.
di Valentino Losito

Non si è mai parlato tanto di laicità e di Stato laico come negli ultimi anni: idee che sembravano definite e condivise sono tornate in discussione, investite dalle rovine della caduta delle ideologie e dal prepotente ritorno delle religioni, mentre imperversano, sulla scena mondiale, fondamentalismi di diverso segno. Nel libro Laici in ginocchio (Laterza ed., pp. 128, euro 10), Carlo Augusto Viano, che ha insegnato storia della filosofia nelle università di Milano, Cagliari e Torino, denuncia l'arrendevolezza della cultura laica, rivendica l'indipendenza dal clero, indica tabù additati come valori religiosi e difende la pratica di comportamenti diversi da quelli predicati dai pulpiti. Professor Viano, nel libro lei insiste molto sulla distinzione tra laicità e laicismo: perché? In cosa consiste? «In Italia vi è un curioso fenomeno linguistico, in base al quale coloro che resistono al primato politico dei cattolici si dichiarano laici, dando a questo termine un significato più attenuato rispetto alla tendenza più estrema, che sarebbe quella del laicismo. Questa riluttanza a riconoscere la legittimità del laicismo è tale che perfino un esponente autorevole della cultura liberale come Norberto Bobbio si è nascosto dietro la falsa opposizione tra laico e laicista. È la stessa distinzione che circola nei giornali e che è stata citata anche da Benedetto XVI nella sua visita a Ciampi, al Quirinale, quando ha detto che la laicità dello Stato è una cosa e il laicismo un'altra». Lei non è d'accordo? «No, perché la parola laico indica una condizione e non una tendenza. È laico anche Buttiglione, perché non è un prete. Il termine laicista, invece, indica replique montre de luxe la tendenza di chi vuole uno Stato e una società indipendenti dalla chiesa. Poi, si può essere laicisti moderati, radicali o estremi, ma essere laicisti indica una tendenza. Facciamo un parallelo: diciamo che si può essere socialisti moderati, radicali o estremi, ma non distinguiamo tra sociali e socialisti. Sociale indica una condizione, socialista una tendenza. Quindi chi vuole l'indipendenza dello stato dalla Chiesa deve essere laicista. Laico è chi non è prete, ma può essere, addirittura, clericale». Lei critica atteggiamenti e prese di posizione di diversi esponenti politici italiani: la «conversione» di Marcello Pera, un non credente diventato il leader dei «teocon» italiani, Giuliano Amato che, ancora prima, aveva scoperto «i valori della Chiesa» e certa sinistra diventata papista perché conquistata dal pacifismo di papa Wojtyla. Come spiega tutto questo? E' solo tatticismo, ricerca di consenso elettorale nel campo cattolico, o c'è dell'altro? «Io non accuso mai la Chiesa e i preti di questo. Fanno la loro politica, che posso considerare miope o un atto di prepotenza. La mia preoccupazione è per quelli che dovrebbero difendere l'indipendenza della società dalla Chiesa. Tra le cause di questo cedimento ci sono la fine della guerra fredda e il crollo della Democrazia cristiana, replique montre che ha svolto un ruolo di mediazione politica rispetto al Vaticano. Caduta la Dc, la chiesa è diventata un interlocutore diretto del mondo politico italiano e ha distribuito il suo consenso tra i due fronti. La "politica dei due forni" (formula coniata da Giulio Andreotti, per indicare la tattica della Dc di comprare il "pane" governativo nel forno più conveniente) è ora diventata della Chiesa. Poi c'è stato il pontificato di Giovanni Paolo II». Quanto ha pesato? «Molto. È stato un papa che ha cercato l'interlocuzione diretta con le masse, saltando persino la mediazione del suo clero. Questo ha impressionato e condizionato molto altri ?gestori? dell'opinione pubblica come i partiti. In un'epoca, tra l'altro, caratterizzata dalla fine delle ideologie». Guardando ancora più indietro nella storia italiana, si potrebbe dire che quella dei laici di oggi è la cronaca di una genuflessione annunciata. Nel Paese dove Benedetto Croce diceva che «non possiamo non dirci cristiani» e nella cui Costituzione sono richiamati i Patti Lateranensi, la laicità è sempre stata di salute cagionevole: non trova? «Certo. In Italia lo Stato pontificio è stato cancellato dalla carta geografica ma non dalla storia. Mi rendo conto che chi, come il papa, è abituato a fare politica su scala mondiale, si senta stretto nella città del Vaticano, rispetto alla quale Ivrea è una metropoli. A questo proposito mi torna sempre alla mente quello che diceva lo storico Franco Venturi, che proponeva la revisione del trattato di pace con la Francia dopo la seconda guerra mondiale, per chiedere la restituzione di Briga e Tenda, in cambio del ritorno del papa ad Avignone». Ha parlato di Wojtyla: il papato di Ratzinger ne segue la scia? «Benedetto XVI è molto radicale nella sua posizione teologica, in quanto sostiene che i cattolici parlano in nome di una verità universale, che è in rapporto diretto con la divinità. È questo quello che mi preoccupa. Non abbiamo una Chiesa che si limita ad indicare ai suoi seguaci quello che devono e non devono fare, ma una Chiesa che vuole che i suoi princìpi diventino legge per tutti». Ma perché solo la Chiesa oggi riesce a farsi ascoltare, a fare tessuto sociale? Ha conquistato una nuova egemonia anche culturale? «No, non trovo che la Chiesa svolga un ruolo egemone in campo culturale, non c'è una cultura cattolica fiorente. Sono quanti appartengono ad altre culture, ad iniziare da quella marxista, che stanno attribuendo alla Chiesa un ruolo più grande». Da parte laica, o meglio, laicista, oltre alle replique montre rolex critiche che lei muove, cosa si propone? C'è una religione civile da predicare agli italiani? «No. La cultura laicista deve avere il coraggio di dire che noi non siamo credenti e vogliamo un altro tipo di vita, in cui non c'è nessun sovrano. Oggi un compito urgente della cultura laicista è riprendere l'eredità dell'illuminismo per una severa critica delle credenze religiose che minacciano la vita degli uomini, giustificano le divisioni, stimolano le guerre e reclutano combattenti».
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"Le religioni sono come le lucciole: per splendere hanno bisogno delle tenebre."

Socio fondatore del Gruppo di Volpedo e del Network per il socialismo europeo .