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EVENTI

TITOLO

Per uscire dalla morsa neoliberista Luigi Fasce

 

Assemblea Pietrasanta

DATA

16/03/2013

LUOGO

Pietrasanta (LU)

Assemblea Socialisti Centro Italia
Pietrasanta 16 marzo 2013
Sala Tosi - Croce Verde, via Capriglia 4 6 marzo 14.17.59
Ore 15.30 Inizio lavori.
Ore 15.45 – 18.00 Interventi dei compagni partecipanti.
Ore 18.15 Documento conclusivo e chiusura dei lavori.
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Luigi Fasce Intervento
salute, ricerca, educazione 
incarnano valori di cui 
la Costituzione è il manifesto: 
libertà, eguaglianza, diritto al lavoro.

Dare nuova legittimazione alla 
democrazia rappresentativa 
facendo esplodere le contraddizioni 
fra i diritti costituzionali e le pratiche di governo
che li calpestano in obbedienza ai mercati.> 
(Salvatore Settis -Azione Popolare)

Per sfuggire dalla morsa neoliberista, ripartiamo dai fondamentali: “chi possiede i mezzi di produzione decide “come”, “cosa” e per chi produrre”

Storicizziamo brevemente

Medio Evo

chi possedeva proprietà e i mezzi di produzione erano re, vassalli e valvassori, dunque il potere economico era in mano del potere politico monarchico-nobiliare che dava patenti di impresa e di commercio. 

Modello economico liberista (capitalista) 
Dopo rivoluzione industriale prima in Inghilterra e poi USA, chi possiede i mezzi di produzione è la borghesia, la nuova nobiltà del denaro, e stabilisce, come, cosa e per chi produrre.
Lo sfruttamento del proletariato espulso dalle campagne e concentrato nella grandi città è stato ignobile da parte dei padroni delle fabbriche ottocentesche. 
sappiamo bene che in reazione a questo feroce sfruttamento nell'ottocento è nato il movimento dei lavoratori.
Non è che non ci siano state rivolte contro il diverso e nuovo modo di produrre della fabbrica: ricordo la rivolta dei luddisti che volevano continuare a filare con il proprio arcolaio, i trasporti con i cavalli soppiantati dalla trazione dei veicoli a motore a scoppio, ma contro il “progresso” nessuno poteva andare. 

Ricordo che la risposta del movimento dei lavoratori nel corso dell' Ottocento e fino ai primi del novecento contro il liberismo è stata quella di cercare di sottrarre i mezzi di produzione dalle mani del capitalismo industriale e bancario e assegnarlo ai lavoratori.

Tre i modi possibili: 
organizzare imprese cooperative di lavoratori (socialismo utopico)

sottrarre la proprietà privata e dei mezzi di produzione totalmente statalizzati, stato comunista come è successo dal 1917 e fino al 1992 in URSS e negli stati satelliti, nella Cina Comunista di Mao dagli anni 1950 e fino ai primi anni 90 e nella piccola Cuba dal 1959 e tutt'ora vigente;

modello socialdemocratico: inserire elementi di socialismo all'interno del modello capitalista (economia mista, finalità sociali dell'economia, programmazione economica)


Per quanto riguarda lo strumento cooperativistico
Qualche retaggio di cultura della cooperazione mazziniana, cattolica e socialista ancora permane nella legislatura italiana e tessuto economico italiano (storicizzando: legge 422/1909 e regio decreto 278/1911, restrizione normativa fascista, infine art.43 Costituzione, Legge Basevi 1947, legge Marcora 49/85("Provvedimenti per il credito alla cooperazione e misure per la salvaguardia dei livelli occupazionali") e leggi nazionali e regionali restrittive avvenute nel corso nell'ultimo ventennio di egemonia neoliberista).
Bisogna ritornare quanto prima alle agevolazioni previste dalla Costituzione per le cooperative e sollecitare di riprendere lo slancio iniziale diffondendo cultura della cooperazione e così riprendere il cammino interrotto anche perché questa modalità autogestionale dell'impresa di beni e di servizi è oggi particolarmente utile per contrastare le delocalizzazioni di piccole e medie imprese.

Per quanto riguarda il totalitarismo economico statalista 
Sappiamo che ai regimi comunisti, tutti sorti da una rivoluzione armata cruenta, doveva seguire la rivoluzione internazionalizzata e diffusa in tutto il mondo.
Sappiamo che il modello di economia statalista non ha retto nello scontro con il modello di economia liberista del capitalismo radicato profondamente nell'Occidente che si è rivelato vincente pur con crisi ricorrenti (la più significativa quella del 1929 negli USA (complici guerre e colonialismo) Poi dopo il 1989 l'implosione dei modelli comunisti di economia statalista ha lasciato mano libera al dilagante neoliberismo (già in incubazione fin dagli anni 70) con Reagan e Thatcher.

Il modello nazi-fascista totalitarismo politico e economia mista pianificata 
I mezzi di produzione e il potere finanziario pur permanendo nelle mani dei capitalisti, ciononostante la pianificazione industriale e gli investimenti bancari erano sotto la mano ferrea della dittatura politica. 
Sappiamo che lo scontro lanciato dai regimi europei nazifascisti prima nei confronti delle plutocrazie occidentali (Inghilterra e USA) e poi anche contro l'URSS dopo una carneficina di milioni di morti si è risolta con la totale sconfitta del sistema economico-sociale nazi-fascista. La vittoria degli alleati occidentali liberisti è stata possibile, paradossalmente, con l'aiuto determinante dall'URSS.
Dunque dal dopoguerra è rimasto in sospeso il confronto tra due opposti sistemi economici, quello liberista (in mano a pochi magnati) garantito dal potere politico degli USA e quello statalista rappresentato da URSS e Cina.

Modello economico socialdemocratico 
Sappiamo che nel lungo periodo della guerra fredda che da 1948 e fino al 1989 nella contrapposizione tra i due modelli economici – tutto il potere al privato – tutto il potere allo stato si è incuneato un terzo modello economico, quello socialdemocratico europeo. Si tratta di un modello di economia mista, con finalità sociali e comunque indirizzato dal potere politico e che è stato recepito almeno per quanto riguarda l'Italia dalla nostra Costituzione tanto nella prima parte dei principi tanto nella parte economica indicata nel titolo terzo.
Dagli anni 50 e fino agli anni ottanta si può indicare l'epoca d'oro del modello economico socialdemocratico europeo, con il massimo risultato di distribuzione equa di reddito tra le classi sociali e la costruzione del più efficace stato sociale nel mondo.

Ciononostante, persistendo l'aspettativa dogmatica comunista della rivoluzione proletaria, discendono le politiche antigovernative dei partiti comunisti nei vari stati europei a cominciare dall'Italia con il partito comunista più grande in Europa occidentale. Questo il motivo per cui anche le riforme socialiste in Italia che venivano attuate dai governi di centro-sinistra (1962-80) trovavano quasi sempre l'opposizione del PCI in Parlamento (a mia memoria solo alla legge 300/70, lo statuto dei lavoratori, fu concessa l'astensione).

Poi nell'89 l'implosione dell'URSS e sostituzione del modello economico statalista con modello economico privato oligopolista con potere politico concentrato in mano al presidente della Russia a badare di tenere salde le risorse energetiche e mantenere lubrificati gli immensi armamenti nucleari.
Con Cina che da economia statalista e stato sociale diffuso passa a modello di economia neoliberista e senza fornire più tutele ai lavoratori né stato sociale ai cittadini ma tenendo in mano di pochi gerarchi il potere politico e dirigenza di moneta e finanza. 

La lenta erosione del modello socialdemocratico

1990-92 – in Italia inizio di liquidazione del modello economico “socialdemocratico” previsto dalla Costituzione 

Privatizzazioni 
Riforma della Banca d'Italia (completamente autonoma dal Tesoro, sottrazione della facoltà dello stato di battere moneta e assegnazione di questa facoltà alla Banca Centrale Europea anch'essa costituita da un pool di banche private e autonoma rispetto all'U.E.), senza tenere in nessun conto il seguente antico monito.

“Se gli Americani consentiranno 
mai a banche privati di emettere il proprio
denaro, prima con l'inflazione e poi 
con la deflazione, le banche e le 
grandi imprese che ne cresceranno 
attorno, priveranno la gente delle
loro proprietà finché i loro figli si 
sveglieranno senza tetto nel continente 
conquistato dai loro padri. Il potere di 
emissione va tolto via dalle banche 
e restituito al popolo, al quale 
esso appartiene propriamente.” 
(1776 Thomas Jefferson).

1990 Amato il precursore del neoliberismo in Italia 
- Riforma bancaria legge n.218 del 30 luglio 1990, detta legge Amato)

1992 “annus horribilis” per il modello socialdemocratico europeo 
Ripercussioni in Europa che da Comunità Economica Europea, modello misto e cooperativistico, si trasforma nel 1992 con il trattato di Maastricht in U.E. in modello economico neoliberista
Trattato sull'Unione Europea
Gazzetta ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992
«Articolo 3 A
1. Ai fini enunciati all'articolo 2, l'azione degli Stati membri e della Comunità comprende, alle condizioni e secondo il ritmo previsti dal presente trattato, l'adozione di una politica economica che è fondata sullo stretto coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, sul mercato interno e sulla definizione di obiettivi comuni, condotta conformemente al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza.
2. Parallelamente, alle condizioni e secondo il ritmo e le procedure previsti dal presente trattato, questa azione comprende la fissazione irrevocabile dei tassi di cambio che comporterà l'introduzione di una moneta unica, l'ECU, nonché la definizione e la conduzione di una politica monetaria e di una politica del cambio uniche, che abbiano l'obiettivo principale di mantenere la stabilità dei prezzi e, fatto salvo questo obiettivo, di sostenere le politiche economiche generali nella Comunità conformemente al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza.
3. Queste azioni degli Stati membri e della Comunità implicano il rispetto dei seguenti principi direttivi: prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie sane nonché bilancia dei pagamenti sostenibile.»

Il Trattato di Maastricht – come ogni altro trattato internazionale - impone - senza bisogno di indire alcun referendum popolare a conferma o disconferma – implicite modifiche costituzionali nei rispettivi Stati che lo hanno sottoscritto.
Ma nessuna forza politica dell'intero arco costituzionale né sindacale in Italia ha sollevato la questione della incostituzionalità né ha ereto barricate per mettere in discussione il Trattato di Maastricht che è diventato nel silenzio generale pienamente operativo con le riforme neoliberiste – anch'esse anticostituzionali - fatte anche dai nostri governi di centrosinistra.
- Il Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992 )
ha dato l'alibi per l'avvio di una revisione giuridica dell'impianto delle leggi nazionali che avevano regolato secondo Costituzione (titolo terzo parte economica) l'ambito economico e finanziario; con il trattato internazionale di Maastricht viene introdotto il modello economico neoliberista e disarticolato gradatamente il modello economico previsto dalla nostra Costituzione sostanzialmente centrato sull'economia mista, sul ruolo dello Stato di controllare che le imprese private svolgessero la loro attività a fini sociali, la possibilità di nazionalizzare imprese e servizi ritenuti strategici per lo Stato.
L'economia non può esistere senza il presupposto dalla funzione della moneta come mezzo di scambio e dal finanziamento bancario delle imprese. 
- Privatizzazioni patrimonio imprenditoriale e bancario IRI (L. 359/1992, Conversione in legge, con modificazioni, del Dl. n. 333/92, recante misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica G.U. della Repubblica italiana - n. 190 del 13/08/1992 

1998
La riforma bancaria avviata con la Legge Amato del 1990 già citata, viene completata con la privatizzazione delle Casse di risparmio con la successiva legge n.461/98 (cosiddetta legge Ciampi ma votata dal governo D'Alema). 
Per cui anche le Casse di risparmio e gli istituti di credito di diritto pubblico che per statuto della Banca d'Italia componevano il comitato di partecipazione della stessa diventando banche private inficiano quanto stabilito da
"Il capitale della Banca d'Italia é di 300 milioni di lire rappresentato da quote di partecipazione di lire mille ciascuna.
Le dette quote sono nominative e non possono essere possedute se non da:
a) casse di risparmio;
b) istituti di credito di diritto pubblico e banche di interesse nazionale;
c) società per azioni esercenti attività bancaria risultanti dalle operazioni di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356;
d) istituti di previdenza;
e) istituti di assicurazione.
Le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio superiore, solamente da uno ad altro ente compreso nelle categorie indicate nel comma precedente.>
Conseguentemente il consiglio della Banca d'Italia precedentemente composto da “b) istituti di credito di diritto pubblico e banche di interesse nazionale” si trasforma in comitato composto da banche private. 
Attualmente la composizione delle quote di partecipazione al suo capitale sono per il 94,33% di proprietà di banche e assicurazioni private, per il 5,67% di enti pubblici (INPS e INAIL). Vedere in dettaglio i “partecipanti del capitale”.
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/partecipanti/Partecipanti.pdf)

Per annullare l'incongruenza con lo statuto che imponeva che la maggioranza dei "partecipanti" azionisti di Banca Italia fossero enti pubblico ci ha pensato il Governo Prodi di centrosinistra.
Con D.P.R. del 12 dicembre 2006, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15 dicembre, viene cambiato l'articolo 3 dello Statuto dell'istituto che così recitava: «In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici».[8]. Il decreto è firmato dal presidente del Consiglio Romano Prodi, dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa.
Con questa modifica è stata eliminata l'ultima norma che prevedeva la presenza dello stato in Bankitalia, pur non essendo mai stata fatta rispettare da nessun governo.
Il 28 novembre 2006 l'Assemblea straordinaria dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia approva il nuovo statuto. Il nuovo articolo abroga il vincolo del controllo pubblico di Banca d'Italia, e dei soggetti che possono possedere delle quote, la cui titolarità resta disciplinata dalla legge. Non sono in vigore norme che disciplinano i soggetti ammessi alla partecipazione del capitale.>(Wikipedia)

Banche d'interesse pubblico e imprese e servizi infrastrutturali IRI, si può dire svendute a a un oligopolio privato ristretto di amici degli amici dei politici al governo (Ilva alla famiglia Riva, autostrada ai Benetton, Telecom a Tronchetti Provera, ecc.) e in parte, settore bancario (Credito italiano – 1993 – Banca commerciale italiana 1994 – svendute a anonime Multinazionali “Transnational Corporations” (che possono avere budget maggiori di quelli delle economie dei paesi in via di sviluppo (PVS) in cui operano ma anche di stati come l'Italia in via di sottosviluppo) e investitori istituzionali dispersi nell'universo sovranazionale. 
Se è possibile comprendere le cause del fallimento dell'URSS, molto meno si comprende la mutazione impressa dal regime comunista cinese, ancora meno è possibile saperlo per quanto riguarda la mutazione della Comunità economica europea in Unione Europea con economia neoliberista avviata da governi socialisti illuminati sulla “terza via” blairiana (13 su 15 in Europa nel decennio 90 – 2000).

1999-2002 Moneta-banca centrale - banche e finanza
Con l'introduzione dell'Euro cessa la funzione di battere Moneta svolta fin dalla sua nascita dallo stato italiano mediante la Banca d'Italia (Banca Centrale Nazionale) direttamente collegata al ministero del Tesoro.
La funzione di battere moneta viene assegnata alla Banca centrale Europea anch'essa in mano a un pool di banche private.
Qualche economista-monetarista competente afferma che in questo modo si impedisce di utilizzare la “tassa sui poveri” che la svalutazione inevitabilmente impone quando si mette la gestione della moneta in mano alla politica. Penso che sia un giusto ammonimento se si pensa che se ne faccia un abuso di continuo, penso però che piuttosto che farci schiavizzare dal mercato globalizzato neoliberista, in caso di necessità siano necessarie manovre su leva dei cambi, facoltà degli stati di immettere moneta, porre, se non dazi doganali di antica memoria, vincoli perequativi nei confronti di stati, come la Cina e l'India, che non rispettano diritti dei lavoratori per limiti di orario, per la tutela della salute in fabbrica, sfruttamento minorile e nessuna tutela pensionistica.
Mentre le regole del WTO sembrano ferree, quelle dell'ILO sembrano inapplicabili. 
Da notare per inciso che tanto per la Federal Reserve Bank USA così come la banca d'Inghilterra, i Governi – decisamente neoliberisti - mantengono il diritto statale di battere moneta.
Inoltre gli euro che gli Stati possono richiedere alla BCE vengono pagati per intero e con il sovrappiù di interessi. Quello che invece un tempo veniva fatto senza spesa alcuna se non la mera spesa della stampa, e certamente con il rischio di attivare processi di svalutazione.

Resta anche da accertare che funzioni possano più svolgere le sedi decentrate della Banca d'Italia.
Gli Stati membri dell'Ue hanno anche abdicato alla funzione essenziale di "signoraggio" degli Stati di battere moneta, in ossequio al principio neoliberista della separazione assoluta tra dal lato privato moneta-banca-borsa-impresa e dell'altro lato dallo Stato.
Ora ogni stato per la richiesta di euro deve indebitarsi per l'intera somma richiesta alla BCE più interessi (emettendo buoni del tesoro, la causa originaria dell'aumento del debito pubblico) mentre quando lo stato italiano batteva moneta poteva ottenere lire nella quantità necessaria al solo costo della stampa e senza emettere buoni del tesoro e pagare alcun interesse.
Il rischio lo sappiamo la possibilità di aumentare l'inflazione e pagare sui BTP di nuova emissione (in genere coperti da richieste interne allo stato)un tasso più elevato, ma questo surplus di reddito in genere andava ai sottoscrittori italiani e andava ad aumentare il giro dei consumi interni. 
Il disonore di queste scelte va equamente suddiviso tra governi europei socialisti e in Italia di centro-sinistra, e governi di destra conservatori dichiaratamente neoliberisti.
Si sono aggiunte le imposizioni per modifica costituzionale delle strette di bilancio, limitazione del debito pubblico, senza alcuna possibilità di manovrare moneta, regolamentazione mercati finanziari, attivare politiche industriali non avendo i governi i poteri per farle.
I governi devono rimanere assolutamente neutri al di fuori delle dinamiche del libero mercato privato.

Passano molti anni sulla scia neoliberista-teocon che ha pressoché contaminato le economie degli Stati Europei che fino agli anni 90 erano caratterizzati, Italia compresa, dal modello "socialdemocratico" con economia mista a finalità sociali.
Infine si arriva al
Trattato di Lisbona (13 dicembre 2007)
Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007
. . . 
«Articolo 2
1. L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli.
2. L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate
per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima.
3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente.
Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.>

Che trasforma le finalità marcatamente neoliberiste del trattato di Maastricht del 1992 in quelle di una vaga “economia sociale di mercato " ancor più ambiguamente definita "fortemente competitiva";
Sulla base di queste modifiche rispetto al Trattato di Maastricht (preveggenti modifiche fatte proprio un anno prima della crisi di Wall Street del 2008) sembrava si potesse cominciare a invertire la rotta neoliberista impressa all'U.E. e per noi in Italia a trovare punti di mediazione con la nostra Carta costituzionale. 
Invece successivamente in Italia l'offensiva neoliberista è continuata imperterrita con le imposizioni di pareggio di bilancio in Costituzione e lo strangolamento dei bilanci di Regioni e Comuni, la reiterazione ossessiva delle leggi neoliberiste in ambito di beni e servizi pubblici tanto da voler piegare con il governo Monti la volontà popolare del referendum per la ripubblicizzazione, e non solo, dell'acqua.

L'attualità
Nella U.E: abbiamo di fronte le rovine fumanti del ventennio neoliberista-teocon ma l'esito peggiore lo stiamo sperimentando in Italia, per non parlare di Grecia, Spagna e Portogallo che ancora negli anni ottanta erano economie floride e in espansione.

Programma di governo 2013-2018
obiettivi essenziali:
1) revisione dei Trattato di Maastricht (1992) e Lisbona (2007) per modificarne radicalmente il principio di competizione neoliberista in quello cooperativistico opposto ; 
2) mettere sotto controllo pubblico degli stati membri della U.E. la BCE facendola diventare, come ripetutamente indicato da Giulio Sapelli, vera e propria “Banca Federale” con funzioni di istituto di emissione;
3) riportare la Banca d'Italia sotto stretto controllo pubblico (come le banche centrali di Francia, Germania, Inghilterra, USA) esplicitare la funzione della riserva aurea in deposito presso la Banca d'Italia; 
4) riformare il sistema bancario separando le due funzioni di banca commerciale e banca di affari; riassegnare ad alcune banche la funzione di pubblica utilità; riportare le Casse di risparmio alla loro funzione originaria sotto il controllo degli enti locali, magari organizzate tra loro in un consorzio nazionale; 
5) riportare la Cassa Depositi e Prestiti (La Cassa Depositi e Prestiti nasce come Ente pubblico e diventa Società per Azioni il 12 dicembre 2003 grazie al Decreto Legge del 30 settembre 2003 numero 269) alla sua funzione originaria;
6) ripristinare il modello economico a economia mista e con funzione sociale secondo modello socialdemocratico europeo e previsto in Italia dalla Costituzione italiana;
7) nello specifico ritornare a finanziare la legge sulle cooperative per riconvertire imprese in fallimento e agevolare nuove imprese di lavoro e sociali. Le cooperative posto che riprenda una politica di incentivazione sono immuni da delocalizzazione. 

Pienamente consapevole che questi punti non sono stati elencati esplicitamente in nessuno dei programmi del centro-sinistra per le elezioni politiche dello scorso febbraio.
Ma con il maremoto avvenuto con l'evento 5Stelle in Parlamento che detiene il 25% dei voti degli italiani votanti e degli altri 25% dei non votanti, queste indicazioni possono essere oggetto di confronto dei partiti in parlamento: PD, SEL, PSI e ovviamente anche ai parlamentari del Movimento 5Stelle, che in estrema sintesi a mio avviso sono le tappe del percorso per uscire dalla morsa del neoliberismo-teocon. 

Scomposizione e ricomposizione del quadro politico della sinistra in Italia
Veniamo al “cosa fare” noi qui ed ora.


Però adesso viene il difficile per noi, che dopo avere indicato il percorso, ammesso che sia condiviso almeno tra di noi, definito un inequivocabile manifesto quello che ho già indicato in premessa al mio intervento, che è la 

COSTITUZIONE ITALIANA

dobbiamo chiarire bene come ci vogliamo organizzare e quale è la nostra funzione che ci proponiamo di svolgere nell' attuale situazione parlamentare disgregata, in prospettiva delle prossime probabili elezioni politiche.
Dicevo situazione parlamentare disgregata ma questa e le scelte saranno obbligate come è stato per l'elezione testé fatta di Camera e Senato che non ha consentito scappatoie e ora vedremo per il Governo, poi sapremo se abbiamo più o meno tempo per recuperare la situazione disgregata della sinistra e specificatamente della infinita diaspora socialista che ci vede collocati in quattro contenitori, compagni nel PSI, nel PD, in SEL e in altre diverse aggregazioni – Giustizia e Libertà, Gruppo di Volpedo, Network per il Socialismo Europeo, Lega dei socialisti, e mi fermo nella elencazione scusandomi per le organizzazioni non citate per mia smemoratezza.
Penso che qui siano riunite compagne e compagni di buona volontà collocati in tutti questi contenitori e però se siamo qui è perché non ne siamo completamente soddisfatti ma che si spera evidentemente che la situazione si evolva in un unico partito della sinistra italiana accasata nel PSE.
Dicevo noi qui presenti quale funzione vogliamo svolgere per la riunificazione di questo partito, con manifesto chiaro, con percorso definito ?
Come procedere ?
Due gli appuntamenti stringenti che ci si parano innanzi e forse proprio per questo ci costringeranno a definire con precisione cosa fare e con quale strumento.

Penso che lo strumento sia per intanto un coordinamento nazionale con tutti quanti, associazioni e circoli e che qui possiamo iniziare la conta, che vogliono riunire la sinistra italiana e condurla nella casa del socialismo europeo.
Come già forse avete saputo dai compagni di Livorno Vendola ha proposto esplicitamente alla recente direzione nazionale l'adesione di SEL al PSE. L'imminente congresso nazionale che si svolgerà presumibilmente nel prossimo autunno dovrà sancire questa scelta. Personalmente sarò della partita su questo fronte.
Dobbiamo anche verificare l'evoluzione del PSI, e soprattutto del PD.
Poi appoggiare gli sforzi dei compagni nei rispettivi partiti di far convergere PSI PD e SEL in un unico contenitore pronto per l'appuntamento delle elezioni europee del 2014.

I compagni del PSI che sono a questo incontro ci diranno loro se si prevede un congresso e come poter esser di aiuto.
Lo stesso per i compagni nel PD, dubito che il PD possa continuare ancora a essere un luogo di non senso ideologico, dunque 
- o sceglie la sinistra e il profilo identitario socialdemocratico e pone il programma sopra indicato come preambolo di qualsivoglia elenco di punti specifici per ottenere la fiducia al governo sperando che ci sia l'appoggio del Governo Bersani anche dei parlamentari 5Stelle; 
- o sarà la deflagrazione del PD e noi, questa volta organizzati, saremo con quella parte del PD, penso a Fassina, ma anche a Epifani, che si collocheranno a sinistra assieme al PSI, SEL e con il popolo di sinistra del non voto. 
Dobbiamo essere pronti in tempi brevi con il coordinamento nazionale per eventuali elezioni politiche anticipate.
Delle due l'una o confluendo nel nuovo partito della sinistra socialdemocratica con PSI parte del PD e SEL oppure se questa ricomposizione non vuole proprio concretizzarsi … dovremo tentare da soli. 
Poi comunque verrà il tempo delle elezioni europee del 2014 e andremo a fare parte della lista PSE con presidente designato per la commissione indicato dalle primarie europee.
A questo scopo dobbiamo anche necessariamente sollecitare e se del caso promuovere, come coordinamento nazionale, proprio perché il “centro” è finalmente scomparso dall'orizzonte politico italiano, era l'ora, la convocazione degli stati generali della sinistra.

Socio fondatore del Gruppo di Volpedo e del Network per il socialismo europeo .